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Pornhub Corte Suprema

Perché Pornhub finirà davanti alla Corte Suprema

Le leggi restrittive per l'accesso ai siti porno di diversi Stati americani finiranno al vaglio della Corte Suprema: i fan di Pornhub & Co. sostengono che in ballo ci sia persino il Primo emendamento, mentre sul fronte opposto si lamenta che i minori siano esposti a materiali spinti. La questione è diventata scottante pure in Europa: sono diverse le società a luci rosse a rischio multa

I giudici della Corte Suprema americana hanno deciso di vagliare il caso di Pornhub. Non era scontato dato che i magistrati del grado di giudizio più alto hanno la facoltà di decidere di quali casi occuparsi. Si tratta di una questione di sicuro interesse economico, visto quanto fattura l’industria del porno, ma rilevante anche sul fronte giuridico dato che vede contrapposti, come si vedrà in seguito, interessi molto importanti, nel tentativo di comprendere quali abbisognino di maggior tutela. Ma andiamo con ordine.

UNA VICENDA SCOTTANTE, ANCHE PER I SOLDI IN GIOCO

Sotto il primo profilo, ovvero quello monetario, il giro d’affari dell’industria del porno non conosce limiti e molti di quei soldi transitano attraverso il giovanissimo (attivo solo da fine 2021) fondo canadese di private equity Ethical Capital Partners che controlla, attraverso la lussemburghese Mindgeek, player di primo piano del settore, come Pornhub, Youporn e una serie di altri siti per adulti che, a spanne, fanno utili per 600 milioni di dollari l’anno.

I DIRITTI IN BILICO

Opposti gli interessi giuridici in cerca di tutela. Il motivo del contendere riguarda alcune recenti leggi introdotte in diversi Stati americani, come il Texas, che impongono la verifica dell’età per l’accesso alle piattaforme. Questo naturalmente va ben oltre il solito pop-up col quale si autocertifica di aver compiuto almeno 18 anni e che può essere comodamente scavalcato da qualsiasi minorenne smaliziato.

Chiari dunque gli interessi in gioco. Da un lato quello fatto valere dai gestori delle piattaforme per adulti e persino dall’associazione Free Speech Coalition che, raccolta attorno al vessillo del “libero porno in libero Stato”, invocano persino il Primo emendamento (il più importante, da cui discendono le libertà di culto, parola e stampa, il diritto di riunirsi pacificamente e di appellarsi al governo per correggere i torti) e, dunque, la volontà dei padri fondatori.

PORNHUB DAVANTI ALLA CORTE SUPREMA…

Per loro la norma insiste sul diritto alla riservatezza, dato che collega dati molto sensibili (essenziali per la registrazione) a gusti e preferenze sessuali. Ma soprattutto le norme incidono enormemente sul giro d’affari (legato alla pubblicità) di tali piattaforme: se blindate dalla necessità di registrarsi il principale rischio è riscontrare una diminuzione degli accessi.

Dall’altro lato del ring ci sono i legislatori nazionali, alcune confessioni religiose e le associazioni a difesa della famiglia che sostengono come la tutela dei minori debba prevalere su qualunque altro diritto vantato dagli utenti di Pornhub & Co: nel mezzo la Corte Suprema chiamata a dirimere tale questione, anche attraverso nuovi principi che potrebbero rivoluzionare la visione del porno online nell’area dei 50 Stati.

…E PURE DI FRONTE ALLA COMMISSIONE UE

Ma Pornhub, Youporn, Brazzers, ecc non sono solo destinati ad apparire davanti alla Corte Suprema americana dato che il medesimo dibattito si sta sviluppando pure qui, nel Vecchio continente.

Scadono in queste ore i termini per le principali piattaforme a luci rosse per inoltrare alla Commissione europea uscente tutta una serie di informazioni richieste a metà giugno da Bruxelles nel tentativo di comprendere se i siti per adulti sono realmente tali o se invece garantiscono a tutti l’accesso.

La navigazione dei siti porno – che nella sola Europa conta, per ogni piattaforma, un numero ben al di sopra dei 45 milioni di utenti, generando un indotto pubblicitario a moltissimi zeri – ha avuto finora fortuna per la discrezione – almeno presunta – con la quale finora è avvenuta: in pochi, tra gli habitué e i semplici curiosi, sarebbero disposti a metterci la faccia, tanto più se poi scartabellano tra video sopra le righe per i contenuti offerti.

La Francia e la Germania sarebbero pronte a richiedere la verifica dell’età mediante documenti come hanno fatto negli USA gli Stati del Texas e dello Utah. Al di là della Manica e dei nostri confini comunitari pure la Gran Bretagna sembra propendere per tale drastica misura. Un sistema, fanno notare i più smanettoni, che comunque potrà essere facilmente aggirabile sfruttando la VPN, che permette di fregare il sistema con connessioni che paiono arrivare da altri Stati.

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