Oggi Piero Ignazi invita alla prudenza la sinistra – le sinistre? Il centrosinistra? Le opposizioni? – rispetto alla vittoria genovese, allineandosi alle osservazioni di Paolo Pombeni e Gianfranco Pasquino. Gli intellettuali di area, diciamo così, freddano i già non roventi entusiasmi per la riconquista della Lanterna: ci avevano pensato da soli, i due principali partiti di minoranza, essendo molto più portati a farsi reciproca concorrenza che non ad allearsi, a ricordarsi le loro inguaribili differenze e diffidenze. E comunque il gran giorno sarà il 7: manifestazione per Gaza – per la pace? Contro Bibi? Contro Israele? (ma non antisemiti, mi raccomando) – e soffietto per il referendum del giorno dopo. Un passo che potrebbe rivelarsi molto più lungo della gamba.
Insomma: campo largo ma de che, se non la pensiamo davvero allo stesso modo? Non si va lontano, soprattutto contro una maggioranza solida. Dall’altra parte, quella per l’appunto stabile, c’è ogni tanto qualcuno che solleva la polemica, ma con garbo. Edoardo Rixi, viceministro leghista che sperava di essere candidato governatore in Liguria, già deluso come la sua rivale Ilaria Cavo dalla scelta di Marco Bucci, ha detto sulla sconfitta a Genova alcune cose un pochino antipatiche ma veritiere, senza esagerare (si poteva dire che togliere Bucci da sindaco ha fatto perdere la città, semplicemente).
Di nuovo, c’è un centrodestra non troppo diviso nelle sconfitte mentre le opposizioni sono divise anche nelle vittorie. E non possono nemmeno più tanto auspicare l’appoggio di Mattarella come prima, vedi prima discorso molto equilibrato ai nuovi magistrati (tutti i poteri sono da controllare, regolatevi con i social…) e poi il ricevimento al Quirinale del capo della Polizia in difesa dalle accuse europee. Che a qualcuno è parso (anche se magari non lo era) un assist al nostro governo poliziottesco, sempre e comunque con le divise, tra l’altro proprio nel culmine della feroce lite sul dl sicurezza…
Però nella maggioranza ci sono altre questioni pendenti, sempre locali: il terzo mandato, il Friuli Venezia Giulia, le Regioni a statuto speciale. Anche queste gestite con grande capacità. Il centrodestra sa dividersi, discutere e litigare. Certo, ci sono altre elezioni amministrative, dove si rischiano nuove sconfitte, soprattutto nelle Marche dove tira bruttissima aria per il governatore uscente Acquaroli. Vedremo.
Sabino Cassese qualche giorno fa ha tessuto un “elogio inattuale” dei partiti, ormai negletti, scordandosi che ai tempi in cui stracomandavano c’era clientelismo diffusissimo, corruzione endemica, uno strapotere anticostituzionale che non può essere rimpianto. Questa è nostalgia insensata, truffaldina (la nostalgia lo è per definizione). Che confonde un mezzo con il fine: i partiti, e persino la democrazia liberal-parlamentare, devono servire a qualcosa, cioè a dare il bene alle persone, la libertà, la felicità, la tranquillità, il senso della vita. Difficile, impossibile? E qui arriva Massimo Recalcati che parla del declino della politica, constatazione banale ma inoppugnabile vista l’indifferenza dei cittadini.
La sinistra vinceva quando dava senso, in modo illusorio e con conseguenze spesso negative, tragiche. Oggi il senso lo dà la destra.