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Vi spiego perché l’America non è riuscita ad azzoppare Huawei

Nella guerra dei semiconduttori, le sanzioni statunitensi hanno spinto Huawei a un impegno sempre maggiore nella missione per costruire una filiera completamente interna. L'analisi di Alessandro Aresu.

Secondo i dati della società di ricerche di mercato IDC, nel secondo trimestre di quest’anno Huawei ha ripreso la vetta del mercato cinese degli smartphone, segnalando il proprio ritorno in un settore molto competitivo. Lì Huawei è stata ferita – ma non a morte, come è evidente – dalle sanzioni e dai controlli sulle esportazioni degli Stati Uniti. Il gigante di Shenzhen è impegnato ora in Cina in una competizione serrata con altre aziende cinesi come Xiaomi, Vivo e Oppo, ed Apple si trova al quinto posto. Com’è noto, Huawei negli ultimi anni ha messo in atto quella che la responsabile storica dei semiconduttori dell’azienda, Teresa He Tingbo, ha definito una volta “una lunga marcia”, la strategia di riduzione della dipendenza tecnologica nell’ecosistema microelettronico e nel sistema operativo.

IL MERCATO DEGLI SMARTPHONE

La situazione del mercato degli smartphone in Cina va contestualizzata nel percorso di un’azienda che Jensen Huang di NVIDIA ha definito un concorrente “formidabile, perché ha conquistato ogni mercato in cui è entrata” e di cui il libro della giornalista del Washington Post Eva Dou, “House of Huawei”, fornisce un affresco importante, soprattutto in relazione ai primi anni dell’azienda, fondata nel 1987, e alla vicenda del fondatore Ren Zhengfei e dei suoi collaboratori storici.

LA RIVINCITA DI HUAWEI NEL 5G

Una prima domanda utile per leggere l’esito della guerra tecnologica di cui Huawei e Ren Zhengfei sono ormai i veterani, è: l’azienda di Shenzhen è stata sconfitta nel mercato del 5G? La risposta è no. Nel 2018, Neil McRae di BT diceva che “c’è un solo vero fornitore di 5G nel mondo, Huawei”. In seguito, le forniture di Huawei sono state escluse negli Stati Uniti (mai un mercato davvero rilevante) e in altri Paesi della sfera statunitense, dai Five Eyes (dove il grande problema era il rapporto simbiotico di Huawei col Regno Unito) all’Europa occidentale, all’Australia. La pressione politica degli Stati Uniti ha sfruttato anche, chiaramente, i problemi della Cina con altri Paesi asiatici, aprendo opportunità commerciali per i concorrenti. Qual è stato però l’esito? Il mercato cinese è il più grande al mondo per il 5G, è presidiato da Huawei e ZTE, e le alternative come Ericsson e Nokia hanno, come prevedibile, dovuto rinunciarvi. La leadership complessiva di Huawei, che resiste tuttora, poggia quindi anzitutto sul mercato interno, ma anche su Asia, Africa, alcune parti del Medio Oriente e Sud America. In questa partita di Go, Pechino ha quindi potuto mostrare che chi ha bandito Huawei non è “il mondo”.

LA PARTITA NEI SEMICONDUTTORI

Nella cruciale guerra dei semiconduttori, le sanzioni statunitensi hanno spinto Huawei a un impegno sempre maggiore nella missione per costruire una catena di approvvigionamento completamente interna. Tra l’altro, come riportato da “Nikkei Asia”, dal 2019, una società controllata di Huawei, Hubble, ha investito in oltre 60 aziende cinesi legate ai chip, che vanno dalla progettazione e dai materiali alla produzione e al collaudo, spesso acquisendo quote inferiori al 10%. Huawei ha fornito supporto diretto e team di esperti a diversi partner e ha assunto centinaia di ingegneri con esperienza presso giganti del settore come TSMC, Intel, Applied Materials e KLA per supportare la supply chain. SiCarrier, società nata da una ex divisione di Huawei, cerca capitali per rafforzare le sue ambizioni nell’ecosistema dei macchinari e nelle nicchie che la Cina non ha ancora penetrato, perlomeno con la scala industriale necessaria a supportare la propria autonomia.

LE AMBIZIONI DI HUAWEI

Oltre a questi esempi, moltissimi altri potrebbero essere fatti, dalle soluzioni cloud e per data center, dalle applicazioni dell’intelligenza artificiale per uso industriale nelle miniere e nella logistica, fino all’auto elettrica. Gli investimenti in ricerca e sviluppo hanno continuato ad alimentare le ambizioni di Huawei, insieme all’eccezionale quantità e qualità del capitale umano di cui beneficia tutto l’ecosistema industriale cinese. Come ha affermato un ex dirigente di TSMC sentito da “Nikkei Asia” qualche mese fa, “non bisogna mai sottovalutare la Cina”, suggerendo che il percorso di Huawei l’ha dimostrato, e continuerà a farlo.

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