L’operazione target 5% è perfettamente riuscita e l’Occidente può ora avviarsi verso il fatidico riarmo. Ma come spenderemo noi europei le risorse aggiuntive pretese e ottenute da Trump per rafforzare la nostra difesa e dunque la deterrenza? Su questo punto Carlo Pelanda ha le idee molto chiare. Per l’analista, saggista e docente di Geopolitica economica all’Università degli Studi Guglielmo Marconi, i Paesi europei devono cooperare nella realizzazione del cosiddetto Eurodome, ossia uno scudo antimissilistico non meno efficace di quello di cui è dotata Israele. Ecco cosa ha detto Pelanda in questa conversazione con Start Magazine nella quale sottolinea anche le ricadute civili degli investimenti in materia di difesa ed esorta a resistere alle sirene pacifiste e ad adottare un’ottica di realismo politico onde evitare di farci cogliere impreparati dagli scenari geopolitici anche brutali che potrebbero presentarsi nei prossimi decenni.
Donald Trump insomma c’è riuscito: l’operazione target 5% è stata centrata.
Sul piano nominale direi proprio di sì. Quanto a quello sostanziale, prevedo che ci sarà molta flessibilità affinché le nazioni europee abbiano il tempo di definire le loro azioni di riarmo, che dovranno essere compatibili con gli standard di sicurezza della Nato, su cui però non c’è ancora sufficiente chiarezza. Prevedo dunque un percorso negoziale che durerà parecchi anni.
Anni durante i quali negozieremo cosa con gli Usa?
Non dobbiamo dimenticare che per Trump era importante che gli europei piegassero la testa accettando il famoso standard del 5%. Dal canto loro, gli europei non potevano fare altrimenti perché ciò che è importante per loro era ridurre al minimo possibile i dazi minacciati da Trump. E questo aveva messo sotto pressione soprattutto Germania e Italia le cui economie sono trainate dall’export. Insomma lo scambio era molto evidente malgrado non ne conosciamo ancora tutti i dettagli.
Insomma la paura fa novanta.
Certamente, anche se bisogna dire che Trump ha esagerato perché le sue pressioni economiche sugli alleati hanno finito per generare un danno al suo stesso elettorato. Infatti ora il presidente Usa sta modificando alcuni suoi comportamenti su pressione della sua stessa amministrazione che gli sta indicando una strada meno violenta e più produttiva. Insomma lo scenario globale, dopo gli scossoni trumpiani della prima ora, si sta adesso orientando verso una pausa. Del resto l’obiettivo di Trump è di non perdere le elezioni di medio termine che si terranno l’anno prossimo, ed è per questo che ha gradualmente moderato il suo approccio, cercando di stringere accordi con tutti e di ridurre al più possibile gli eventuali danni.
Resta il fatto che ora in materia di difesa l’Occidente si è impegnata a investire un bel gruzzoletto. Come sarà impiegato?
Questi soldi aggiuntivi andrebbero impiegati nella costruzione di uno scudo antimissile, che il nostro gruppo di ricerca chiama Eurodome.
Chi lo dovrebbe fare?
Gli europei hanno già una parte della tecnologia, l’importante è che si mettano d’accordo. Penso in particolare al consorzio MBDA in cui l’Italia svolge un ruolo da protagonista. Ricordo ad esempio il missile Aster, ideale per la parte a corto raggio dello scudo antimissile. Invece per l’intercettazione a livello orbitale dovremo necessariamente fare affidamento alla tecnologia americana.
Quali sarebbero i vantaggi per noi europei?
Anzitutto la realizzazione di Eurodome sarebbe una palestra di integrazione per Paesi che al momento non son del tutto convergenti. Non dobbiamo dimenticare poi che tutti gli investimenti in materia di difesa hanno una ricaduta civile. Si tratta infatti di soldi da spendere e di personale da formare e assumere. Del resto la Germania sta già riorientando verso la difesa una parte significativa del suo complesso industriale ormai obsoleto.
Ma questo Eurodome da quali minacce ci dovrebbe proteggere?
A parte le contingenze come la minaccia russa, per fermare la quale abbiamo già le tecnologie adeguate, dobbiamo guardare la questione in una prospettiva di almeno 15-20 anni. In questo lasso di tempo si verificheranno molte cose, non ultimi i cambi di regime in Russia e in Cina i cui leader non sono eterni. Va sottolineato a tal proposito che nei sistemi non democratici i cambiamenti delle élite avvengono sempre in modo violento. Putin ad esempio è sicuramente un “cattivone”, ma chi ci assicura che dopo di lui non subentri un leader ancora più spregiudicato? Lo stesso vale per la Cina, che è una dittatura ancora più ferrea.
Quali saranno le altre ricadute del riarmo europeo?
Al di là del rafforzare la deterrenza, finalmente potremo muoverci verso una Nato autenticamente globale. Del resto le tecnologie che si stanno sviluppando muovono proprio in questa direzione, e qui il pensiero va al caccia di sesta generazione che l’Italia sta sviluppando insieme a Gran Bretagna e Giappone. Anche gli americani d’altronde stanno sviluppando una promettente sesta generazione, mentre i cinesi restano ancora molto indietro. Ma non dobbiamo dimenticare anche la parte navale, su cui gli europei risultano molto avanti, così come tutti gli altri comparti come la robotica o la sensoristica. Certamente tutti questi passaggi richiederanno una sensibilizzazione di un’opinione pubblica che in questo momento appare molto debellicizzata.
A tal proposito, cosa direbbe a chi afferma che se vuoi la pace devi preparare la pace?
Gli suggerirei un corso accelerato di realismo politico, perché l’attuale pacifismo stride molto con la normalità storica che non è mai stata e continua ad essere assai poco benigna. Se vuoi la pace devi necessariamente mostrare la tua superiorità a scopo di deterrenza. Del resto in Italia c’è l’ipotesi di realizzare una portaerei nucleare, proprio nell’ottica dell’andare globali insieme agli alleati del Pacifico.