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Netflix Amazon Prime

Draghi e Franceschini deludono Netflix, Amazon Video e non solo. Report

Una norma sulle produzioni audivisive non prevede buone notizie per Netflix, Amazon Prime Video e tutti i player del videostreaming che potrebbero trovarsi obbligate a un maggiore esborso. Che cosa emerge da un rapporto di ItMedia, che consiglia il modello spagnolo

 

Raddoppieranno gli obblighi di investimento in produzioni audiovisive europee e italiane per Netflix, Amazon Prime Video & co.

L’Atto di Governo n. 288 del 7 agosto 2021prevede infatti per i giganti dello streaming obblighi di maggiore investimento: dal 12,5% dei propri introiti netti in Italia attuali al 25% del 2025.

Tanto che la scorsa settimana il parlamento ha chiesto uno “sconto” sull’aggravio che andrà a colpire i giganti dello streaming, riporta il Sole 24 Ore.

È una “delle indicazioni emerse dai pareri che le Commissioni di Camera (Cultura e Trasporti) e Senato (Lavori Pubblici e Comunicazioni) hanno approvato relativamente allo schema di decreto legislativo per l’attuazione della direttiva Ue sui Servizi media audiovisivi (Smav). Con lo schema di Dlgs viene rivista tutta la disciplina del comparto media con rivisitazione radicale del Testo Unico (Tusmar)”.

Ma la proposta di legge italiana rappresenta un disincentivo secondo dall’analisi di ItMedia Consulting diretto da Augusto Preta.

Da un lato si chiede ai servizi a richiesta (le piattaforme di video streaming quali Netflix, Disney+, Amazon Prime Video, Peacock, Discovery+, ecc..) di contribuire alla crescita del settore e dall’altro li si assoggetta alle regole più stringenti.

Tutti i dettagli.

COSA PREVEDE LA DIRETTIVA SMA

Come spiega l’analisi di ITMedia Consulting, “la Direttiva Sma non prevede obblighi specifici sulle quote di investimento in produzione, lasciando agli Stati membri tale discrezionalità”.

Italia e Francia, hanno obblighi molto stringenti per i servizi a richiesta; Spagna molto bassi, ininfluenti sulle strategie degli operatori; Germania e Regno Unito non ne hanno affatto. Proprio quest’ultime hanno l’industria audiovisiva più sviluppata.

GLI OBBLIGHI INSERITI NEL DLGS DI ATTUAZIONE DELLA DIRETTIVA UE

L’atto del Governo n. 288 – schema di decreto legislativo sottoposto a parere parlamentare – del 7 agosto 2021, in attuazione della Direttiva (UE) 2018/1808, reca all’articolo 54 gli obblighi di investimento in opere europee dei fornitori di servizi di media audiovisivi lineari e, all’articolo 55, gli obblighi dei fornitori di servizi di media audiovisivi a richiesta.

Il Dlgs licenziato dal governo Draghi prevede obblighi d’investimento del 12,5% per le TV private free e pay, del 17% per il Servizio Pubblico e fino al 25% (a regime 2025) per i servizi a richiesta (le piattaforme di video streaming Ott).

Si tratta di un inasprimento delle regole per le piattaforme di video streaming rispetto al decreto Franceschini del 2017 che prevedeva:  da 15% a 12,5% per i servizi lineari;  da 20% a 17% per il servizio pubblico e da 17% a 25% (2025) per i servizi a richiesta.

UN DISINCENTIVO PER NETFLIX, AMAZON PRIME VIDEO &CO A INVESTIRE NEL NOSTRO PAESE

L’Europa è un mercato con grandi opportunità di crescita, ma l’Italia si trova a competere con altri Paesi che hanno un’industria audiovisiva consolidata e, soprattutto nella fiction televisiva dove gli investimenti sono ancor più elevati, nella necessità di recuperare il terreno perduto rispetto ai concorrenti, evidenzia la società diretta da Augusto Preta.

E “la proposta di legge italiana rappresenta un disincentivo, perché da un lato si chiede ai servizi a richiesta di contribuire alla crescita del settore, dall’altro li si assoggetta alle regole più stringenti” puntualizza ItMedia Consulting.

“Questo aspetto è ulteriormente aggravato dall’asimmetria tra i servizi lineari e a richiesta. Obiettivo dichiarato della Sma è l’armonizzazione delle regole, estendendo ai servizi non lineari le regole valide per i lineari. Nel nostro caso si riducono gli obblighi per i lineari e si aumentano consistentemente quelli per i servizi a richiesta. Tutto ciò crea scontento tra chi dovrebbe di più investire nel nostro Paese e che davanti a scelte da fare a livello globale, sarebbe naturalmente portato a preferire quelle realtà nazionali che si dimostrano più disponibili e aperte nei suoi confronti”.

A DIFFERENZA DELLA SPAGNA

Come dimostra il caso spagnolo.

In questa chiave, la Spagna ha intuito infatti le opportunità nascenti, e ha messo a disposizione dei grandi operatori a richiesta, a cominciare dal leader Netflix, le migliori condizioni per operare. In questo contesto, il limitato livello di regolazione si affianca alle altre iniziative intraprese. Oggi la Spagna è uno dei principali hub di produzione in Europa.

L’ANALISI DI ITMEDIA CONSULTING

Pertanto, in uno scenario di crescita e di crescente competizione — nota ItMedia Consulting — “la (proposta) normativa nazionale non appare in grado di cogliere gli aspetti più innovativi dell’evoluzione del mercato, per concentrarsi invece sulle regole, e in particolare sull’imposizione di obblighi che in quanto tali non sono in grado di garantire, come ha dimostrato la comparazione europea, un miglior grado di salute dell’industria nazionale (statisticamente peraltro i Paesi che investono di più non hanno obblighi)”.

ACCANIMENTO NEI SERVIZI A RICHIESTA (NETFLIX, AMAZON PRIME VIDEO, DISNEY…)

Più nello specifico sembra manifestarsi nella proposta normativa italiana un particolare accanimento nei confronti dei servizi a richiesta, che a regime (2025) si troverebbero a far fronte a degli impegni che non sarebbero imposti in nessun altro Paese «concorrente» (a parte la Francia).

A questo scenario, già non particolarmente attraente per gli investitori, si aggiunge l’asimmetria di una regolazione che è più leggera nei confronti dei concorrenti servizi lineari. Come sottolinea ItMedia Consulting, il Dlgs ignora anche quello che è uno dei pilastri della nuova Direttiva Smav: estendere ai servizi a richiesta gli stessi obblighi previsti per i servizi lineari.

“Tutto ciò crea scontento tra chi dovrebbe di più investire nel nostro Paese e che davanti a scelte da fare a livello globale, sarebbe naturalmente portato a preferire quelle realtà nazionali che si dimostrano più disponibili e aperte nei suoi confronti” sottolinea la società diretta da Preta.

Infine, “ciò ha un impatto anche a livello occupazionale, laddove per la creazione di centri di produzione e altre attività collegate venissero preferiti Paesi meno «dirigisti» e più ricettivi” conclude ItMedia Consulting.

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