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Antitrust Vodafone

Ecco come e perché l’Antitrust ha dato una sberla a Vodafone, Wind Tre, Tim e Fastweb

Agcm ha sanzionato Vodafone, Wind Tre, Tim e Fastweb per la gestione delle cessazioni delle utenze di telefonia fissa e mobile, anche nel cambio di operatore. Tutti i dettagli sul provvedimento dell'authority. 

Vodafone, Wind Tre, Tim e Fastweb sanzionate dal Garante del mercato.

Cambiare operatore telefonico e ritrovarsi a pagare sia la nuova sia la vecchia compagnia. È quanto accaduto a parecchi consumatori italiani e per questo l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Agcm) ha sanzionato Vodafone, Wind Tre, Telecom e Fastweb per 1 milione di euro in totale (rispettivamente per 400mila euro, 300mila euro, 200mila euro e 100mila euro) e le ha diffidate dal proseguire con questa pratica scorretta.

LA PRATICA CONTESTATA DALL’ANTITRUST A VODAFONE, WIND TRE, TIM E FASTWEB

Le segnalazioni arrivate a Piazza Verdi da parte di Movimento Consumatori e Codici (più le associazioni Jules Verne per Fastweb e Federconsumatori per Telecom) hanno consentito all’Agcm di capire quale sia la condotta delle quattro compagnie a danno dei consumatori e delle microimprese, iniziata a gennaio 2020 e tuttora in corso.

In sostanza i clienti, dopo aver comunicato la cessazione del rapporto contrattuale per i servizi di telefonia fissa e/o mobile, continuavano comunque a ricevere fatture anche a distanza di mesi dalla comunicazione e non avevano alcuna informativa “chiara e puntuale” in merito allo stato del rapporto contrattuale successivamente alla richiesta di cessazione. Un comportamento, peraltro, adottato anche dopo la migrazione per servizio di fonia fissa e/o mobile. In questo caso, dunque, gli utenti si ritrovavano a dover pagare ben due bollette: una al nuovo e una al precedente operatore.

Secondo l’Autorità presieduta da Roberto Rustichelli (nella foto), si legge in una nota, “la illegittima prosecuzione della fatturazione – dopo la richiesta di cessazione del servizio – è riconducibile ad anomalie e a disallineamenti tecnici tra i sistemi di gestione informatici del processo interno di ciascuna società, rispetto ai quali le stesse, anche se in misura diversa, non hanno adottato efficaci meccanismi di controllo e di intervento tempestivo”.

COSA DICE LA LEGGE BERSANI

In quest’ambito occorre ricordare che la riforma Bersani del 2007 (dl 31 gennaio 2007, n. 7, convertito, con modificazioni, nella legge 2 aprile 2007, n. 40) ha introdotto il principio secondo cui l’utente può recedere dal contratto del servizio di fonia in qualsiasi momento, anche prima della scadenza, senza vincoli temporali o ritardi non giustificati, con obbligo di preavviso massimo di 30 giorni. Secondo questa disposizione, inoltre, le spese relative al recesso o alla migrazione ad altro operatore devono essere giustificate dai costi dell’operatore e, in particolare, sono “commisurate al valore del contratto e ai costi reali sopportati dall’azienda ovvero ai costi sostenuti per dismettere la linea telefonica o trasferire il servizio”.

QUALCHE NUMERO SU RECESSI E RECLAMI

Dai quattro provvedimenti pubblicati dall’Autorità, con parti omissate, si viene a sapere che, per Vodafone, il numero dei recessi è stato di circa 560.000-610.000 nel 2020 e di 520.000-570.000 nel 2021 e il numero dei reclami compreso rispettivamente tra 10.000 e 15.000 e tra 15.000 e 20.000. La percentuale dei reclami fondati è superiore al 25% nel 2020 e al 18% nel 2021.

Più alto il numero di recessi per Fastweb (200.000-2.000.000 per la telefonia fissa e 200.000-2.000.000 per la telefonia mobile) ma minore quello dei reclami (200-5.000 per la telefonia fissa e 200-5.000 per quella mobile). La percentuale media dei reclami fondati è pari al 5-90% del totale.

