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Affitti Brevi

I pochi vincitori e i molti vinti della strettina sugli affitti brevi

La ministra del Turismo, Daniela Santanchè, prevedeva di scontentare qualcuno con un decreto sugli affitti brevi che riequilibrasse il rapporto (e i prezzi) tra affitti turistici e residenziali, ma le reazioni hanno superato le aspettative. Ecco cosa prevede la bozza del ddl e quali sono stati i commenti

 

“Servono regole, quello che ho in mente io scontenterà qualcuno. E questo mi confermerà che sarà una regolamentazione giusta”. A dirlo poco più di un mese fa era stata la ministra del Turismo, Daniela Santanchè, annunciando una stretta contro il “Far West” degli affitti turistici. Ora la missione è quasi compiuta.

Dalla bozza del decreto sugli affitti brevi circolata ieri si è levato un generale malcontento, con qualche tenue eccezione.

Ecco, dunque, le misure ipotizzate dalla ministra e i commenti di tutte le parti coinvolte.

CODICE IDENTIFICATIVO NAZIONALE

La prima novità è l’introduzione di un Codice identificativo nazionale (Cin). Sarà assegnato dal ministero del Turismo a ogni immobile a uso abitativo oggetto di locazione per finalità turistiche, dovrà essere esposto sia sugli annunci online sia sulla porta e sostituirà gli attuali 20 Codici identificativi regionali (Cir).

“Ad oggi è regionale – aveva detto a suo tempo Santanchè -. Vogliamo uniformarlo perché abbia caratteristiche per tutti uguali, in modo che senza quel codice non si possa andare sulla piattaforma”. Inoltre, “le famiglie che affittano per poter arrotondare il loro reddito avranno un percorso diverso da chi invece ha una rete di appartamenti e lo fa come tanti altri lavori e quindi deve essere assoggettato alle regole, ma senza criminalizzare”.

Il Cin sarà obbligatorio anche per le online travel agency (Ota), ovvero le agenzie turistiche online.

Sono previste sanzioni a carico di tutti i soggetti che non si adegueranno, dalle Ota ai property manager fino ai proprietari.

SOGGIORNO MINIMO

La bozza del decreto sugli affitti brevi prevede poi una permanenza minima di due notti nei centri storici delle 14 città metropolitane e in circa un migliaio di Comuni ad alta densità turistica, ma non nei paesini con meno di 5mila abitanti – “fatta eccezione per l’ipotesi in cui la parte conduttrice sia costituita da un nucleo familiare numeroso composto da almeno un genitore e tre figli”.

IL PROPERTY MANAGER

Il provvedimento in arrivo annuncia inoltre il riconoscimento ufficiale della figura del property manager, ovvero delle persone che, a differenza dei proprietari dell’immobile (host), gestiscono gli affitti ma hanno un’agenzia immobiliare.

Nella bozza si chiede all’Istat l’apertura di un Codice Ateco specifico per questa categoria, che sarà tenuto ad agire come sostituto d’imposta, raccogliendo e versando per conto dei proprietari la cedolare secca. Il Sole24Ore precisa che il property manager potrà “richiedere l’apertura della Scia [Segnalazione certificata di inizio attività, ndr] in nome e per conto del proprietario, cosa non consentita, attualmente, ad esempio, dal Comune di Roma”.

AIRBNB GIOISCE E AIGAB INFIERISCE

La missione di Santanchè di scontentare qualcuno è andata ben oltre le aspettative. L’unico a gioire un po’ per la bozza del decreto sugli affitti brevi è stato infatti Airbnb che ha dato “il benvenuto all’armonizzazione nazionale dei codici di registrazione anche se permangono dei dubbi su alcune limitazioni che potrebbero andare a colpire la piccola proprietà privata, anche alla luce della proposta di regolamento Ue in materia”.

L’unica questione che infatti potrebbe danneggiare Airbnb è l’introduzione di una permanenza minima di due notti, che però non intaccherebbe troppo gli interessi dell’azienda in quanto i soggiorni di una sola notte rappresentano appena il 5% del totale delle prenotazioni.

