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Multiversity, ecco la genialata Ecp delle università telematiche (non solo Pegaso)

Che cosa sono, e a cosa servono, gli Ecp lanciati dalle università telematiche del gruppo Multiversity come Pegaso e non solo? La lettera di Claudio Trezzano

Caro direttore,

ti scrivo perché ho deciso di prendere una seconda laurea e, vista la cultura che ho sviluppato in fatto di università telematiche, pensavo proprio di rivolgermi a quelle.

Poi mi sono detto: certo, forse una laurea conseguita in un ateneo digitale non è altrettanto spendibile sul mercato del lavoro come una laurea conseguita in una università tradizionale. O meglio, finché non sarà abolito il valore legale del titolo di studio (cito dalla pagina della Federico II di Napoli: “Con l’espressione “abolizione del valore legale” si vuole intendere non la privazione dell’efficacia del titolo di studio o la sua eliminazione quale requisito indispensabile per l’accesso a professioni o impieghi, ma l’abbandono dell’attuale sistema di equiparazione da parte dello Stato del titolo rilasciato dagli atenei, che mette sullo stesso piano le lauree indipendentemente dai programmi seguiti dallo studente per completare il corso e dalla conseguente preparazione acquisita”) formalmente tutte le lauree sono uguali, ma temo che un responsabile delle risorse umane alle prese con la selezione dei candidati più adatti, in verità, quando legge un curriculum faccia cascare l’occhio sull’indicazione dell’istituto, no?

E lì ho scoperto gli ECP. Questa volta cito dalla pagina di UniPegaso: “L’Università Telematica Pegaso propone un canale di poli formativi e didattici denominati E-learning Center Point (ECP). Gli ECP – che costituiscono il Network dell’Ateneo – vengono pertanto accreditati come “Centri qualificati per lo svolgimento di progetti didattici, educativi e formativi dell’Università Telematica Pegaso”, che ne riconosce la qualità poiché in possesso di specifici requisiti, preventivamente documentati e certificati dalla stessa Università”.

C’è persino una pagina per diventare ECP accreditato: “Ares University Srl partner del gruppo Multiversity, leader nel settore della formazione digitale in capo agli atenei Pegaso, Mercatorum, San Raffaele, si rende disponibile a valutare le Vostre richieste per l’apertura di nuovi ecp dislocati presso tutte le regioni del territorio italiano. Tale opportunità vi offre la possibilità di essere poli accreditati diretti, Pegaso, Mercatorum e San Raffaele con gestione operativa e contabile autonoma”.

Ti starai chiedendo cosa c’entri tutto ciò con la mia decisione di prendere un’altra laurea. Ci sto arrivando. Data la descrizione un po’ fumosa di che sia e a che serva un ECP ho inviato un WhatsApp a un mio amico, docente in una università tradizionale e vuoi sapere la risposta? “Hai dubbi che iscriverti a Ingegneria a Pegaso non sia una buona scelta in quanto le probabilità di assunzione da parte delle aziende ICT di laureati Pegaso sono praticamente pari allo 0? Niente paura! C’è qui per te l’ECP che ti fornisce il consiglio giusto: ti iscrivo a Pegaso, sostieni gli esami più ostici e ti trasferisci alla prestigiosa università (pubblica) che non può non riconoscerti quegli esami in quanto provieni da una università legalmente riconosciuta. Ed ecco pronto il tuo CV ripulito in cui puoi scrivere che sei laureato in ingegneria informatica presso la prestigiosa università di…”.

Il professore mi ha poi riportato un altro esempio: “Sei iscritto a Ingegneria presso un’università pubblica, ma non riesci a superare gli esami di ‘meccanica razionale’ e di ‘analisi matematica’? Niente paura! Ti trasferisci in Pegaso per un anno, sostieni gli esami più ostici e ti ritrasferisci nell’università di origine. Detto in sintesi: forse perché alcuni consigli, se resi attraverso un servizio online, potrebbero essere molto più facilmente classificati come poco commendevoli?”.

L’ironia è tanta come del resto la frustrazione di chi, operando in un altro settore, avverte questi competitor come non sempre trasparenti nel quotidiano gioco della concorrenza tra quelle che dovrebbero essere università e invece sono e vengono gestite come imprese, per di più molto redditizie. Anche per questo, bisogna fare la tara soppesando le parole del professore e ricordarsi che il mio interpellato lavora sul fronte opposto e che, come dimostrano i giudizi ben poco lusinghieri di  Giovanna Iannantuoni, rettrice della Bicocca di Milano, nonché presidente della Conferenza dei rettori (CRUI), siamo in presenza di due fazioni che sicuramente non si amano e che l’attuale progetto ministeriale di riforma non sembra certo avere avvicinato. Anche perché anche gli atenei pubblici a volte hanno anche, come dire, depandance digitali.

C’è chi dirà, evocando le baronie del passato, probabilmente solo scalfite dal ’68, che è la testimonianza dell’ennesimo professore che teme le ingerenze di aziende private, che frigna perché ha paura di perdere lo status quo. A me non interessa parteggiare per nessuno: sono solo un osservatore, un testimone dei tempi, per questo anzi mi interesserebbe anche ascoltare l’altra campana. Su Start un collega ha già sentito chi, lavorando nelle telematiche, ha tutto l’interesse che il settore sia finalmente normato così da far cessare l’attuale Far West.

Sarà come dice il professore? Oppure no? Mi piacerebbe saperne di più su questi ECP, capire come verranno regolamentati dalla riforma in studio e sapere se servano davvero, come lamentano i docenti delle facoltà tradizionali, per dare consigli che sia meglio non far risultare, come appunto quelli di saltare da un ateneo all’altro…

Spero che questa mia letterina mi permetta di avere qualche risposta sui tanti quesiti che ho rovesciato sul tavolo.

Un dubbioso,

Claudio Trezzano

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