Ormai non passa quasi giorno che le microplastiche non vengano trovate in un nuovo organo del corpo umano. Un recente rapporto italiano ha messo insieme tutti i più importanti risultati scientifici emersi finora e uno studio condotto da ricercatori in Germania e Brasile e pubblicato sulla rivista JAMA Network Open ha rivelato la presenza di tali sostanze nel bulbo olfattivo, il che “suggerisce che la via olfattiva è una potenziale via d’ingresso delle microplastiche nel cervello” ed evidenzia “la necessità di ulteriori ricerche sui loro effetti neurotossici e sulle implicazioni per la salute umana”.
LO STUDIO
Gli studiosi hanno analizzato i bulbi olfattivi di 15 persone decedute e rilevato la presenza di microplastiche nei bulbi olfattivi di 8 di loro. “Le forme predominanti – afferma la ricerca – erano particelle e fibre, con il polipropilene come polimero più comune”.
Come osservava anche il rapporto contenente i risultati di varie ricerche, il cervello è tra gli organi più colpiti per la concentrazione di micro e nanoplastiche tanto che uno studio in particolare ha notato che i loro livelli riscontrati in un cervello di peso medio di un adulto corrispondevano all’equivalente di un terzo di una bottiglia di plastica da 1,5 litri.
Appurato che l’inalazione è un canale attraverso cui entrano nel nostro corpo, gli autori dello studio pubblicato su JAMA Network Open si interrogano quindi anche sui potenziali effetti neurotossici e sui meccanismi con cui le microplastiche potrebbero raggiungere i tessuti cerebrali.
QUALI MICROPLASTICHE INALIAMO?
Negli 8 individui in cui sono state riscontrate microplastiche nei bulbi olfattivi sono state individuate 16 particelle e fibre di polimeri sintetici, il 75% delle quali erano particelle e il 25% fibre. Il polimero più comune rilevato è stato il polipropilene (43,8%), che per le sue caratteristiche riscuote un notevole successo nel settore della plastica. Si trova infatti in moltissimi prodotti comuni e di uso quotidiano quali le capsule del caffè, i bicchieri piccoli per il caffè ma anche nei tappi e nelle etichette delle bottiglie di plastica, oltre che in contenitori e imballaggi per alimenti.
“Il propilene è ovunque, nei mobili, nei tappeti, nei vestiti”, ha detto Thais Mauad, professore associato di patologia presso la Facoltà di Medicina dell’Università di San Paolo. “Sappiamo che il luogo in cui siamo più esposti alle particelle sono gli ambienti interni perché tutte le nostre case sono piene di plastica”.
DAI BULBI OLFATTIVI AL CERVELLO
Per molto tempo la comunità scientifica ha ritenuto che la barriera ematoencefalica protettiva del corpo potesse tenere le particelle fuori dal cervello, ma lo studio suggerisce che esiste “un potenziale percorso per la traslocazione delle microplastiche al cervello” proprio attraverso i bulbi olfattivi, formazioni specializzate del prosencefalo e deputate all’elaborazione degli stimoli sensoriali provenienti dai neuroni sensoriali olfattivi localizzati nell’epitelio.
Gli autori dello studio sottolineano infatti che la mucosa nasale che si trova al di fuori del cervello può interagire con il liquido cerebrospinale per consentire l’ingresso delle microplastiche nel bulbo olfattivo attraverso minuscole “perforazioni” nelle strutture ossee presenti in quest’area. “Quando si respira attraverso il naso, il nervo olfattivo campiona direttamente le particelle e reagisce alle particelle inalate come meccanismo sensoriale diretto”, ha dichiarato il dottor Wells Brambl, docente di tossicologia medica presso il Long Island Jewish Medical Center di New York.
“Il fatto che non ci sia una barriera ematoencefalica – ha aggiunto – porta a un accesso diretto al cervello e, soprattutto, proprio sopra il nervo olfattivo si trovano i lobi frontali e prefrontali, che secondo noi sono la sede della coscienza”.
MICROPLASTICHE E MALATTIE NEURODEGENERATIVE
Ma quindi queste microplastiche possono influire sulla salute del cervello? Secondo il team che ha condotto lo studio non è ancora chiaro ma il “potenziale” c’è. “Considerando i potenziali effetti neurotossici causati dalle microplastiche nel cervello e la diffusa contaminazione ambientale con la plastica, i nostri risultati dovrebbero destare preoccupazione nel contesto della crescente prevalenza di malattie neurodegenerative” come Parkinson, Alzheimer, Sla e altre patologie, sostengono i ricercatori.
Il contatto con le microplastiche può infatti causare infiammazioni e stress ossidativo nel cervello, fattori che potrebbero favorire l’insorgenza di queste malattie. Inoltre, il fatto che si accumulino nel bulbo olfattivo, e dunque vicino ai lobi frontali e prefrontali del cervello, è particolarmente allarmante perché queste aree sono associate a funzioni cognitive complesse come la memoria e la consapevolezza.