In Francia la settimana scorsa si è conclusa nella calma, con il ponte dell’Ascensione, per noi festività soppressa. Nella libertà di muoversi entro 100 km dal proprio domicilio, moltissimi hanno lasciato le città per i grandi parchi, come il Bois de Vincennes, per i piccoli borghi e la campagna.
Alla vacanza si è arrivati dopo una serie di notizie fosche. Si è misurata la generale instabilità occidentale: nella stampa francese c’è stata un’attenzione particolare per gli Stati Uniti e per il Regno Unito, che sono parsi quantomeno erratici, dei punti di riferimento ormai indeboliti. Malgrado l’iniziativa franco-tedesca sulla condivisione dei costi della ricostruzione, l’Europa si è a sua volta mostrata insufficiente, con la reazione negativa, e quasi banale, di alcuni dei Paesi “frugali”, Austria, Paesi Bassi, Svezia. Il disordine nelle riaperture delle frontiere interne è parso sconfortante: fino ad ora le hanno valicate i frontalieri, gli addetti sanitari e le merci ancora in circolazione. Le date sono varie: la Francia proponeva una data comune nel 15 giugno ma la Germania ha in parte già riaperto, l’Italia ha indicato il 3 giugno, la Spagna forse il 1° luglio. Saranno necessarie ulteriori spiegazioni a Mentone e Ventimiglia, che si troveranno probabilmente di nuovo sfasate.
All’interno, il dibattito politico resta in movimento. Dopo la richiesta di una trentina di sindaci francesi – salvo riprese dell’epidemia – il 28 giugno si dovrebbe tenere il secondo turno delle elezioni comunali, sospese a causa pandemia dopo il primo turno con il virus già in circolazione, il 15 marzo scorso. Intanto, il movimento di Macron ha perso per un seggio la maggioranza assoluta in Assemblea nazionale, sebbene ciò abbia un valore essenzialmente simbolico, visto che la coalizione è ampia con il sostegno dei 46 seggi del MoDem di François Bayrou. Il nuovo gruppo di 17 parlamentari della sinistra ambientale in scissione dai marciatori di LREM si è costituito il 19 maggio e voterà con la maggioranza caso per caso. Va però ricordato che in Francia la disciplina parlamentare non sempre prevale sull’indipendenza del singolo deputato e che il voto deve essere spesso cercato per ogni grande decisione o riforma.
La stampa francese va alla ricerca del populista che potrebbe emergere d’un tratto per competere contro Macron di qui al 2022. Ci si concentra su Didier Raoult, il medico marsigliese sostenitore delle cure alla clorochina, ora smentito dalla rivista Lancet, che ne ha sottolineato i rischi, dall’OMS e dal ministro della salute, Olivier Véran, che ha chiesto il giudizio del Consiglio superiore di sanità (Haut conseil de la santé publique) per rivedere il trattamento. Abbia torto o ragione, Didier Raoult sembra rappresentare la rabbia sociale che circola comunque più del virus, nella forma dei gilet gialli o in paranoie di massa sui social media. È una costante della politica francese, incarnata negli anni da molte figure, come Coluche, il comico che si candidò, per poi ritirarsi, alle elezioni presidenziali del 1981.
Sono temi e problemi che potrebbero emergere il 27 maggio, quando l’Assemblea nazionale dovrebbe tenere il dibattito sull’app di tracciamento Stop-Covid. Il movimento di Macron sembra arrivarci piuttosto diviso. Le spiegazioni del segretario di Stato al digitale, Cédric O, in videoconferenza con 250 deputati di LREM il 9 aprile, con i giovani del movimento il 15 aprile, con l’opposizione socialista il 17 aprile non sono bastate a costruire una posizione comune. Già il 28 aprile, all’annuncio della fase 2 all’Assemblea nazionale, il governo aveva deciso di rimandare la questione, in mancanza di un chiaro consenso nello stesso partito di maggioranza.
Il gruppo che contrasta l’app Stop-Covid nel suo attuale formato si è ancor più consolidato dopo che Cédric O ha postato il 3 maggio la sua visione “sovranista sanitaria” su Medium: “… spetta al potere pubblico, con i suoi pregi e i suoi difetti, decidere cosa è meglio per proteggere i francesi” come Start ha raccontato. Per un membro del direttivo di LREM, Guillaume Chiche, erano segnali di autoritarismo.
La scelta del segretario di Stato per l’app Stop-Covid prevede la conservazione dei dati su un server controllato dello Stato (anche se l’ipotesi è di farlo ospitare da Dassault Systèmes, azienda di un gruppo attivo anche nella difesa) e non quindi in modo decentrato, cioè solo su ogni telefono. Per Cédric O, confortato da una sensibilità nazionale, è anche un modo per stare alla larga da Apple e Google, che hanno il difetto di essere multinazionali e americane.
In questo modo però i Paesi vicini che hanno scelto la modalità decentrata – come Germania, Italia, Spagna e Svizzera – avranno un tracciamento forse incompatibile: con effetti sugli scambi frontalieri quotidiani, per esempio a Ginevra, Basilea, Lussemburgo, ma anche sui viaggi per turismo, lavoro o studio.
Va anche detto che la funzione risolutoria delle app si è nel tempo ridimensionata, per diventare complementare e addirittura secondaria al tracciamento “umano” cioè con squadre dedicate. E comunque, all’interno di alcuni Paesi ci sono ancora aspetti da risolvere nel tracciamento, e per fortuna che i numeri calano: in Italia, per esempio, nella complessità organizzativa tra medici di famiglia, dipartimenti regionali di sanità pubblica e USCA, le unità di continuità assistenziale.
Il rompicapo è sia tecnico sia politico, mentre manca un coordinamento della Commissione europea, che si limita ogni tanto a richiamare principi e criteri, come una tipica organizzazione internazionale per lo più inascoltata. Oppure forse lavora, inabissata da qualche parte come vari uffici e gruppi, visto che di molte app non si sente più parlare, mentre si immagina che l’attività prosegua.
Sono relativamente silenti proprio quelle che dovrebbero cooperare tra loro, in particolare la Corona-App tedesca, l’Immuni italiana (che però ha appena pubblicato il codice) e quella spagnola. Come se stessero tutti a vedere cosa succederà questa settimana.
Intanto, l’app francese in formato centralizzato è stata testata su scala reale, in esperienze pilota nell’esercito e poi sulla metropolitana di Parigi, la scorsa settimana.