Negoziare con la Russia non è una riunione per la compravendita di un immobile, un affare tra imprenditori, o almeno non solo quello. Non c’è “deal” che tenga quando i valori che si trattano sono la libertà di un popolo, i confini e le risorse di uno Stato sovrano terzo che da quasi quattro anni sta eroicamente resistendo alla guerra di invasione che gli ha scatenato contro il suo vicino, dotato di armi nucleari. La trattativa con la Russia del presidente Putin è un campo minato. E chi vi inciampa, perché impreparato al punto tale da trattare la capitolazione di un Paese senza nemmeno accompagnarsi di traduttori propri, non solo umilia sé stesso, ma anche la propria nazione, trasformandosi in quello che la cultura dei Servizi segreti russi definiscono un “utile idiota per il Cremlino”.
Da quando il presidente Trump lo ha nominato come suo “inviato di fiducia presso il presidente russo Vladimir Putin” a marzo 2025, Steve Witkoff ha assunto il ruolo di principale negoziatore e canale di comunicazione tra l’Amministrazione Trump e la presidenza russa.
Witkoff, autoproclamatosi “negoziatore” degli Stati Uniti a nome e per conto dell’Ucraina, si è presentato al leader russo con atteggiamenti di amichevole subordinazione, e davanti alle telecamere di tutto il mondo ha rilanciato la propaganda di Mosca (“Donetsk è nella costituzione della Russia”). L’inviato speciale della Casa Bianca si è rivelato l’unico “diplomatico” in grado di promuovere tutte le richieste di un avversario fin dal suo primo incontro. Nessuna nazione seria commetterebbe un errore così grave.
La risposta del presidente Zelensky alle uscite dell’inviato speciale della Casa Bianca è stata ironica e allo stesso tempo micidiale: “Se aggiungo due regioni russe alla Costituzione dell’Ucraina, se ne andranno?”
Mentre Kyiv conduce questa guerra con coraggio e il massimo sforzo per non urtare l’ego del presidente Usa, l’immobiliarista di Washington trasformatosi in diplomatico di rango è entrato nelle stanze del Cremlino accolto dai veterani della Maskirovka: Lavrov, Patrushev, esperti nelle trattative a lungo termine, professionisti delle tecniche di negoziazione di tipo “adversarial approach” che sono ingannevoli, coercitive, minacciose e aggressive. Un uomo d’affari che evidentemente non riesce a comprendere la differenza tra trattative immobiliari e diplomazia, seduto da solo di fronte ai maestri della dottrina dell’inganno strategica e militare sovietica ai tempi dei suoi primi incontri a Mosca, e ora russa. Una strategia di negoziazione nota ai diplomatici veri, per le sue capacità di combinare diverse tattiche come il camuffamento, la disinformazione, la simulazione e le manovre ingannevoli per confondere l’avversario. Apparentemente inconsapevole di essere stato sconfitto ancora prima che si mettesse la mano destra sul cuore per poi stringere quella del presidente Putin.
I PENULTIMATUM DEL PRESIDENTE TRUMP
Perché è diventato così difficile credere ai continui “penultimatum” lanciati contro Mosca dal presidente Trump? Tutte le minacce di inasprimento delle sanzioni, sembrano essere scritte sul ghiaccio che si scioglie a seguito di ogni telefonata con il presidente Putin, hanno migliorato o ulteriormente peggiorato la situazione dell’Ucraina dal punto di vista militare e delle trattative di pace o per un cessate il fuoco?
Ma veramente il presidente Donald Trump è pronto ad aumentare ancora di più la pressione sulla Russia?
Forse.
