Come anticipato, ieri la Federal Reserve Open Market Committee (FOMC) ha alzato il tasso di riferimento di altri 25 punti base (pb) e ha modificato il proprio messaggio. Se prima si anticipava una stretta ulteriore della politica monetaria, oggi si parla invece di monitorare attentamente le informazioni sui dati in arrivo, per determinare se sarà tale stretta sarà davvero opportuna. Complessivamente, riteniamo che l’annuncio della FOMC sia in linea con le aspettative degli investitori, e che probabilmente siamo prossimi al picco massimo del tasso di riferimento massimo; ma l’orientamento generale resta in favore di un rialzo.
Durante la conferenza stampa, il Presidente Powell ha inoltre riconosciuto che la contrazione del credito bancario probabilmente peserà sull’attività economica futura, coerentemente con il nostro scenario di base per il 2023. Tuttavia, Powell sembrava più ottimista dello staff della Federal Reserve (e di quanto noi stessi prevediamo) sulla possibilità che l’economia statunitense possa evitare un’imminente recessione. Il principale disaccordo tra le stime della Fed e quelle degli investitori resta incentrato sulla possibilità di tagli dei tassi ufficiali nel 2023: la Fed non ne vede, mentre i mercati ne mettono in conto alcuni.
Per quanto riguarda la decisione della Fed di giugno, i dati chiave da tenere monitorati saranno quelli sull’inflazione, sugli indicatori dell’occupazione e sui prestiti bancari. I negoziati sul tetto del debito sono un altro rischio importante.
Se le pressioni inflazionistiche rimangono generalizzate, le opportunità di lavoro non continuano a diminuire e i negoziati sul tetto del debito procedono bene sullo sfondo, un aumento dei tassi a giugno sarebbe più probabile. Al contrario, se l’inflazione mostrasse segni di diminuzione, la contrazione del credito accelerasse o l’incertezza sul tetto del debito dovesse turbare il sentiment dei mercati, una pausa sarebbe molto probabile.
Riteniamo improbabile che la Fed prenda in considerazione un taglio dei tassi prima del 2024; questo non concorda con le valutazioni dei mercati finanziari, che incorporano già dei tagli anticipati al 2023.
L’IMPORTANZA DELL’INFLAZIONE
La direzione dell’inflazione sarà importante per le valutazioni obbligazionarie nel 2023. I dati dell’indice dei prezzi al consumo (IPC) della prossima settimana, relativi ad aprile, dovrebbero accelerare di nuovo, principalmente per effetto della benzina e dei veicoli usati, ma tale spinta potrebbe essere di breve durata.
Nel frattempo, i dati reali statunitensi sono stati finora contrastanti, eludendo un chiaro segnale direzionale per gli investitori o le autorità monetarie. Gli investimenti aziendali in apparecchiature per la produzione è diminuita per il secondo trimestre consecutivo, indicando che le imprese sono diventate caute sulle prospettive economiche; d’altro canto la spesa dei consumatori e del governo, insieme alle esportazioni, è rimasta forte nel primo trimestre 2023.
Vale la pena evidenziare che le recenti tensioni nel settore bancario non si sono ancora riflesse nei dati reali, ed è quindi troppo presto per trarre conclusioni decise. Prevediamo che gli Stati Uniti entreranno in una lieve recessione nel secondo semestre dell’anno, anche se vi è una minore probabilità che il ciclo economico si estenda, il che aumenterebbe anche il rischio di una contrazione più marcata lungo la strada.
Al di fuori del settore bancario, i segnali che arrivano dai mercati sono stati contrastanti: da un lato la volatilità azionaria si è stabilizzata nel mese di aprile, restando intorno ai minimi storici; anche la volatilità dei tassi si è ridotta rispetto a marzo, anche se non in pari misura. Gli spread sul credito restano piuttosto compressi, e potrebbero ampliarsi se gli investitori dovessero iniziare a incorporare nei prezzi i rischi di una recessione.