La bellissima serie televisiva “Bureau des légendes”, incentrata sull’intelligence esterna francese (DGSE), ha ispirato di recente la serie statunitense “The Agency”, che non è male, ma non è all’altezza dell’originale. In questo caso, i francesi hanno esportato il loro prodotto culturale, peraltro relativo al cuore della loro sovranità.
Fuori dalla serie, però, esiste un’altra realtà, che cozza col chiacchiericcio continuo di espressioni come “autonomia strategica” e “sovranità tecnologica”, che nelle loro varie incarnazioni fanno parte dell’apparato retorico e culturale francese almeno dall’era gollista e da “La sfida americana” (“Le défi américain”) di Jean-Jacques Servan-Schreiber (1967). Come reso noto in questi giorni, l’intelligence interna francese (DGSI) ha rinnovato il suo contratto pluriennale con Palantir, mostrando la dipendenza della sicurezza nazionale della République dalle capacità tecnologiche statunitensi. Pertanto, se sarà prodotta una serie televisiva sull’intelligence interna francese, si potranno mostrare gli agenti e gli specialisti intenti a usare i prodotti dell’azienda co-fondata da Peter Thiel e guidata da Alex Karp.
Per mettere in prospettiva questa vicenda e capire che non cade dal cielo, dobbiamo guardare al recente passato. In un’intervista di quasi tre anni fa su Les Echos, davanti a una domanda precisa sul coinvolgimento di Palantir con la DGSI, lo stesso Karp ha garantito che non c’era alcuna perdita di sovranità e che i dati non venivano trasmessi negli Stati Uniti ma ha anche sfidato il suo committente e l’acceso dibattito francese sul “lupo cattivo” Palantir, dicendo in modo esplicito: “Si la France trouve mieux que Palantir, Dieu soit loué”.
Non solo. Se andiamo più indietro nel tempo, vediamo che già dieci anni fa, nel 2016, la firma di un contratto tra la DGSI e Palantir aveva suscitato polemiche in Francia, e il tentativo di costruire alternative interne, in particolare col progetto Artemis.IA (Architecture de Traitement et d’Exploitation Massive de l’Information multi-Sources et d’Intelligence Artificielle) della Direzione Generale degli Armamenti. Ciò ha condotto allo sviluppo della joint venture ATHEA, tra Atos e Thales, con una piattaforma che avrebbe dovuto sviluppare le nuove fasi delle capacità interne francesi. È passato un po’ di tempo.
Morale della favola: a parte lo stato comatoso in cui Atos si è poi trovata, mentre l’ex ceo di Atos Thierry Breton lanciava i suoi sermoni sulla “sovranità tecnologica europea”, gli altri prodotti non sono evidentemente stati considerati all’altezza di Palantir per garantire la sicurezza nazionale francese.
Il ciclo di investimenti sulla difesa e sicurezza in Europa porterà senz’altro a un’accelerazione di finanziamenti e di progetti di startup che vogliono sviluppare la tesi delle capacità tecnologiche interne, in tanti ambiti (dall’analisi dei dati al settore marittimo, dalle applicazioni industriali alla cybersicurezza). In questi settori, Palantir avrà senz’altro più concorrenza e i suoi contratti coi big europei, a partire da Airbus, non sono al sicuro.
Solo che queste società, come gli attori tradizionali, dovranno però dimostrare che i loro prodotti sono all’altezza e che possono essere alternative praticabili rispetto alle capacità fornite dalle aziende statunitensi, di cui altrimenti si diviene vassalli e basta. Quando si tratta di esigenze operative e di sicurezza, la sovranità tecnologica non può essere quella delle chiacchiere di un’intervista o di un discorso.




