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Quali aiuti alle imprese? Il commento di Coltorti

Gli aiuti sono ora consentiti e d’altro canto le imprese sono bloccate per esigenze di natura sanitaria. Un paio di consigli (e di critiche) Il commento di Fulvio Coltorti, già capo area studi e ricerche di Mediobanca

 

Secondo uno studio pubblicato venerdì sul Sole 24 Ore le imprese italiane avrebbero bisogno di 42 miliardi. Gli aiuti sono ora consentiti e d’altro canto le imprese sono bloccate per esigenze di natura sanitaria. Tuttavia questi aiuti fanno sorgere alcuni problemi.

In primo luogo, a quale titolo si danno: garanzie statali su prestiti bancari o apporti in conto capitale? Ovvero, per capitale fisso o circolante?

Il circolante deve essere ricostituito, ma i patrimoni saranno defalcati dalle perdite per crollo dei mercati. Questi riguarderanno alcuni settori più di altri.. Ad esempio, la distribuzione organizzata, i farmaceutici e gli alimentari dovrebbero cavarsela meglio.

Ma iniezioni di capitale dovranno esserci e già che ci siamo converrà sfruttare l’occasione per riformare la governance delle nostre grandi imprese e questo significa abbandonare il mito del “mercato” male interpretato da un capitalismo che molti vogliono giustamente ripensare.

Ad esempio modificare gli statuti abolendo il principio della massimizzazione del valore a beneficio dei soli azionisti e non di tutti gli stakeholders: dipendenti, clienti, fornitori, Stato e società locali nelle quali si opera.

E poi le scandalose remunerazioni del top management: che si inserisca la clausola di Adriano Olivetti in base alla quale chi comanda riceve al massimo una paga pari a 10 volte il collaboratore meno remunerato (mi rendo conto che questo è terrorismo agli occhi di pochi fortunati…).

Le imprese debbono servire al benessere dell’uomo e della comunità, non a spingere oltre misura le diseguaglianze. Le quali debbono esserci, ma per spingere al continuo miglioramento sociale degli esseri umani (copyright by Cesare Beccaria).

Quanto alla forma, si potrebbe pensare a capitale privilegiato, con diritto di voto solo nelle assemblee straordinarie (sappiamo infatti che lo Stato è un pessimo selezionatore di buoni manager). E infine un invito alla Consob: che disponga una pubblicazione corretta dei dati sul loro indebitamento. Una sfortunata disposizione di alcuni anni fa (spinta evidentemente da lobbismi miserabili) ha giustificato il principio del “debito netto” (camuffato elegantemente come “posizione finanziaria“).

Ai miei tempi una cosa del genere avrebbe giustificato una scarica di calci in bocca e la cacciata dall’ordine dei ragionieri. Dunque, che si mettano correttamente le carte in tavola; altrimenti si rischierebbe di pensare che le nostre grandi imprese non abbiano bisogno…

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