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L’authority per le assicurazioni: i comparatori online vanno cambiati. Ecco perché

Troppa pubblicità che può confondere i consumatori, evidenza ad imprese con cui si sono conclusi accordi e da cui si hanno provvigioni, confronti di prodotti disomogenei. Ecco i peggiori vizi dei siti per la comparazione di polizze assicurative secondo l'Authority

 

 

L’istituto di vigilanza sulle assicurazioni punta il dito contro i comparatori online.  L’indagine, comunica l’Istituto, ha preso spunto dalla forte diffusione della comparazione on line di prodotti assicurativi nel settore rc auto (circa 12,9 milioni di preventivi effettuati nel 2013 attraverso 6 siti operanti in Italia).

Dalle verifiche sono emersi “diversi profili di criticità per i consumatori”. In primo luogo “i siti comparano solo (o prevalentemente) i prodotti di poche imprese con cui hanno concluso accordi e da cui percepiscono provvigioni in relazione a ciascun contratto stipulato attraverso di essi.

Il numero delle compagnie pubblicizzate è in genere superiore a quello delle imprese effettivamente confrontate e la comparazione è basata esclusivamente sul prezzo e non tiene conto delle diverse caratteristiche dei prodotti in termini di massimali, franchigie, rivalse ed esclusioni.

Ciò comporta “il confronto di prodotti disomogenei e non sempre adeguati alle esigenze assicurative dei consumatori, rischio amplificato dalla diffusa pratica dell’abbinamento automatico di coperture accessorie non richieste dall’utente”.

In più, denuncia ancora l’Ivass, i siti fanno largo uso di messaggi pubblicitari formulati in modo da ingenerare nei consumatori il convincimento di poter ottenere notevoli risparmi (“fino a 500 euro”) e di acquistare il “miglior prodotto” o di rivolgersi alla “migliore impresa”.

Non indicano tuttavia i criteri di valutazione dei prodotti e delle imprese né le basi di calcolo del risparmio promesso. Per questo l’Authority è intervenuta sugli intermediari assicurativi che gestiscono i siti comparativi oggetto della indagine chiedendo di adottare “specifiche misure correttive” entro il 31 gennaio del prossimo anno.

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