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Privacy e Gdpr, ecco perché Springer, Condé Nast, Bloomberg borbottano contro Google

L’articolo di Giovanni Galli, giornalista di Italia Oggi, su cosa dicono i grandi editori sul regolamento Gdpr e su Google… C’è una conseguenza inattesa dell’entrata in vigore del nuovo regolamento europeo Gdpr (General data protection regulation) sulla privacy. Una conseguenza che per gli editori bisognerà affrontare concretamente già a partire da oggi: toccherà infatti alle…

C’è una conseguenza inattesa dell’entrata in vigore del nuovo regolamento europeo Gdpr (General data protection regulation) sulla privacy. Una conseguenza che per gli editori bisognerà affrontare concretamente già a partire da oggi: toccherà infatti alle case editrici, che utilizzano gli strumenti pubblicitari di Google, raccogliere il consenso degli utenti per l’utilizzo dei loro dati ai fini promozionali.

NODO GOOGLE

Il motore di ricerca non ha intenzione di farsi carico dell’operazione obbligatoria né tantomeno di rischiare di essere tirato in causa durante eventuali diatribe giudiziarie avviate dai singoli utenti. Però gli editori, con le loro rispettive risorse, avranno qualche difficoltà a fare incetta di autorizzazioni.

RISCHIO PUBBLICITA’

Secondo una stima pubblicata da Le Figaro, a rischio c’è il 60% degli introiti pubblicitari per molti editori che si affidano alle piattaforme della grande G come Double click for publishers. «È un po’ come se tutti gli utenti internet cancellassero in un solo colpo i loro cookies», ha spiegato un esperto al quotidiano francese, riferendosi a quegli strumenti che registrano informazioni sulla navigazione degli internauti.

L’ANNUNCIO

Il colosso Usa di Menlo Park in California ha già annunciato una serie di soluzioni che aiuteranno gli editori nella raccolta di firme virtuali. Per esempio viene proposto uno strumento che, tramite notifiche pop-up, chiederà direttamente agli utenti se acconsentono o meno all’utilizzo dei loro dati ai fini pubblicitari. Le possibilità di risposta è semplice: sì o no.

COSA DICONO GLI EDITORI

Di contro, gli editori capitanati dai tedeschi di Axel Springer (editore del quotidiano Bild), gli americani di Bloomberg e di Condé Nast ma anche i britannici di The Guardian hanno puntato l’indice su una questione più di principio, da cui è poi scaturita tutta la querelle: Google non torna sui suoi passi, non chiederà il consenso agli utenti per l’utilizzo di dati fuori dai propri domini scaricando così l’onere sugli editori.

IL NODO CONTROVERSO

Il che vuol dire, di fatto, sempre secondo gli editori, che il motore di ricerca non solo schiva gli obblighi del nuovo regolamento Ue ma soprattutto rafforza il suo potere contrattuale proprio nei confronti delle case editrici. In sintesi Google non vuole passare per detentore di dati altrui ma solo per la piattaforma che li lavora.

LE MULTE POTENZIALI

A intimorire gli editori ci sono anche le multe previste dalla nuova regolamentazione, che possono arrivare fino al 4% del fatturato dei singoli editori. Nel caso del New York Times, tra gli altri, una sanzione pecuniaria può valere fino a 56 milioni di dollari (pari a quasi 48 milioni di euro).

I PRECEDENTI

Comunque questa non è la prima volta (né forse la principale) che gli editori si scagliano contro Google, specialmente Mathias Döpfner, a.d. di Axel Springer, che in Europa aveva aperto uno scontro frontale contro la multinazionale guidata dall’a.d. Sundar Pinchai, proprio sul fronte pubblicitario lamentando l’oligopolio di fatto di Google in tutto il mondo.

(articolo pubblicato da Italia Oggi)

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