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Banca Popolare di Bari, guerra De Bustis-Jacobini?

Le intenzioni del vertice della Popolare di Bari guidata da De Bustis contro i vecchi amministratori dell'era Jacobini e le convergenze parallele sul dossier tra i renziani di Italia Viva e Assopopolari

Davvero il consiglio di amministrazione della Banca Popolare di Bari – alle prese con un delicato piano di salvataggio sistemico incentrato sul Mediocredico centrale (controllato da una società dello Stato) e sul fondo interbancario Fitd – pensa di agire contro il precedente consiglio di amministrazione? Davvero il capo azienda della Popolare di Bari, Vincenzo De Bustis, sta studiando questo piano contro – di fatto – l’ex presidente Marco Jacobini, per decenni numero uno dell’istituto di credito fondato proprio dalla famiglia Jacobini?

Sono queste le domande che si rincorrono tra Bari, Roma e Milano – solcando banchieri, istituzioni, legali e uomini politici – dopo la notizia pubblicata dal Corriere della Sera. Il quotidiano Rcs oggi ha scritto tra l’altro che il prossimo cda della Popolare di Bari “potrebbe riunirsi domani (5 dicembre, ndr) con all’ordine del giorno anche l’azione di responsabilità contro i precedenti amministratori della gestione Jacobini”.

Quindi il board della maggiore banca attiva nel Mezzogiorno ora capeggiata da De Bustis oltre a chiedere il sostegno pubblico del fondo interbancario è pronta – secondo il Corsera – a denunciare i passati consigli di amministrazione guidati da Jacobini.

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Una decisione dirompente visto che sarebbe una dichiarazione di guerra legale – di fatto – da parte del capo azienda De Bustis (ex Banca 121, ex Mps) e dall’attuale presidente Gianvito Giannelli, nipote dell’ex presidente Jacobini.

Non solo: con l’azione di responsabilità, una parte dei consiglieri attuali denuncerebbero loro stessi visto che facevano parte del vecchio board, come si desume da questo brano dell‘articolo di Start datato 22 luglio 2019 che dava conto dell’esito dell’assemblea dei soci dell’istituto pugliese:

“Ma che cosa è successo ieri a porte chiuse (niente giornalisti presenti) alla Fiera del Levante? L”assemblea dei soci ha approvato i risultati del 2018, chiuso con un rosso di 420,2 milioni dopo 2 modifiche a sorpresa dei conti, e ha sciolto il nodo della governance, eleggendo i consiglieri che sostituiranno quelli in scadenza. Il bilancio 2018, che a causa delle perdite accumulate nel registrava un patrimonio netto del 54% inferiore all’anno precedente, è stato approvato quasi all’unanimità (con poche decine di voti contrari sugli oltre 2mila presenti). Via libera dei soci anche ai nuovi consiglieri: Vincenzo De Bustis (attuale amministratore delegato, già in Mps) e Gianvito Giannelli (poi nominato presidente, nipote dell’ex presidente Jacobini) e le new entry Giulio Codacci Pisanelli (già in Bnp Paribas, da sempre attivo nell’investment banking e ora advisor di StormHarbour Securities), Patrizia Michela Giangualano (da tempo nel network Ibm, specializzata in fusioni e acquisizioni bancari, ora nel comitato di sorveglianza di Ubi Banca) e Francesco Ago, senior of counsel dello studio Chiomenti (che subentrano a Modestino Di Taranto, Luca Montrone e Francesco Giovanni Viti). Completano il board i consiglieri Francesco Pignataro, Raffaele De Rango, Francesco Venturelli, Paolo Nitti e Gianfranco Viesti (economista, già assessore alla Regione Puglia in giunte di centrosinistra e in queste settimane alfiere nel mondo accademico delle critiche al progetto di autonomia voluto dalla Lega)”.

Non sono le uniche contraddizioni che emergono sul dossier della Popolare di Bari. Infatti nonostante le vibranti contrapposizioni tra l’ex premier Matteo Renzi e Assopopolari presieduta da Corrado Sforza Fogliani e guidata dal segretario generale Giuseppe De Lucia Lumeno, ora si notano convergenze parallele.

