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Huawei

5G, ecco perché l’Italia non bannerà Huawei

Che cosa emerge dal testo del Dpcm del governo sul 5G

L’Italia ha deciso di non mettere alcun bando trumpiano contro i colossi cinesi Huawei e Zte, nonostante le indicazioni del Copasir di mesi fa.

E’ quello che si desume dal Dpcm firmato il 7 agosto dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, come ha sottolineato oggi il quotidiano La Verità, tanto che sulla scia delle notizie del giornale diretto da Maurizio Belpietro dalla Lega sta per partire un’interrogazione parlamentare al governo.

Perché il governo non metterà alla porta i gruppi cinesi dalla realizzazione della rete di quinta generazione in Italia?

Una spiegazione l’ha fornita l’11 agosto Formiche di Paolo Messa (ritenuta da Dagospia la “macchina editoriale più apprezzata a Washington” quando il sito di D’Agostino diede conto della festa – dove era ospite d’onore il capo dei Servizi segreti, Gennaro Vecchione – per i 100 numeri della rivista).

“In Italia non ci sarà la messa al bando delle aziende cinesi dalla rete 5G – ha scritto giorni fa il giornale di Messa – Il rebus che incombe sulle relazioni diplomatiche con gli Stati Uniti, da mesi in pressing per mettere alla porta le cinesi Huawei e Zte, è di difficile soluzione”.

Il primo, vero motivo – ha confidato a Formiche una fonte qualificata di Palazzo Chigi, “è strettamente legale. Un atto che escluda per ragioni di sicurezza le aziende cinesi, in Italia, è giustiziabile”: “Cioè darebbe vita a un’infinita battaglia legale in tribunale, senza certezza alcuna di vittoria per l’avvocatura dello Stato. È questo uno dei nodi di fondo che fa restare sull’attenti i governi di mezza Europa”.

Per questo il governo ha optato per una “via mediana”: “Alzare il prezzo relativo della fornitura delle aziende cinesi. Basterà? Di certo non è facile chiedere agli operatori italiani di smantellare da un giorno all’altro l’equipaggiamento di Huawei, che ha costruito buona parte della rete 4G. D’altronde, anche il bando di BoJo è spalmato negli anni: agli operatori Downing Street ha dato tempo fino al 2027 prima di liberarsi dell’apparecchiatura cinese”, è stata la conclusione.

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