Di parere ovviamente contrario è, invece, il presidente dell’Associazione italiana gestori affitti brevi (Aigab), Marco Celani, che critica proprio la proposta sul minimum stay: “L’impatto economico di questa misura è sicuramente depressivo ipotizzando che solo una parte verrà recuperata dal mondo alberghiero e una parte si trasformerà in allungamento di pernotti altrove o in nero”.

LA DELUSIONE DI FEDERALBERGHI

Ma la permanenza minima di due notti scontenta anche gli albergatori, considerati i più favoriti nella partita. Federalberghi parla di “delusione per il contenuto della proposta”, sui cui ritiene che “ci sia molto da lavorare” per “incidere concretamente sul problema della concorrenza sleale e dell’abusivismo che inquinano il mercato”.

Per l’associazione il minimum stay fissato a due notti “suona come una presa in giro” poiché “la permanenza media negli esercizi ricettivi italiani è di 3,3 notti” e anche le sanzioni paventate dai 3 ai 10mila sono insufficienti a “spaventare le multinazionali del web”.

“Altrettanto importante – secondo Federalberghi – è il ruolo da conferire ai sindaci, ai quali dev’essere restituita la facoltà di governare il territorio. Grandi e piccoli centri sono invasi da una marea di alloggi, che si nascondono dietro la foglia di fico del contratto di locazione e operano sul mercato alberghiero senza rispettarne le norme.”

PROVVEDIMENTO BLANDO PER I SINDACI DELL’OPPOSIZIONE

E anche i sindaci, che specialmente in alcune città affollate dal turismo, chiedevano maggiori poteri per affrontare l’emergenza abitativa e ristabilire un certo equilibrio, reputano troppo blanda quella che doveva essere una stretta sugli affitti brevi, per i quali i primi cittadini di capoluoghi governati dal centrosinistra come Bologna, Milano e Napoli proponevano un sistema di licenze limitate e a rotazione, come già accade in alcune città europee.

Pierfrancesco Majorino, che ha la delega alla Casa nel Pd, definisce il provvedimento “parzialissimo e poco efficace” e chiede di coinvolgere gli amministratori delle città turistiche, a meno che il governo voglia “un provvedimento dirigista e centralista”.

La bozza, inoltre, non risolve nemmeno il problema del caroaffitti sollevato dagli studenti fuorisede e in parte dovuto anche al dilagare degli affitti brevi pensati per i turisti e scelti spesso dai proprietari a scapito di quelli residenziali in quanto più redditizi.

I DUBBI SULLA COSTITUZIONALITÀ DELLA NORMA PER LE ASSOCIAZIONI DI CATEGORIA

Le 13 associazioni di categoria (Confedilizia, Fiaip, Prolocatur, Confassociazioni RE, PMI, Rescasa Lombardia, Host + Host, Host Italia, Bre-VE, Myguestfriend, OspitaMI, Abbav e F.A.R.E) coinvolte dal ministro Daniela Santanchè “accolgono con favore la previsione di un unico codice identificativo nazionale”.

Tuttavia, esprimono “forte contrarietà” circa il minimum stay di due notti che rappresenta “una norma discriminatoria, liberticida e con profili di dubbia costituzionalità, che alimenterà forme di evasione fiscale e di illegalità varie. Il tutto, peraltro, con un arcobaleno di discipline in funzione del comune di ubicazione dell’immobile, che produrrà un caos indescrivibile”.

PER I SINDACATI DEGLI INQUILINI NON CI SIAMO PROPRIO

In totale disaccordo con la bozza i sindacati degli inquilini Sunia, Sicet e Uniat Aps, per i quali è la conferma di “alcune scellerate decisioni assunte dai precedenti governi come la possibilità di non registrare all’Agenzia delle Entrate i contratti inferiori a 30 giorni, di non considerare attività commerciale quella svolta fino a 4 alloggi di proprietà locate a finalità turistica e, di conseguenza, la concessione di agevolazioni fiscali come la cedolare secca a questi proprietari, i cui redditi, in molti casi, sono ben più consistenti di un piccolo albergatore di periferia”.

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