Ma è anche possibile che gli annunci quotidiani del presidente Trump ci stiano facendo vivere la “sindrome del giorno della marmotta”, cioè quella sensazione di essere intrappolati in un ciclo ripetitivo di giorni che sembrano sempre uguali e senza progressi, rilanciata dal film “Groundhog Day” (Ricomincio da capo). Il detto popolare deriva da una tradizione legata alla giornata del 2 febbraio negli Stati Uniti e in Canada per prevedere la durata dell’inverno: se la marmotta, uscendo dalla tana, vede la sua ombra perché il cielo è sereno, l’inverno durerà ancora sei settimane; se non la vede, la primavera arriverà presto. La sindrome del giorno della marmotta è diventata un’espressione usata sia per descrivere la routine quotidiana che può diventare monotona, sia per indicare cicli e sistemi di vita ripetitivi. Con il presidente Trump, ogni mattina ci svegliamo e ci ritroviamo di nuovo nel giorno della marmotta, come nelle due settimane di preparativi che hanno preceduto l’incontro di Budapest (posticipato a data da destinarsi), quando il presidente Trump ha spinto nella direzione di Kyiv pressato da telefonate e visite provenienti dai leader europei. Poi, una telefonata con il presidente Putin lo ha riportato di nuovo al giorno di partenza, niente Tomahawk e le sanzioni sul petrolio tra un mese. Forse.
Non voglio diffondere pessimismo, ma ricordo quante volte l’inquilino della Casa Bianca ha preso una posizione dura sulla Russia, per poi parlarne direttamente con il suo omologo del Cremlino e immediatamente ammorbidirla.
Anche le sanzioni sulle esportazioni di petrolio annunciate contro la Russia non entreranno in vigore immediatamente, ma solo “tra un mese”. Intanto, dopo qualche giorno quelle indirette alla Cina sembrano già essere abortite, con l’accordo che si sta profilando con il presidente Xi. Chissà dove porterà l’”Art of The Deal” del tycoon Trump tra un mese?
Anche al Cremlino ormai hanno capito la strategia dei penultimatum. Quindi perché tutte queste spacconate sull’escalation con i test di nuovi missili a propulsione nucleare? Ovvio, si tratta di guerra psicologica non solo contro l’Ucraina, soprattutto contro l’Europa, divisa e tentennante.
I MISSILI TOMAHAWK SONO UNA FALSA PISTA?
E adesso spiego perché bisognerebbe smetterla di preoccuparci del tira e molla sulla concessione all’Ucraina di missili Tomahawk.
Non c’è mai stato un vero bisogno di fare affidamento su questo sistema d’arma in particolare.
Se gli Stati Uniti dovessero consentire il dispiegamento dei BGM-109 Tomahawk, missili da crociera subsonici a lungo raggio, con capacità di imbarcare testate nucleari W80 e W84, realizzati in numerose versioni, l’Ucraina non sarebbe in grado di poterli lanciare.
I motivi fondamentali sui quali baso questa affermazione sono:
- I lanci di Tomahawk sono storicamente avvenuti da navi e sommergibili militari. Questo tipo di missile viene lanciato principalmente da navi tipo incrociatore, cacciatorpediniere e sottomarini dotati di uno speciale lanciatore verticale MK-41, progettato per lanciare diversi tipi di missili SM-2, SM-3, SM-6, Sea Sparrow, ESSM e anche il Tomahawk, in rapida successione. L’Ucraina non ha una flotta navale e non dispone di lanciatori verticali.
- Negli anni ’70 e ’80 gli Stati Uniti hanno creato un programma per sviluppare una piattaforma per il lancio di missili Tomahawk da aerei. Tuttavia, i test rilevarono l’inefficacia di tale soluzione e il programmo fu interrotto.
- Le prospettive di lanciatori terrestri che l’Ucraina potrebbe utilizzare sono estremamente limitate. Esisteva un lanciatore terrestre denominato Grifone. Nel 1987, gli Stati Uniti e l’URSS firmarono un accordo sulla limitazione delle armi nucleari strategiche. Questi lanciatori terrestri rientrarono nell’accordo e furono rimossi dal servizio. Tuttavia, nel 2019 il presidente Donald Trump ha ritirato gli Stati Uniti da quell’accordo. A seguito di tale decisione, il Pentagono ha ristabilito la propria capacità di lancio da terra dei missili Tomahawk sviluppando un nuovo sistema chiamato Typhon. Le Forze armate statunitensi dispongono di un’altra tipologia di lanciatori che potrebbero essere forniti all’Ucraina. Si tratta di lanciatori Tomahawk a cella singola per i Marines basati sulla versione autonoma 4*4 di JLTV e denominati LRF, Long Range Fires. Tuttavia, questi veicoli sono stati rifiutati dai Marines, in quanto ritenuti troppo pesanti per il loro utilizzo su terreni fangosi, innevati o sabbiosi. I Marines hanno ritenuto “il sistema LRF non idoneo all’impiego in ambienti costieri difficili e impegnativi e hanno deciso di interrompere il programma di produzione e utilizzo”. I lanciatori già consegnati al Corpo dei Marines sono stati ritirati dal servizio e trasferiti alla Marina e all’Esercito. Questi lanciatori terrestri potrebbero operare in Ucraina, dove gli HIMARS su ruote si muovono principalmente su strade o terreni poco accidentati. Un altro sistema compatibile potrebbe essere il VLS anavl (Vertical Launching System) ma le sue opzioni di lancio a terra sono limitate e ancora non “combat tested”. Lo scorso 13 ottobre l’azienda Oshkosh Defense ha presentato la sua famiglia di veicoli autonomi multi-missione (FMAV) all’AUSA 2025, producendo un’altra potenziale piattaforma di lancio per i missili da crociera Tomahawk e per le munizioni MLRS (MFOM) come GMLRS e PrSM.
