La tecnologia non è solo è un motore di crescita economica, ma anche un fattore cruciale nel determinare l’influenza geopolitica e la potenza militare di una nazione. Tuttavia, come scrive il settimanale britannico The Economist in un recente articolo intitolato “Chi sta guidando la competizione tecnologica globale”, tentare di misurare chi stia guidando un determinato settoretecnologico, calcolando i relativi margini di vantaggio e stilando così una graduatoria dei Paesi, non è un’impresa da poco conto.
A tentare di farlo e con risultati che appaiono convincenti è un indice elaborato da alcuni ricercatori di Harvard in uno studio pubblicato all’inizio di questo mese. Si tratta di un’indagine altamente innovativa che stila una classifica di 25 Paesi sulla base della rispettiva posizione in cinque ambiti tecnologici chiave – intelligenza artificiale (IA), semiconduttori, biotecnologia, spazio e tecnologia quantistica.
Ad emergere, come vedremo ora, è il ruolo dominante degli Usain gran parte dei settori considerati, incalzati però da altre nazioni che stanno rapidamente guadagnando terreno minando la supremazia del colosso statunitense.
L’IA tecnologia chiave.
L’IA è il settore che ha maggiormente catturato l’interessegenerale oltre a quello dei governi che stanno mettendo in campo grandi investimenti e iniziative ambiziosissime. Significativamente, ricorda l’Economist, il vicepresidente UsaJ.D. Vance ha parlato di una vera e propria “corsa agli armamenti”con riferimento all’intensa competizione in corso tra grandi e medie potenze su chi avrà il primato in questo campo.
Come emerge dallo studio di Harvard, gli Usa detengono attualmente la prima posizione in classifica grazie ai loro pionieristici progressi, alla potenza di calcolo sviluppata già nei primi stadi di sviluppo dell’IA e, naturalmente, al dominio esercitato da campioni nazionali come OpenAI e Nvidia.
Ciò detto, la Cina non se ne sta certo con le mani in mano e sta anzi emergendo come un temibile concorrente. Il suo modello DeepSeek R1 compete infatti con quelli americani e occidentali con il non trascurabile vantaggio dei costi assai inferiori.
Come evidenzia l’Economist, la tecnologia cinese, pur risultandomeno attenta alla privacy dei dati elaborati, beneficia di un vasto bacino di talenti in campi quali l’informatica e l’ingegneria, coltivati a centinaia di migliaia nei principali atenei del Paese.
Questo fattore umano conferisce a Pechino un vantaggio competitivo che risultava evidente già nel 2023, anno in cui i ricercatori cinesi avevano prodotto circa il 23% delle pubblicazioni scientifiche sull’IA a livello globale, superando tanto gli Usa (9%) quanto l’Europa (15%).
L’India potenza emergente dell’IA.
La stampa descrive spesso l’India come una futura potenza tecnologica che sarà presto alla pari coi colossi americano e cinese. Nell’indice di Harvard il Paese si posiziona però al momento solo al decimo posto complessivo e in particolare al settimo nel solo settore dell’IA.
Questa performance comunque non trascurabile si deve al fatto che, al pari della Cina, il subcontinente vanta un’abbondanza di talenti ingegneristici, oltre alla disponibilità di centinaia di milioni di utenti internet che sono potenziali o effettivi fruitori dei modelli autoctoni di IA.
Ma la corsa indiana è frenata dalla relativa penuria di investimenti oltre che dalla mancanza di dati utilizzati per l’addestramento deimodelli linguistici avanzati impiegati nell’IA. Tutto ciò determinainesorabilmente un progresso a passo relativamente lento, tanto che i ricercatori di Harvard parlano dell’India come di un Paese ove ancora non si è registrata nel campo dell’IA una vera e propria innovazione dirompente.
I semiconduttori al cuore della corsa tech
I semiconduttori sono il pilastro dell’indice di Harvard, e qui il primato americano appare decisamente meno netto. Come osserva The Economist, gli Usa eccellono nella progettazione dei chip, ma è l’Asia orientale il centro nevralgico della loro produzione. Paesi come Cina, Giappone, Taiwan e Corea del Sud superano infattil’America quanto a capacità manifatturiera e accesso ai materiali specializzati necessari per la realizzazione dei semiconduttori.
Tuttavia, un’alta capacità produttiva non equivale necessariamentea innovazione. La Cina ad esempio, pur essendo priva di impianti per chip avanzati, si distingue per la vasta produzione di semiconduttori di fascia bassa che impiega massicciamente anche in altri settori tech come l’elettronica di consumo (vedi caso Huawei).
Sulla scorta della ricerca di Harvard, l’Economist pone l’accentoanche su quelli che vengono definiti colli di bottiglia della filiera globale. L’olandese ASML, come è noto, è l’unico produttore al mondo di macchine per la fabbricazione di chip avanzati, mentre Taiwan ospita TSMC, che produce fino al 90% dei semiconduttoripiù potenti.
Competizione serrata nelle biotecnologie
In altri settori tecnologici la competizione tra le potenze appareancora più serrata. Come scrive l’Economist riportando i dati dell’indice di Harvard, gli Usa occupano la prima posizione nel campo cruciale delle biotecnologie. Un primato derivante dai loro successi nella ricerca sui vaccini oltre che nell’ingegneria genetica.
È tuttavia la Cina a dominare nella produzione di farmaci, oltre avantare un maggior numero di scienziati biotecnologici, e questifattori fanno intravedere nel prossimo futuro, se non un sorpasso, quanto meno un avvicinamento all’attuale primato statunitense.
Negli ultimi dieci anni, del resto, Pechino ha potenziato enormemente le sue capacità di ricerca, e, se questo trend dovesse persistere, il sorpasso rispetto agli Usa potrebbe essere cosa fatta.
E l’Europa? Stando ai dati di Harvard, il Vecchio Continente sta letteralmente arrancando. I suoi riconosciuti punti di forza accademici non si traducono infatti in successi commerciali, e quindi il suo destino sembra essere quello di ricoprire una posizione gregaria in un settore segnato dal vistoso dinamismo delle prime classificate.
L’ascesa della Cina.
Più che il consolidato primato americano, il dato più interessante che emerge dalla ricerca condotta dai ricercatori della famosa università americana è la rapida avanzata di una Cina che punta esplicitamente a superare i rivali della superpotenza n. 1. In particolare, il suo approccio all’IA appare premiato dal fatto diprivilegiare l’applicazione pratica rispetto alle scoperte teoriche in cui eccellono i concorrenti a stelle e strisce.
La prossima fase del potere globale potrebbe dunque dipendere non solo da chi sviluppa gli strumenti più avanzati, bensì da chi sarà in grado di utilizzarli per primo applicandoli nei più diversi campi.
La conclusione dell’Economist è che a risultare decisiva nella grande corsa a chi detiene il primato tech sarà la capacità di trasformare l’innovazione in risultati tangibili oltre che fruibili a livello generale.