Numeri importanti anche per Wind Tre (recessi tra 200.000 e 1.000.000 per la telefonia fissa e quasi 1.000.000-7.000.000 per la telefonia mobile e reclami compresi fra quasi 3.000 e 30.000 per la telefonia fissa e 500-5.000 per la telefonia mobile). La percentuale media dei reclami fondati non è inferiore al 10-100% del totale.

In linea con le altre Telecom per cui i recessi sono pari nel 2020 a 1.000.000- 1.300.000 e a circa 940.000-990.000 nel 2021. Il numero di reclami relativi alla fatturazione post-recesso arriva rispettivamente a 150.000-200.000 e a circa 90.000-140.000. Superiore a circa il 30% per le utenze business e superiore a circa il 20% per quelle consumer la media dei reclami fondati.

LA DETERMINAZIONE DELLE SANZIONI DELL’ANTITRUST A VODAFONE, WIND TRE, TIM E FASTWEB

Per tutte le quattro compagnie telefoniche l’Antitrust ha rideterminato la sanzione (dagli iniziali 4,2 milioni per Vodafone, Wind Tre e Telecom e 4 milioni per Fastweb) a seguito di “circostanze attenuanti” rappresentate dalle iniziative adottate da gennaio 2023 e “suscettibili di migliorare la gestione delle cessazioni senza migrazione” e dai rimborsi effettuati ai segnalanti quando ritenuti fondati. Inoltre Telecom si è impegnata ad estendere i rimborsi a chi presenterà la relativa richiesta in connessione con l’apposita campagna pubblicitaria sul sito web di Tim per informare gli utenti della possibilità di ottenere rimborsi in caso di fatturazione illegittima e ha adottato iniziative sulla procedura di integrazione delle richieste di cessazioni, l’informativa agli utenti della presa in carico e dell’avvenuta cessazione dell’utenza e migrazione, e la sospensione, in caso di disallineamenti dei sistemi, della fatturazione nelle migrazioni.

I COMMENTI DELLE ASSOCIAZIONI DI CONSUMATORI

Per l’Unione nazione dei consumatori quella della multa inflitta dall’Antitrust è una “ottima notizia”. “Speriamo serva a qualcosa – evidenzia il presidente Massimiliano Dona -. Il problema della doppia fatturazione e quello del recesso sono ad oggi irrisolti. Non si capisce perché è facile attivare un contratto ma poi diventa un’impresa poterlo disdire. Andrebbe esteso ad ogni settore che per disdire un contratto deve poter essere usato lo stesso mezzo con cui si è attivato, ad esempio al telefono. Per la telefonia questo

principio è previsto ma purtroppo viene disatteso e i disguidi e le doppie fatturazioni imperano. Non parliamo poi – conclude Dona – delle spese di recesso che andrebbero del tutto abolite come è stato fatto per i mutui”.

Più critico, come spesso accade, il Codacons secondo cui le sanzioni “sono del tutto irrisorie e hanno come unica conseguenza quella di fare il solletico ai colossi della telefonia”. “Da tempo il Codacons – spiega in una nota il presidente Gianluca Di Ascenzo – denuncia all’Antitrust le pratiche scorrette messe in campo dai gestori verso gli utenti che cambiano operatore e continuano a ricevere fatture per servizi non fruiti, oppure richieste di pagamento che arrivano per utenze cessate da tempo. Pratiche che spingono i consumatori a pagare le fatture anche se illegittime, nel timore di subire ripercussioni e per evitare di incorrere in controversie legali, e che arricchiscono le tasche delle società telefoniche”. Per il Codacons, però, “il vero problema è che l’entità irrisoria delle sanzioni applicabili all’Antitrust spinge le compagnie telefoniche ad inserire in bilancio le multe dell’Autorità come ordinario rischio di impresa, nella consapevolezza che le pratiche scorrette porteranno loro incassi superiori al valore delle sanzioni”.

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