Riepilogando, oggi esistono pochissime batterie di lancio terrestre dei Tomahawk nel mondo. Gli americani non le stanno vendendo a nessuno e non stanno nemmeno prendendo in considerazione tale opzione.
Pertanto, se gli Stati Uniti vendessero agli europei alcuni Tomahawk per consegnarli a Kyiv, l’esercito ucraino come li lancerebbe? L’Ucraina non ha una flotta militare, nessuno al mondo ha una piattaforma aerea da cui lanciare i Tomahawk e al momento ci sono pochissime batterie Typhon e alcuni potenziali nuovi lanciatori sperimentali che gli Usa non cederanno a nessuno, tantomeno all’Ucraina. In definitiva, non esiste una piattaforma aerea che l’Ucraina potrebbe utilizzare per lanciare i Tomahawk, quindi l’esercito ucraino dovrebbe essere dotato anche di lanciatori verticali MK-41, che non ha, e che gli Stati Uniti si tengono stretti per il proprio arsenale. Anche il presidente Zelensky sarebbe stato informato dell’impossibilità per l’Ucraina di utilizzare i Tomahawk. Quindi tutte le parti sono a conoscenza di questa impraticabilità.
Allora è lecito porsi una serie di domande: la storia di fornire all’Ucraina missili statunitensi Tomahawk è stata un’operazione di “deception” (inganno) delle opinioni pubbliche europee? È stata utilizzata per fomentare l’escalation della guerra psicologica Russa? Per influenzare i media e, in caso contrario, quale era il suo vero scopo?
Gli Stati Uniti si sono astenuti dal fornire missili Tomahawk all’Ucraina perché il presidente Trump ha sollevato la questione con il suo omologo Putin nella loro ultima conversazione telefonica, e il presidente russo lo ha “avvertito” che non è una buona idea, per i seguenti motivi?
– L’Ucraina non dispone delle strutture tecniche, compresi i sistemi di guida satellitare, per lanciare missili Tomahawk, il che significa che dovrebbero essere lanciati da equipaggi statunitensi o della NATO?
– Il presidente Putin ha detto al suo amico Trump che lanciare un missile Tomahawk contro la Russia sarebbe molto pericoloso, perché i sistemi antimissile russi non sono in grado di determinare se il missile è armato con testate nucleari o convenzionali e quindi risponderebbero come se si trattasse di un attacco nucleare alla Russia?
– Il Capo supremo delle Forze armate russe, Vladimir Putin, ha convinto il suo omologo statunitense che fornire all’Ucraina missili Tomahawk non cambierebbe la situazione militare sui campi di battaglia, poiché la Russia non si fermerà fino a quando non avrà ottenuto tutti i suoi obiettivi (o fino a quando non sarà sconfitta)?
– Il presidente Putin ha minacciato il tycoon che fornendo missili a lungo raggio americani da lanciare sul territorio russo significherebbe rischiare una guerra tra la Russia e la NATO, guidata dagli Stati Uniti, che Mosca minaccia continuamente di voler far diventare nucleare?
La dimostrazione che il problema non sono i Tomahawk l’hanno fornita gli stessi Stati Uniti, che hanno recentemente revocato le restrizioni sull’uso da parte dell’Ucraina di alcuni missili a lungo raggio forniti dagli alleati occidentali, consentendo a Kyiv di intensificare gli attacchi contro obiettivi strategici finora irraggiungibili dietro le linee russe e di aumentare la pressione sul Cremlino.
