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Dollaro Euro

L’inflazione si infiammerà ancora?

Le prospettive dell’inflazione per i prossimi mesi e le ripercussioni sui mercati. Il commento di Alvaro Sanmartin, Chief Economist, Amchor.

Se considerassimo esclusivamente i dati sull’attività e sui prezzi negli Stati Uniti per il mese di gennaio e li proiettassimo sui mesi a venire concluderemmo che l’economia statunitense abba iniziato un processo di riaccelerazione che renderà difficile contenere le pressioni inflazionistiche senza un intervento molto aggressivo da parte della Fed.

COSA CAMBIERÀ NEGLI STATI UNITI

Riteniamo, tuttavia, che ciò che si è visto negli Stati Uniti durante il primo mese dell’anno possa essere di natura transitoria. In primo luogo, perché i cambiamenti nei modelli stagionali sulla scia della pandemia potrebbero aver distorto verso l’alto i dati sull’attività e sui prezzi negli Stati Uniti.

In secondo luogo, perché le temperature più alte del normale all’inizio dell’anno possono aver favorito temporaneamente alcuni segmenti del settore dei servizi, come la ristorazione.

Terzo, e più importante, perché è possibile che la forza mostrata dall’economia statunitense nelle prime settimane del 2023 sia dovuta anche all’allentamento (ora invertito) delle condizioni finanziarie verificatosi tra i mesi di novembre e gennaio. Cosa dobbiamo aspettarci quindi per gli Stati Uniti nei prossimi mesi?

Se le condizioni finanziarie rimarranno su livelli simili a quelli attuali, la cosa più probabile è che l’economia americana riprenda il percorso di un atterraggio morbido che sembrava iniziato nell’ultima parte del 2022, con una crescita economica al di sotto del potenziale (ma senza recessione) e con pressioni su salari e prezzi progressivamente in diminuzione.

E L’EUROPA?

Nel caso dell’Eurozona, ci aspettiamo qualcosa di simile: nella misura in cui le condizioni finanziarie rimangano in un territorio ragionevolmente ristretto (e il rendimento di un bund tedesco a 10 anni sopra il 2,5/2,7% sembra compatibile con questo scenario), crediamo che, forse da marzo/aprile, l’inflazione core inizierà un percorso di progressiva moderazione, con la crescita economica che in tutto il 2023 probabilmente sarà breve, ma positiva.

L’ATTERRAGGIO SOFT PER L’ECONOMIA AMERICANA

Negli Stati Uniti, da febbraio/marzo si nota una certa moderazione dell’attività economica, data da richieste di mutuo per l’acquisto della casa che, nelle ultime due settimane, starebbero mostrando come il settore immobiliare sia di nuovo teso a livello finanziario. Per questo, continuiamo a pensare che, nella misura in cui la curva dei tassi di interesse si mantenga su livelli simili a quelli di fine febbraio, lo scenario più probabile per l’economia americana sia ancora l’atterraggio soft, con una Fed che alzerà i tassi ancora una o due volte e li manterrà stabili finché l’inflazione di fondo non si muoverà verso l’obiettivo del 2%.

COME ANDRÀ L’INFLAZIONE NELL’EUROZONA

Nell’Area Euro, anche per il fatto che la Bce è stata molto più lenta ed esitante rispetto alla Fed nell’inasprire la politica monetaria, non c’è ancora alcun segno di moderazione dei prezzi e dei salari. Tuttavia, è innegabile che il cambiamento di atteggiamento dalla Bce dallo scorso dicembre stia inasprendo in modo significativo le condizioni finanziarie in tutta l’Eurozona.

In prospettiva, anche se è molto difficile prevederlo con esattezza, un tasso terminale intorno al 3,5% per il tasso di deposito ci sembra, in linea di principio, sufficiente a garantire che, forse a partire da marzo o aprile, l’inflazione core possa iniziare a moderarsi anche da questa parte dell’Atlantico.

I RISCHI

Per quanto riguarda Cina e Sud-est asiatico rimaniamo ottimisti sul comportamento macro di questa regione per tutto il 2023.

Ci sono alcuni rischi, tuttavia, cui è necessario prestare particolare attenzione. Da un lato, anche se tutti lo vorremmo, non è possibile sapere con certezza quale sia l’esatto livello dei tassi neutrali e quanto al di sopra di essi (e per quanto tempo) le banche centrali dovranno spingersi per controllare l’inflazione. Stando così le cose, nel caso degli Stati Uniti, siamo tutti in attesa di una moderazione dei dati delle attività per febbraio/marzo rispetto a quelli di gennaio. Se, al contrario, questa moderazione non avrà luogo, dovremo rivedere le nostre stime di quanto ancora la Fed dovrà alzare i tassi per controllare l’inflazione.

Allo stesso tempo, nel caso dell’Eurozona e per ragioni analoghe a quanto detto per gli Stati Uniti, dovremmo prestare particolare attenzione affinché i salari non accelerino ben oltre la crescita annua del 4-4,5% che abbiamo come scenario centrale. Questo perché una crescita ben al di sopra di questi tassi genererebbe, molto probabilmente, effetti di ritorno dannosi, che darebbero ancora più persistenza all’inflazione europea e costringerebbe la Bce a far aumentare i tassi più di quanto pensiamo.

D’altra parte, sarà necessario tenere conto anche dei rischi non economici. E, in particolare, a possibili azioni disperate di Putin, come il sabotaggio della fornitura di energia all’Europa dai paesi terzi; un potenziale passo falso della Cina, nel senso che l’eventuale eccessivo sostegno alla Russia da parte del gigante asiatico potrebbe portare all’applicazione di sanzioni; e, ancora, una risoluzione “non amichevole” del dibattito sul tetto del debito americano.

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