Nel primo giorno del suo viaggio in Asia, che lo condurrà a un incontro con il presidente cinese Xi Jinping, Donald Trump ha firmato degli accordi commerciali con Cambogia, Thailandia, Malaysia e Vietnam volti principalmente a garantire agli Stati Uniti un maggiore accesso ai minerali critici e uno sbocco per le esportazioni di prodotti agricoli.
L’IMPORTANZA DEL SUD-EST ASIATICO PER GLI STATI UNITI
Rivolgendosi ai membri dell’Associazione delle nazioni del Sud-est asiatico (Asean), Trump ha promesso che gli Stati Uniti vogliono essere “un partner forte e un amico per molte generazioni a venire” per l’intera regione, considerata un tassello fondamentale della strategia per il contenimento politico ed economico della Cina. Ma non solo: il Sud-est asiatico “è ora, per gli Stati Uniti, una fonte di merci più importante della Cina”, ha scritto Bloomberg. “Ciò vale in particolare per il Vietnam, che sta rapidamente diventando uno dei principali esportatori verso gli Stati Uniti”: nel 2024 il paese ha registrato un surplus commerciale con gli Stati Uniti di 123 miliardi di dollari.
GLI ACCORDI CON LA CAMBOGIA E LA THAILANDIA
L’accordo commerciale con la Cambogia prevede che il paese cancelli tutti i dazi sulle importazioni di prodotti agroalimentari e industriali statunitensi. In cambio, la Casa Bianca selezionerà un centinaio di beni che saranno esentati dalle tariffe al 19 per cento applicate sulle merci cambogiane. I dettagli, però, sono scarsi.
Come la Cambogia, anche la Thailandia è sottoposta a un dazio americano al 19 per cento; e come per le esportazioni cambogiane, anche alcune merci thailandesi verranno esentate dalle tariffe. In cambio, la Thailandia eliminerà le barriere alle importazioni per il 99 per cento dei prodotti statunitensi, a partire da quelli agroalimentari e industriali. La Thailandia, poi, acquisterà energia americana – soprattutto petrolio e gas liquefatto – per 5,4 miliardi di dollari all’anno.
Cambogia e Thailandia, inoltre, hanno firmato un’intesa sulle terre rare con gli Stati Uniti che dovrebbe garantire a quest’ultima un maggiore accesso a questi minerali critici, permettendogli di ridurre la dipendenza dalla Cina (che controlla, da sola, circa il 70 per cento del mercato globale). Anche in questo caso, la scarsità di dettagli non permette di comprendere la portata concreta dei due accordi.
GLI ACCORDI CON IL VIETNAM E LA MALAYSIA
Simili, per impostazione, ai precedenti sono anche gli accordi commerciali con la Malaysia e il Vietnam: i due paesi garantiranno un accesso preferenziale alle esportazioni statunitensi (in particolare quelle agricole) sui loro mercati; in cambio, Washington esenterà alcuni prodotti vietnamiti e malesi dai dazi del 20 e 19 per cento, rispettivamente.
Trump ha anche siglato un’intesa sui minerali critici con la Malaysia: il patto è rilevante perché il paese ha intenzione di accrescere la sua capacità di raffinazione di terre rare e ospita sul suo territorio l’impianto di Lynas, l’unica azienda occidentale (è australiana) attiva nella lavorazione delle terre rare pesanti, un sottogruppo impiegato nella produzione dei magneti per le automobili.
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La Malaysia, infine, ha accettato di non vietare né applicare delle quote massime alle esportazioni di terre rare e altri minerali critici negli Stati Uniti; non è chiaro però se l’accordo riguardi il materiale grezzo o quello lavorato. In precedenza le autorità malesi avevano discusso con le controparti cinesi riguardo a una partnership statale sulla raffinazione delle terre rare: più nello specifico, il fondo sovrano Khazanah Nasional potrebbe collaborare con una società cinese alla costruzione di uno stabilimento in Malaysia.






