Non è il periodo migliore per le app di incontri. Dopo anni in cui hanno scaldato il cuore delle persone è calato un freddo inverno che pare stia segnando il loro tramonto. Oltre agli affari che non vanno a gonfie vele, Grindr, la più popolare dating app nella comunità Lgbtq+, è stata nuovamente accusata circa l’uso che fa dei dati sensibili dei propri utenti.
LA CLASS ACTION CONTRO GRINDR
Ieri, uno studio legale di Londra, che rappresenta circa 670 persone unite in una class action, ha fatto causa a Grindr, accusata di aver venduto senza consenso i dati sensibili di tantissimi clienti a terze parti per scopi commerciali. Se dimostrato, vorrebbe dire che l’azienda ha violato diversi regolamenti sulla protezione dei dati sensibili.
Tra questi, afferma Reuters, ci sarebbero anche le informazioni relative alla potenziale positività all’HIV degli utenti, come lo stato di sieropositività e la data dell’ultimo test.
Secondo i legali, le violazioni sarebbero avvenute tra il 2018 e il 2020 e potrebbero interessare migliaia di persone nel Regno Unito.
COSA RISPONDE GRINDR
Stando all’agenzia di stampa, inizialmente, un portavoce di Grindr ha affermato in un comunicato che intendeva “rispondere fermamente” alle accuse relative alle informazioni sull’HIV, “che sembrano essere basate su una descrizione errata di pratiche di oltre quattro anni fa”.
Lo stesso portavoce ha poi invece dichiarato in un comunicato aggiornato che “Grindr non ha mai condiviso le informazioni sulla salute degli utenti per ‘scopi commerciali’ e non ha mai monetizzato tali informazioni”.
LA MULTA PER VIOLAZIONE DEL GDPR
Tuttavia, nel 2021 Grindr era già stata multata per circa 6,5 milioni di euro dalle autorità norvegesi per aver violato il regolamento generale sulla protezione dei dati dell’Unione europea (Gdpr) vendendo dati degli utenti agli inserzionisti, tra cui la posizione Gps, l’indirizzo Ip, l’Id pubblicitario, l’età, il sesso e il fatto che l’interessato fosse su Grindr.
“Questo è stato particolarmente invasivo perché i dati sull’orientamento sessuale di una persona costituiscono una categoria speciale di dati che meritano una protezione particolare ai sensi delle norme del Gdpr”, ha precisato l’Autorità norvegese per la protezione dei dati.
LA PRECEDENTE CONDIVISIONE DI DATI SANITARI
Ma la recente accusa rivolta a Grindr di aver condiviso illegalmente dati sanitari dei suoi utenti non è nuova. Nel 2018 infatti, l’app di incontri era stata messa sotto accusa per la condivisione di informazioni sempre relative allo stato di sieropositivià dei suoi iscritti con Apptimize e Localytics, due aziende incaricate di testare e ottimizzare il software.
Allora, secondo Grindr, questa pratica era una “prassi del settore”. Pratica a cui evidentemente faceva riferimento il portavoce intervenuto adesso.
L’azienda aveva dichiarato che “non ha mai venduto, né venderà mai, le informazioni personali degli utenti – in particolare quelle relative allo stato di sieropositività o alla data dell’ultimo test – a terzi o a inserzionisti”. Ma ha anche aggiunto che, essendo Grindr un “forum pubblico”, “se si sceglie di includere queste informazioni nel proprio profilo, anche le informazioni diventeranno pubbliche”.
Allo stesso tempo, stando a quanto scriveva BuzzFeed, la dating app con sede a Los Angeles aveva annunciato che avrebbe smesso di condividere lo stato dell’HIV degli utenti con società terze.
I NUMERI DI GRINDR
Nel gelo che avvolge le dating app, Grindr ha comunque registrato nel maggio 2023 “il più alto coinvolgimento di tutte le app di incontri”, si legge su Bbc, “con persone che l’hanno utilizzata per un tempo medio di 6 ore e 49 minuti”.
Scelta da 13 milioni di persone ogni mese, secondo un rapporto Ofcom dello scorso febbraio circa 924.000 si trovano nel Regno Unito.
Ad aprile 2024 Grindr ha un valore di mercato di 1,69 miliardi di dollari.