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App Immuni Anti Virus Cina

Perché la Francia tentenna sulla sua app di tracciamento Stop-Covid

Le posizioni degli Stati europei sulle modalità di tracciamento anti Covid-19 verso il modello decentrato (affiancato da Google-Apple). E le discussioni in Francia sull'app Stop-Covid. L'approfondimento di Enrico Martial

Il 28 aprile, parlando di fase 2 all’Assemblea nazionale, il primo ministro francese, Edouard Philippe, ha soltanto evocato l’app Stop-Covid, per poi rimandarne presentazione e discussione. Nella stessa maggioranza e nel movimento di Macron, La République en Marche (LREM), si rischiavano diverse astensioni al momento del voto, meglio soprassedere.

D’altra parte, l’analoga applicazione tedesca “Corona-App”, dopo aver lavorato con Stop-Covid ha cambiato fronte, dal modello centralizzato del consorzio PEPP-PT a quello decentrato del gruppo DP3T, che è affiancato da Google-Apple. I due capofila nazionali, il Fraunhofer Institut e la partecipata statale francese per il digitale INRIA, avevano osservato le critiche di diversi Paesi, dalla Svizzera all’Austria, alla Spagna e infine anche dell’Italia con l’app Immuni, passate al modello decentrato. Inoltre, nell’ambito tech, le raccolte di firme contro il modello centralizzato sono state travolgenti, persino dentro la stessa INRIA che gestisce il più avanzato protocollo denominato ROBERT.

Rispetto alla Germania e all’Italia, la Francia però ancora indugia al passo verso il modello decentrato, le inerzie e le difese del modello centralizzato sono forti e decise.

In prima fila si trova il ministro del Digitale, Cédric O, che strenuamente difende l’app Stop-Covid, in formato PEPP-PT con protocollo ROBERT. Domenica sera, 3 maggio, ha pubblicato un robusto contributo nel suo blog su Medium. Vi difende l’applicazione, annuncia che nei prossimi giorni verrà perfezionata, ricorda una raccolta di firme a favore, sottolinea la dimensione europea del progetto. Dice che entrambi i modelli hanno raccolto i pareri favorevoli del CNIL, l’autorità francese per la privacy, e dell’EDPB, lo European Data Protection Board.

Soprattutto, rilancia l’argomento secondo cui entrambe le modalità hanno un problema di privacy. Nel modello decentrato DP3T, dice il ministro O (il lettore noterà sempre la brevità del cognome), sul telefono della persona interessata, in caso di contagio, ci saranno i codici identificativi criptati delle persone contaminate: anche questo è un problema. Per il ministro, è meglio il modello centralizzato, per due ragioni. Poiché i codici sono custoditi in un unico server, è più difficile accedervi rispetto all’hackeraggio di un singolo smartphone. In secondo luogo dice – con una certa idea della Francia – che la politica sanitaria rientra nell’ambito della “sovranità” statale, e “… spetta al potere pubblico, con i suoi pregi e i suoi difetti, decidere cosa è meglio per proteggere i francesi”. Parole toste.

Cédric O ricorda inoltre che anche il Regno Unito preferisce il modello centralizzato e infine protesta contro Apple, che non ammette Stop-Covid nel suo Store, sempre per la privacy.

L’allineamento della Francia sul modello centralizzato non dipende però dal solo ministro. Al suo entourage, molto legato alla French Tech, ha dedicato un approfondimento il settimanale Marianne: dal deputato Mounir Mahjoubi al suo ex-capo di gabinetto Aymeril Hoang ora membro del Consiglio nazionale del digitale, a Eric Bothotrel che oltre che deputato è anche informatico. I sostegni poi arrivano fino Stanislas Guerini , segretario generale del partito di Macron. Attraverso di lui e per varie relazioni ci si collega persino a un gruppo che aveva aiutato Dominique Strauss-Kahn in una passata campagna elettorale. Ciò non toglie tuttavia che in Assemblea nazionale i voti avrebbero potuto mancare proprio dall’interno del partito, per cui né il primo ministro Edouard Philippe né Emmanuel Macron ancora si sbilanciano su Stop-Covid.

Se vi va ancora più indietro, per capire la forza delle inerzie, si trovano anche grandi gruppi di interesse. Al progetto di app francese partecipano, oltre a INRIA, anche Orange, Dassault Systèmes, Capgemini, Accenture e un’altra dozzina di aziende. Daussault Systèmes – leader nel software in Francia – dovrebbe ospitare il server centrale (Outscale). Per memoria, il suo fatturato nel 2018 era di 3,4 miliardi, ed è parte del gruppo Daussault (nel 2017 viaggiava sui 40,3 miliardi di euro di fatturato, di cui 5,1 miliardi nell’aviazione).

Così, come negli altri Paesi europei, l’app deve ancora arrivare, e il tracciamento per la seconda fase inizierà manualmente. Si parte dall’esperienza di Les Contamines-Montjoie, in Savoia, quando, agli albori del virus in Europa, un gruppo dedicato riuscì a ricostruire i contatti e a spegnere il focolaio locale.

In vista dell’11 maggio in cui inizia la fase 2 francese, con lo stesso schema, su base dipartimentale stanno nascendo delle “squadre di angeli custodi” (brigades d’anges gardiens”), per un totale di 30mila persone, provenienti dalla Croce rossa, dai servizi sociali, da funzionari comunali, da operatori sanitari e da volontari.

Si tratta di un considerevole sforzo organizzativo. Soltanto, faceva notare il primo ministro Edouard Philippe all’Assemblea nazionale, una cosa è tracciare i contatti tra persone che si conoscono nella Francia rurale o nei piccoli centri e un’altra ricostruirli dopo un viaggio in metropolitana a Parigi, dove si può incrociare chiunque in mezzo a migliaia e migliaia di viaggiatori giornalieri.

In quel caso, ci vuole proprio l’app.

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