La mossa viene spiegata da Washington come una spinta per fare pressione su Mosca per i colloqui sulla fine della guerra, ma allo stesso tempo ottiene il risultato di minimizzare la decisone di non fornire i missili Tomahawk a Kyiv. Svincolo che Il 21 ottobre 2025 l’Ucraina ha utilizzato, lanciando un missile da crociera Storm Shadow per colpire uno stabilimento russo a Bryansk che produceva esplosivi e carburante per razzi. Lo Stato Maggiore delle Forze armate ucraine lo ha annunciato sui social media, definendo l’attacco un “colpo riuscito” che ha penetrato le difese aeree russe.
Lo Storm Shadow è un missile Franco-Britannico da crociera aviolanciabile a lungo raggio, un’arma strategica, i cui bersagli tipici sono postazioni di comando, infrastrutture aeroportuali e portuali, ponti, depositi di munizioni, navi e sottomarini attraccati, disponibile in versione aria-superficie (Scalp-EG/Storm Shadow) e mare-superficie (Scalp Naval o Missile de croisière naval – MdCN). Il Regno Unito ha iniziato a fornire di Storm Shadow l’esercito ucraino l’11 maggio 2023, a seguito dell’impegno assunto dal governo inglese nel febbraio 2023 di inviare all’Ucraina missili a lungo raggio in risposta agli attacchi russi contro le infrastrutture civili ucraine. In quel periodo l’Ucraina aveva assicurato che non avrebbe usato tali armi sul territorio russo. Il ministro della Difesa britannico Ben Wallace aveva motivato la consegna come una “risposta calibrata e proporzionata all’escalation della Russia”, notando l’uso da parte russa di sistemi d’arma a più lungo raggio, tra cui il missile ipersonico Kh-47M2, il missile da crociera 3M-54 Kalibr e il drone d’attacco Shahed. Il 10 luglio 2025, MBDA ha annunciato la ripresa della produzione di missili SCALP/Storm Shadow nel 2025, a circa 15 anni dall’ultimo ordine, con la possibilità di fornire altri missili all’Ucraina.
L’ex presidente Joe Biden aveva approvato l’uso da parte dell’Ucraina di Storm Shadow e missili statunitensi noti come Atacms (Army Tactical Missile Systems) contro obiettivi all’interno della Russia, verso la fine della sua amministrazione. Ma dopo che il presidente Trump è entrato in carica, il Pentagono ha istituito una procedura di revisione per l’approvazione degli attacchi transfrontalieri che utilizzano missili statunitensi o di altri Paesi alleati, tra cui Storm Shadow, che si basano sui dati di targeting degli Stati Uniti. In base a quel meccanismo, il Segretario alla Difesa aveva l’ultima parola sul fatto che l’Ucraina potesse impiegare armi occidentali a lungo raggio per colpire la Russia. Da allora, nessun attacco in territorio russo è stato approvato fino a poco tempo fa, quando l’autorità per l’approvazione di tali attacchi è stata restituita al Comando Europeo.
La mossa degli Stati Uniti per consentire a Kyiv di utilizzare il missile Storm Shadow per colpire all’interno della Russia è arrivata a sorpresa, dopo che l’autorità per decidere tali attacchi è stata recentemente trasferita dal segretario della Guerra Pete Hegseth, direttamente al Generale dell’aeronautica militare degli Stati Uniti Alexus G. Grynkewich (che secondo autorevoli fonti è un uomo del vicepresidente Vance), che il 4 luglio 2025 ha rilevato il Generale Christopher G. Cavoli, quale 21° Comandante Supremo Alleato in Europa (Saceur), che assume anche il Comando della NATO.
