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Abi Sindacati

Le condizioni di Fisac-Cgil e Fabi per una (eventuale) proroga del contratto dei bancari

Le due sigle dei bancari vogliono aspettare la nuova governance dell’Abi per avere una controparte legittimata politicamente a prendere impegni. Tutte le indiscrezioni e i retroscena delle nomine nella Confindustria del credito. L’esordio del ministro Tria all’assemblea del 10 luglio L’appuntamento è fissato per il prossimo 12 giugno, quando i sindacati dell’industria bancaria dovranno rispondere…

L’appuntamento è fissato per il prossimo 12 giugno, quando i sindacati dell’industria bancaria dovranno rispondere alla lettera dell’Abi che la scorsa settimana ha chiesto di prorogare il contratto di lavoro per un anno oltre la scadenza fissata al 31 dicembre 2018. La partita è delicatissima.

Sul fronte sindacale, secondo le indiscrezioni raccolte da Start Magazine, il pallino è in mano alla Fisac Cgil, alla Fabi e a Unisin, che non vogliono salti nel buio né regalare aumenti economici alle banche. Le tre sigle pretendono che ai lavoratori vengano riconosciuti aumenti legati alla nuova produttività del settore.

Del resto, la prima trimestrale si è chiusa con un vero e proprio record per le banche e, stando al consensus degli analisti, per i primi 10 gruppi italiani è prevista una montagna di utili a fine anno: stiamo parlando di 10 miliardi di euro ed è ai profitti – non all’inflazione – che le organizzazioni dei lavoratori vogliono agganciare gli incrementi in busta paga. Insomma, gli istituti hanno le casse piene di quattrini: ecco perché Fisac, Fabi e Unisin vogliono trasferirne una parte sugli stipendi dei 290mila colletti bianchi.

Le tre sigle capofila di questa partita, dunque, sarebbero disposte ad accettare una proroga squisitamente tecnica e da questo punto di vista è d’accordo anche la Uilca. Non sarà mai accettata, invece, la richiesta di modificare i termini del contratto: per non far perdere gli aumenti in busta paga, scadenza e decorrenza non devono variare.

Quali munizioni ha in mano l’Associazione delle banche? Non molte, forse nessuna, come spiega in Abi una fonte vicina al dossier. L’organizzazione di Palazzo Altieri (impegnata tra l’altro a gestire la cura dimagrante interna che passa da 50-70 prepensionamenti) non può minacciare la disapplicazione del contratto né la disdetta unilaterale.

Le ipotesi sono improponibili, sia politicamente sia socialmente se le banche non vorranno trovarsi completamente isolate dal contesto politico e sociale del Paese. Gli istituti si troverebbero contro tutti i sindacati e i lavoratori: uno scenario improponibile che i banchieri non possono permettersi. In ogni caso, è sufficiente che una sola sigla si opponga, anche alla proroga di un giorno, che Abi sia costretta ad aprire le trattative. Qualcosa da questo punto di vista comincia a trapelare. Fabi, Fisac, Unisin e Uilca – la First Cisl resta isolata – sono d’accordo a presentare subito una piattaforma.

Come correttamente scrive il Messaggero oggi, il segretario della First Giulio Romani è molto considerato dai banchieri: una proroga di un anno senza aumenti, in effetti, è un piatto appetitoso per gli istituti di credito. La posizione di Romani è quella di accettare la proroga di un anno.

A questo punto, tutto sarà più chiaro il 12. Lo stesso Romani al congresso Uilca a Milano, mercoledì, ha attaccato pesantemente l’attuale presidente del Casl, Omar Eliano Lodesani che, in scadenza di mandato, ha più volte mostrato di non saper sostenere adeguatamente la posizione delle banche: “Basta sciocchezze sulla proroga, bisogna scartare il contratto del credito dal cellophane e leggerlo”.

Romani, come riportato ancora sul Messaggero di oggi, ha fatto intendere che il congresso della Fisac Cgil di novembre potrebbe essere uno dei motivi della proroga del contratto nazionale. Ma il capo della First è andato fuori strada perché gli ottimi segretari della Fisac, Agostino Megale e Giuliano Calcagni, sanno perfettamente come gestire la situazione a prescindere dal congresso.

Quanto all’Abi, la partita sul contratto si intreccia con le nomine interne. Il 10 luglio a Roma è in programma l’assemblea annuale. In quella occasione – davanti al neoministro dell’Economia, Giovanni Tria, che farà il suo esordio – sarà ufficializzata la meritata conferma alla presidenza di Antonio Patuelli, che si è distinto nei precedenti mandati per aver ridato lustro all’Abi dopo la parentesi di Giuseppe Mussari.

È quasi fatta anche la squadra dei vicepresidenti, quattro in tutto: è data per scontata la designazione come vicario di Gian Maria Gros Pietro (Intesa SanPaolo) e dell’ex direttore generale di Banca d’Italia, Fabrizio Saccomanni (Unicredit). Salvatore Poloni del Banco Bpm guiderà il Casl (Comitato affari sindacali del lavoro).

Poloni aveva bisogno di una sedia nell’esecutivo e a lasciargliela è stato il “suo” presidente, Carlo Fratta Pasini. Piazza Meda sarà rappresentata, quindi, dal condirettore generale e dall’amministratore delegato, Giuseppe Castagna. Se, invece, per la vicepresidenza vicaria non fosse sceso in campo Gros Pietro, la guida del Casl sarebbe andata al coo di Ca de’ Sass, Rosario Strano, manager vicinissimo e di assoluta fiducia di Carlo Messina.

Luigi Abete verrà confermato alla presidenza della Febaf. E’ col nuovo esecutivo dell’Abi, che avrà una piena legittimazione politica, che Fisac, Fabi, Uilca e Unisin vogliono trovare un eventuale accordo.

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