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La plastica presenta il conto anche alla sanità

L’inquinamento da plastica non distrugge solo l’ambiente: causa malattie, disabilità e morte in ogni fase della vita, con un impatto economico - secondo The Lancet - di circa 1500 miliardi di dollari l’anno sulla salute pubblica globale. Fatti, numeri e commenti.

 

La plastica non è solo un rifiuto che inquina mari e città: è un pericolo sanitario globale, responsabile di malattie, disabilità e decessi in ogni fase della vita. A lanciare l’allarme è la rivista scientifica The Lancet, che denuncia una “crisi globale della plastica”. Secondo il rapporto, l’impatto sulla salute umana è tale da generare costi sanitari stimati in almeno 1.500 miliardi di dollari all’anno. Un prezzo altissimo, pagato da sistemi sanitari e contribuenti, per un materiale che viene ancora percepito come “economico”.

DALL’UTERO ALLA VECCHIAIA

Gli effetti della plastica sulla salute iniziano già nella fase prenatale. Le sostanze chimiche presenti nei materiali plastici – oltre 16.000, molte delle quali tossiche – sono state associate a un aumento di aborti spontanei, parti prematuri, malformazioni congenite e crescita polmonare compromessa.

Nei bambini e negli adolescenti, l’esposizione è collegata a tumori infantili e a problemi di sviluppo neurologico. Negli adulti, le patologie includono diabete, disturbi endocrini, malattie cardiovascolari, ictus e cancro. Secondo il professor Philip Landrigan, autore principale dello studio, “gli impatti colpiscono in modo sproporzionato le popolazioni vulnerabili, soprattutto neonati e bambini, e comportano enormi costi economici per la società”.

UNA BOMBA A OROLOGERIA NEL NOSTRO CORPO

Con il tempo, la plastica si frammenta in micro- e nanoplastiche, che entrano nel corpo umano tramite acqua, alimenti e aria. Queste particelle sono state rilevate nel sangue, nel cervello, nel latte materno, nella placenta, nel liquido seminale e persino nel midollo osseo.

Il loro impatto a lungo termine è ancora in gran parte sconosciuto, ma le prime evidenze suggeriscono collegamenti con eventi cardiovascolari come infarti e ictus. La comunità scientifica raccomanda un approccio precauzionale, sottolineando che le conoscenze attuali sottostimano la reale entità del danno.

PRODUZIONE IN CRESCITA ESPONENZIALE E RICICLO INSUFFICIENTE

La produzione mondiale di plastica, osserva The Lancet, è aumentata di oltre 200 volte dal 1950 e, se non cambieranno le politiche attuali, è destinata a triplicare nuovamente entro il 2060, superando un miliardo di tonnellate all’anno.

Non solo. La quota di plastica effettivamente riciclata è inferiore al 10%, mentre circa 8 miliardi di tonnellate hanno già invaso il pianeta, dalla cima dell’Everest alle profondità degli oceani.

A trainare la crescita sono soprattutto i prodotti monouso – bottiglie, imballaggi, contenitori per cibo – la cui produzione continua ad aumentare nonostante gli evidenti danni ambientali.

IMPATTI SU TUTTO IL CICLO DI VITA DELLA PLASTICA

La plastica infatti danneggia il pianeta e la salute umana in ogni fase del suo ciclo di vita: dall’estrazione dei combustibili fossili necessari per produrla, passando per la produzione e l’uso, fino allo smaltimento. La combustione all’aria aperta dei rifiuti plastici contribuisce all’inquinamento atmosferico, mentre i processi industriali rilasciano ogni anno l’equivalente di 2 miliardi di tonnellate di CO₂, più delle emissioni annuali della Russia.

Inoltre, i rifiuti plastici favoriscono la proliferazione di zanzare portatrici di malattie, creando micro habitat ideali nei contenitori abbandonati dove si raccoglie acqua stagnante.

I COSTI NASCOSTI DI UN MATERIALE “ECONOMICO”

Uno degli aspetti più gravi messi in luce dallo studio riguarda il costo economico della plastica. Se si includono i danni sanitari causati da soli tre composti chimici usati comunemente – PBDE, BPA e DEHP – il costo globale arriva già a 1.500 miliardi di dollari all’anno in 38 Paesi analizzati.

Tuttavia, gli autori sottolineano che si tratta di una stima prudente, poiché molte delle sostanze presenti nei prodotti plastici non sono nemmeno pubblicamente identificate. Il danno reale è quasi certamente molto più ampio.

IL MITO DEL RICICLO NON BASTA

L’industria della plastica e i grandi produttori petrolchimici continuano a promuovere il riciclo come unica soluzione alla crisi. Ma secondo The Lancet, questa strategia non è sufficiente. A differenza di materiali come vetro e alluminio, le plastiche sono troppo complesse per essere riciclate efficacemente su larga scala.

Per affrontare questa crisi, la rivista propone una strategia integrata basata su leggi vincolanti, politiche pubbliche, incentivi, sanzioni, monitoraggio scientifico e innovazione tecnologica. Inoltre, in parallelo alla pubblicazione dello studio, The Lancet ha lanciato l’iniziativa “Countdown on Health and Plastics”, un sistema di monitoraggio indipendente che seguirà l’evoluzione della crisi sanitaria legata alla plastica.

IL (DIFFICILE) TRATTATO MONDIALE SULLA PLASTICA

La pubblicazione del rapporto non arriva in un momento qualunque. Coincide infatti con l’apertura dei negoziati a Ginevra per la firma del primo Trattato globale sulla plastica. Oltre 175 Paesi partecipano ai colloqui, ma le divisioni sono profonde.

Da un lato, più di 100 nazioni chiedono un limite alla produzione; dall’altro, i petrostati come Arabia Saudita, Iran, Cina e Russia – sostenuti dalle lobby dell’industria plastica – spingono per un approccio focalizzato solo sul riciclo, rifiutando vincoli produttivi.

Per gli scienziati, questi paesi rappresentano i principali responsabili dell’aumento della plastica, poiché stanno riconvertendo i loro investimenti verso la plastica in risposta al calo della domanda di combustibili fossili.

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