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AutoXY, Huffington Post, Business Insider. Ecco accelerate e frenate di Gedi

Gedi rileva il 78% del portale AutoXY. E' l'ultima mossa del gruppo editoriale che fa capo a Exor della famiglia Elkann-Agnelli, che su Huffington Post Italia e Business Insider Italia ha deciso di.... Fatti, numeri e commenti

 

Si rafforza la presenza digitale del Gruppo Gedi con l’acquisizione del portale AutoXY, uno tra i primi e principali motori di ricerca italiani specializzati nel mercato delle automobili.

Lo comunica in una nota il gruppo, posseduto con l’89% del capitale dalla holding Exor di John Elkann, che è editore di la Repubblica, La Stampa, Il Secolo XIX, 9 testate locali, il settimanale l’Espresso e altri periodici.

In base all’accordo, Gedi acquisisce il 78% della società mentre il restante 22% resterà in mano al ceo Boris Cito (20%) e al cto Matteo Serafino (2%), che rimangono dunque coinvolti nel percorso di crescita dell’azienda.

A inizio mese Gedi ha acquisito inoltre il controllo di Huffington Post Italia, sito di informazione nato nel 2012 attraverso la licenza esclusiva per l’Italia del marchio The Huffington Post, oggi diretto da Mattia Feltri. Mentre il gruppo ha mollato Business Insider Italia.

Malgrado la crisi dell’editoria, il gruppo editoriale fa shopping, nonostante il primo anno della gestione Elkann sia nel segno del rosso per Gedi con una perdita di 166 milioni di euro.

Tutti i dettagli.

COS’È AUTOXY

Fondata a Lecce nel 2009, AutoXY è una piattaforma che semplifica la ricerca di un’automobile creando un collegamento diretto tra gruppi automobilistici, concessionari e clienti finali. Attraverso l’uso di questo portale marketing, l’utente è accompagnato in un percorso che trasforma ogni potenziale interesse in una valutazione o effettiva proposta d’acquisto.

LA STRATEGIA DI GEDI

“L’investimento in AutoXY ha una duplice finalità: da una parte servizio per gli utenti delle testate di Gedi e dall’altra efficace strumento di comunicazione digitale a performance per i clienti pubblicitari del settore automotive. Si apre inoltre un nuovo capitolo della storia di AutoXY, che valorizza le competenze e il percorso di successo compiuto da Boris e il suo team in questi 12 anni: grazie alla notevole audience del nostro Gruppo e alla sempre più forte presenza della concessionaria Manzoni sul business digitale, AutoXY potrà cogliere ulteriori potenzialità di sviluppo in un segmento di mercato in forte evoluzione”, ha dichiarato Maurizio Scanavino, ad di Gedi.

I SOCI DELLA SOCIETÀ LECCESE

Con un capitale sociale di 163.404 euro, l’azienda leccese conta 6 soci. La società Vertis Sgr Spa di gestione del risparmio possiede il 53 % della società, Boris Cito il 19%, Vito Lomele il 12,97%, Giulio Valiante il 6,10%, Giovanni Ciallella il 4,44 % e Alessandro Palmieri il restante 4,44%.

Compongono il cda oltre al presidente e ad Boris Cito i due consiglieri: Renato Vannucci, in qualità di consigliere degelato di Vertis e Vito Lomele.

I NUMERI

La società proprietaria del portale AutoXY ha registrato nel 2020 un fatturato pari a 3.428.295 euro, in salita rispetto ai 3.321.844 euro del 2019. Anche l’utile cresce a 1.202.279 euro (contro gli 827.302 euro del 2019). I costi della produzione si attestano a 1.783.643 euro.

La società vanta un totale di immobilizzazioni materiali dal valore di 3.244 euro, ed un totale debiti di 603.424 euro.

Rispetto all’esercizio precedente, i ricavi delle vendite sono aumentati del 3%, di cui oltre il 90% è stato generato con operazioni verso clienti italiani.