Il cambiamento ha coinciso con una spinta del presidente Trump all’inizio di ottobre, con l’obiettivo di fare pressione sul Cremlino nei colloqui per porre fine alla guerra, che comprendeva la possibilità di inviare a Kyiv i missili Tomahawk. Proposta sulla quale il presidente Trump ha innescato una repentina marcia indietro, sebbene esponenti del Pentagono hanno affermato di aspettarsi che l’Ucraina conduca più attacchi transfrontalieri utilizzando lo Storm Shadow, che viene lanciato da aerei ucraini. Tuttavia, gli Stati Uniti possono comunque limitare l’uso di Storm Shadow da parte dell’Ucraina, perché i missili utilizzano i dati di targeting americani. Inoltre, il rinnovato uso di Storm Shadows da parte dell’Ucraina non è un punto di svolta sul campo di battaglia. Hanno una gittata molto più corta rispetto ai Tomahawk statunitensi e sono stati utilizzati per colpire obiettivi in Russia in precedenza. Ma i missili consentono a Kyiv di espandere i suoi attacchi all’interno della Russia. Il colonnello Martin O’Donnell, portavoce della NATO, ha dichiarato che “L’Ucraina non ha bisogno del nostro permesso”. “Come ha dimostrato, l’Ucraina è incredibilmente capace di colpire in profondità all’interno della Russia obiettivi militari legittimi che alimentano la guerra insensata del Cremlino, che sta mettendo a dura prova la sua economia e ha ucciso o ferito più di un milione di russi”.
L’Ucraina sta anche effettuando attacchi ben all’interno della Russia con droni e missili di produzione nazionale. Molti degli attacchi sono stati diretti contro le raffinerie di petrolio e le infrastrutture energetiche russe. Il Wall Street Journal ha riferito a settembre che il presidente Trump ha approvato la condivisione di tali dati di targeting, che includono in particolare le raffinerie di petrolio. La decisione di revocare la restrizione su Storm Shadow è avvenuta prima che il presidente ucraino Volodymyr Zelensky incontrasse il presidente Trump alla Casa Bianca il 18 ottobre scorso.
Gli Stati Uniti hanno recentemente approvato la vendita all’Ucraina di 3.350 missili aria-terra con munizioni d’attacco a raggio esteso, o ERAM, che possono percorrere da 150 a 280 miglia. Abbiamo già evidenziato che anche l’amministrazione Biden aveva fornito missili terra-terra Atacms, che hanno una gittata di quasi 200 miglia ma non sono stati utilizzati contro obiettivi all’interno della Russia da quando Trump è tornato alla Casa Bianca. L’Ucraina ha una piccola scorta rimanente di Atacms, e l’amministrazione Trump non ha ancora comunicato se è disposta a inviarne altri o se il Comando europeo degli Stati Uniti ne approverà l’uso.
LA REAZIONE DI DMITRIJ MEDVEDEV
Il vicepresidente del Consiglio di sicurezza della Federazione Russa, Medevedv, ha subito fatto capire come Mosca abbia accusato il colpo dei missili a lungo raggio: “Se qualcuno dei tanti commentatori ha ancora delle illusioni, ecco la dimostrazione. Gli Stati Uniti sono il nostro nemico e il loro loquace “pacificatore” ha ora intrapreso pienamente la strada della guerra con la Russia. Sì, non sta ancora combattendo attivamente dalla parte di Kyiv, ma questo è il suo conflitto ora, non quello di Biden! Naturalmente diranno che non poteva fare altrimenti, che è stato messo sotto pressione dal Congresso, ecc. Questo non nega il punto principale: le decisioni prese sono un atto di guerra contro la Russia. E ora Trump è in piena solidarietà con la pazza Europa”.
In effetti, sebbene la Casa Bianca continui a rilanciare la retorica del presidente Trump: “Questa è una guerra che non sarebbe mai accaduta se Trump fosse stato presidente. Affermazione che lo stesso presidente Putin ha riconosciuto, e il presidente Trump sta cercando di fermarla”. “Il presidente Trump ha anche negoziato un accordo storico per consentire agli alleati della NATO di acquistare armi di fabbricazione americana”. “Questa è una guerra che una volta eletto, farò fermare in 24 ore”. Non essendo riuscito nella sua impresa di fermare la guerra del presidente Putin e non avendo ricevuto il Premio Nobel per la pace, oggi la guerra di aggressione russa contro l’Ucraina, per POTUS 47, “è un problema dell’Europa”.
Ma a causa dei suoi “penultimatum” sta diventando anche la guerra del presidente Trump, e forse anche il suo entourage MAGA inizia a comprendere che per la Russia, gli Stati Uniti non sono un partner ma il vero nemico.