Anche i renziani a difesa della Bari. “Ieri sera non siamo andati al vertice anche perché abbiamo chiesto un incontro a Conte su sette o otto temi”, ha detto ieri Matteo Renzi, leader di Italia Viva, parlando con i cronisti in Senato. Tra i temi da discutere ci sarebbero la manovra, l’Autonomia, il Mes, la Banca popolare di Bari, Alitalia, la riforma della giustizia con la prescrizione, si legge in un lancio dell’Ansa.

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Ecco che cosa scriveva nel luglio del 2017 il segretario generale di Assopopolari, Giuseppe De Lucia Lumeno:

Già da tempo, dato il gran battage pubblicitario, fra anticipazioni e annunci, si aspettava l’uscita del libro di Matteo Renzi: chi scrive lo attendeva con grande premura, in particolare per quanto riguarda il tema delle Banche popolari, con la speranza di poter finalmente trovare le risposte alle molte domande che da anni si attendono dall’ex premier sull’argomento.

Purtroppo, così non è stato.

Anzi, invece di fornire i chiarimenti che da più parti e reiteratamente sono stati posti, il libro si preoccupa solo di ripetere per l’ennesima volta la “bufala”, ogni volta puntualmente smentita, di un fantomatico, inesistente decreto Draghi-Ciampi di riforma delle Popolari.

Che il Presidente Ciampi abbia sempre guardato con favore ed attenzione al mondo delle Banche popolari, essendo peraltro anche stato promotore, realizzandola, della legge del 1992 che ne consentì la quotazione dei titoli, non è un mistero per nessuno e io stesso l’ho più volte evidenziato e scritto all’ex premier.

Dispiace, dunque, non trovare le risposte alle richieste di chiarimenti circa gli aspetti ancora oscuri di una Riforma – forse anche necessaria ma sicuramente sbagliata nel metodo e negli struinenti utilizzati – che provengono non solo dal mondo delle Popolari ma anche dalla stampa e da diversi parlamentari.

Basta consultare gli atti di Camera e Senato, oltre ad una mole impressionante di articoli comparsi in questi anni sulla stampa, per avere un’idea anche solo di alcune delle domande rimaste ad oggi inevase;

Il provvedimento riguardante le Popolari è stato o no “caldeggiato” dal Fondo monetario internazionale e inserito nel pacchetto delle misure che lo stesso premier Renzi avrebbe garantito alla Troika?

La riforma delle Popolari è stata “resa necessaria” anche per salvare MPS con Ubi “alleato naturale”? E’ stato dato corso e con quale esito alle rogatorie internazionali richieste dalla Procura di Roma? Quali sono i motivi che hanno reso necessario secretare il verbale dell’interrogatorio dell’allora Presidente del Consiglio? C’è stato un collegamento o no fra l’acquisto delle azioni di Banca Etruria e il fallimento della società Eutelia? E’ stata fatta la necessaria chiarezza sul ruolo svolto nella vicenda da alcuni finanzieri italiani operanti sul mercato londinese? Quali esiti hanno avuto i 15 filoni di indagine aperti dalla magistratura? Che fine ha fatto l’indagine aperta dalla Consob? Quali sono i 25 fondi e con quali strumenti finanziari hanno posto in essere le operazioni speculative? L’Autorità di vigilanza ha ampliato la propria indagine alle operazioni in derivati? Qual è stata l’entità di queste operazioni? In quale periodo sono state poste in essere?

La lista potrebbe continuare ma su queste e altre domande il silenzio continua ad essere assordante.

Mi auguro che questi quesiti possano trovare una risposta nel prossimo libro di “memorie” dell’ex premier. È tradizione della politica, specialmente internazionale, che gli ex politici che hanno svolto ruoli di rilievo nel loro paese, una volta libera da impegni, occupino il proprio tempo con libri di memorialistica che servono loro, non tanto per raccontare storie inedite, na per dare un senso e una giustificazione delle loro sconfitte.
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