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Vi spiego i sinistri errori del Pd su Global Flotilla

Il Pd poteva aderire all’iniziativa della Flotilla con i propri militanti, che non fossero anche parlamentari, al fine di non esporre più del dovuto la Nazione. Ma questa semplice regola non è stata rispettata: per quale motivo? Il commento di Polillo

“Pas d’ennemis à gauche”: è stata per anni la stella polare che ha guidato i comportamenti politici del PCI prima (almeno fino al caso de Il manifesto) e della sinistra di classe (come allora si diceva) poi. Caratteristica che si è accentuata in questi ultimi tempi. Il sogno del “campo largo” ha infatti prodotto due effetti: spiazzato i riformisti, mettendoli nell’impossibilità di reagire e dato alle estreme un potere di gran lunga superiore al loro peso specifico in termini elettorali. Ne è derivato un depotenziamento della leadership complessiva: sempre meno capace di operare il necessario bilanciamento tra le esigenze legate ad una cultura di governo e quelle poste dalla sua constituency. Vale a dire quel multiforme agitarsi delle diverse anime che ne compongono lo spettro sociale di riferimento.

Se si guarda alle prese di posizioni più recenti di Elly Schlein è facile notare come esse si siano concentrate soprattutto su due argomenti, ribaditi in ogni occasione: i presunti disastri della sanità italiana. Lungi da noi l’idea di dire che “tout va bien”. Ed il salario minimo come derivata delle grandi contraddizioni sociali del Paese. Due semplici issues, avrebbero detto gli inglesi, che non fanno una politica su cui costruire una possibile alternativa. Osservazione che dà corpo e sostanza alle critiche di Paolo Gentiloni, quando mostra tutto il suo scetticismo sulla possibilità che ha questa sinistra di poter sconfiggere Giorgia Meloni alle prossime elezioni.

Nel caso delle vicende legate alla Flotilla queste contraddizioni sono emerse con una valenza anche maggiore. Nella moltitudine di gente stipata nelle imbarcazioni, che vorrebbero forzare il blocco intorno Gaza, la componente italiana è l’unica in cui sono presenti rappresentanti delle Istituzioni. Elemento che ha enormemente accentuato le responsabilità del Governo italiano. Ci sono infatti gli eurodeputati Benedetta Scuderi (Alleanza Verdi e Sinistra) ed Annalisa Corrado del Partito Democratico, che fa parte della Segreteria nazionale ed è responsabile con delega alla conversione ecologica, clima, green economy e agenda 2030; il deputato, sempre del PD, Arturo Scotto, che in passato era stato il coordinatore nazionale di Articolo uno; e last but not least: il senatore Marco Croatti del Movimento 5 Stelle.

Negli altri casi, se si esclude l’ex sindaca di Barcellona Ada Colau, i partecipanti sono solo privati cittadini. Per carità nomi anche illustri nel campo delle professioni. Addirittura un premio Nobel, ma nulla a che vedere con cariche che potrebbero creare imbarazzo, sul piano dei rapporti internazionali, nella malaugurata ipotesi di un qualche incidente con le forze di sicurezza israeliane. Non si dimentichi, infatti, che ogni singolo parlamentare, ai sensi dell’articolo 67 della nostra Costituzione, “rappresenta la Nazione”. Quindi qualsiasi offesa nei loro confronti sarebbe gravida di ben altre conseguenze. Cosa che spiega le giuste preoccupazioni del Colle ed il monito del Presidente Mattarella, nel trovare soluzioni che impedissero il peggio.

Sollecitata da chi le chiedeva di richiamare i parlamentari, Elly Schlein, per bocca dei presidenti dei gruppi parlamentari del Pd al Senato e alla Camera Francesco Boccia e Chiara Braga ha balbettato: “non siamo noi a decidere né a trattare perché non siamo noi gli organizzatori. La Global Flotilla non è una iniziativa partitica né una iniziativa italiana, ma una missione internazionale che vede coinvolte 44 delegazioni di altrettanti paesi.” Per poi continuare: ”ma come è possibile accusare assurdamente noi di volere una guerra con il governo israeliano e invece non dire una parola di fronte alla costante violazione del diritto internazionale e davanti ai crimini rivendicati pure all’ONU da Netanyahu? Se il nostro governo, insieme a Trump e ad altri governi, avessero lavorato per fermare Netanyahu e per aprire canali umanitari permanenti nel pieno rispetto del diritto internazionale probabilmente non saremmo nemmeno qui a parlare dell’iniziativa che ha assunto autonomamente la Flotilla.“

Dove la sproporzione tra i due concetti richiamati è talmente evidente da rendere manifesto un profondo imbarazzo. Da un lato, infatti, si chiedeva soltanto di evitare che parlamentari italiani fossero direttamente coinvolti in un affair dai contorni inquietanti. La risposta verteva invece sui massimi sistemi, alla ricerca di un qualche appiglio che mascherasse la propria impotenza.

Il PD, infatti, poteva tranquillamente aderire all’iniziativa della Flotilla con i propri militanti, che non fossero anche parlamentari. Al fine di non esporre più del dovuto la Nazione. Ma questa semplice regola non è stata rispettata. E la spiegazione è evidente. Si trattava di far fronte alla concorrenza che regna sovrana all’interno del “campo largo”. Si poteva lasciare al solo attivismo dei parlamentari dei 5 stelle e di AVS il bandierone della protesta? Ovviamente no ed allora, ecco la ragion di partito, da privilegiare anche a costo di collidere con la ragion di Stato.

E così si torna al punto di partenza. Nessun nemico a sinistra. E se, per qualche incidente della storia, quest’ultimo è sopravvissuto, allora, è d’obbligo tallonarlo, per impedirgli che possa pescare sul proprio bacino elettorale. Ma poiché la coperta è troppo corta, questa scelta scopre il fianco destro, quello presidiato dalla piccola componente dei riformisti che, da tempo immemorabile, non riesce a spostare minimante il baricentro del partito. Ed ecco allora che la vicenda della Flotilla acquista più di un significato. È guerra contro Israele e Benjamin Netanyahu, ma serve anche spostare a sinistra gli assetti interni dell’opposizione.

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