SCALATA ANCHE IN HUFFINGTON POST

Ma le operazioni sul digitale non finiscono qui per il gruppo editoriale presieduto da Elkann.

Il 3 giugno Gedi ha raggiunto infatti un accordo preliminare con The Huffington Post per rilevare la totalità del capitale della società Huffington Post Italia, diretto da Mattia Feltri.

In base agli accordi, il gruppo italiano rileverà il 51% del capitale della joint venture fino ad oggi detenuta dalla controllata di BuzzFeed, portando così la sua partecipazione nella società al 100%.

Gedi, sottolinea una nota, “assicurerà la continuità editoriale attraverso la licenza esclusiva per l’Italia del marchio The Huffington Post e realizzerà la raccolta pubblicitaria tramite la concessionaria Manzoni”.

“Con questa operazione completiamo un percorso iniziato 9 anni fa, che ha permesso di costruire un nome di assoluto rilievo nel panorama informativo italiano. Sotto la guida sicura di Mattia Feltri e con l’adozione della piattaforma tecnologica che Gedi sta sviluppando per tutte le sue testate, Huffington Post potrà ora esprimere tutto il suo potenziale per offrire un prodotto innovativo, originale e accattivante”, aveva commentato Scanavino. Il perfezionamento dell’operazione è atteso entro la fine del terzo trimestre dell’anno.

I CONTI DI GEDI

Tuttavia, il primo anno della gestione Exor non si è chiuso con il segno positivo per Gedi.

Per il gruppo editoriale “Il 2020 ha visto i ricavi scendere a 533 milioni di euro a fronte dei 604 milioni del 2019” ha evidenziato Fabio Pavesi, giornalista (già al Sole 24 Ore) esperto di finanza su Affaritaliani.

“Un taglio secco di oltre un decimo del giro d’affari con il gruppo che va già in rosso a livello operativo con un passivo di 12 milioni. Ma non è finita qui. Gedi ha dovuto svalutare sotto la regia di Exor avviamenti delle testate per 82 milioni di euro, con Repubblica che ha fatto la parte del leone. Poi ha spesato altri 24 milioni di oneri di ristrutturazione e ha perso 11 milioni nella cessione di alcune testate locali. Una pulizia dei valori di bilancio che prosegue per il quarto anno consecutivo, dopo che i De Benedetti avevano già svalutato ampiamente prima di cedere la mano alla holding di casa Agnelli. Gedi infatti è reduce da perdite cumulate dal 2017 al 2019 per 260 milioni cui ora si aggiungono i 166 milioni del 2020″.

RISTRUTTURAZIONE IN VISTA?

“Del resto se i giornali del gruppo continuano a perdere copie, inevitabile svalutare il valore delle testate” sostiene Pavesi. “Ora come raccontato nei giorni scorsi da Tag43, l’amministratore delegato Maurizio Scannavino si appresterebbe a una ristrutturazione radicale, con una serie di misure che vanno da pre-pensionamenti massicci a Repubblica e La Stampa, alla chiusura delle sedi locali, alla razionalizzazione del portafoglio delle testate. Tra le prime vittime anche il sito Business Insider Italia“.

LA FINE DI BUSINESS INSIDER ITALIA

E in effetti Business Insider Italia non c’è più: da alcuni giorni chi clicca sull’home page della testata che è stata prima diretta da Giovanni Pons (mesi fa rientrato a Repubblica) e fino alla fine da Vittorio Emanuele Orlando si ritrova sulla home page di businessinsider.com. Fa notare un addetto ai lavori al corrente della decisione di Gedi: “Business Insider in America si sta trasformando sempre di più in Insider che è una cosa molto simile a Repubblica, quindi Gedi ha detto: un conto se rimaneva Business Insider ma la casa madre sta diventando Insider, ma se poi mi tolgono il Business che me ne faccio di insider visto che ho già Repubblica?”.

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