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Turchia Siria

Erdogan a Roma, ecco fatti, incontri e polemiche

Che cosa farà e chi vedrà a Roma il presidente della Turchia Reazioni contrastanti e non poche proteste. La visita a Roma di Recep Tayyip Erdogan, il presidente turco, non è ben gradita a tutti. La città è blindata ed è stata delineata una green zone con strade inaccessibili anche ai pedoni, blocco momentaneo degli…

Reazioni contrastanti e non poche proteste. La visita a Roma di Recep Tayyip Erdogan, il presidente turco, non è ben gradita a tutti. La città è blindata ed è stata delineata una green zone con strade inaccessibili anche ai pedoni, blocco momentaneo degli autobus e bonifiche a tappeto. Ma la Turchia, meglio il suo Presidente, sempre pronto a mettersi personalmente in gioco per le questioni del Medio Oriente, incontra in queste ore Sergio Mattarella, Paolo Gentiloni e Papa Francesco. Si parlerà di diritti umani, di nuovi impegni, di buoni propositi, ma anche di affari. Erdogan vedrà, infatti, i vertici di alcune aziende chiave dell’economia nostrana.

Erdogan a Roma. Gli impegni con le istituzioni

Durerà solo 24 ore la visita di Erdogan in Italia. Atterrato all’aeroporto di Fiumicino alle 19 di domenica 4 febbraio, il presidente accompagnato dalla moglie incontrerà il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il presidente del Consiglio dei Ministri, Paolo Gentiloni e Papa Francesco.

Argomenti dell’incontro con Mattarella e con Gentiloni saranno la politica, l’economia e la difesa, “in particolare l’accordo raggiunto per la vendita degli elicotteri Agusta”, ha spiegato Erdogan. Si parlerà anche dell’operazione militare che la Turchia sta svolgendo nel nord della Siria e alla lotta di Ankara contro il terrorismo.

Con il Papa, invece, avrò “l’opportunità significativa di attirare l’attenzione sui valori umani comuni, l’amicizia e i messaggi di pace”.

Un appello: focalizzate i discorsi sui diritti umani

E proprio sulla questione di valori e diritti umani si sono espressi magistrati e giornalisti. L’Associazione nazionale magistrati e la Federazione della stampa chiedono, in una lettera inviata a Mattarella, che “venga posta attenzione alla questione dei diritti umani violati” in Turchia. I giardini di Castel Sant’Angelo, invece, accoglieranno un sit-in della rete Kurdistan Italia.

Erdogan e gli affari

La visita di Erdogan a Roma ha anche interessi economici. Nel tardo pomeriggio del 5 febbraio, Impregilo, Leonardo, Pirelli, Snam, Ferrero, Astaldi, e probabilmente il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, incontreranno Erdogan.

Turchia ed Europa: un difficile rapporto

Nel 1999 alla Turchia fu ufficialmente riconosciuto lo status di “paese candidato destinato ad aderire all’Unione in base agli stessi criteri applicati agli altri Stati”, nel 2005, si aprirono i negoziati per l’adesione. Ma quello che un tempo poteva sembrare, a prima vista, l’inizio di un nuovo capitolo per Vecchio Continente e Medio Oriente (la Turchia avrebbe potuto rappresentare un ponte tra mondo cattolico e mondo islamico) ha incontrato nel corso degli anni, ostacoli importanti. Problemi regionali e nazionali della Turchia hanno compromesso le relazioni con alcuni Paesi europei. Dal 2006 a oggi le due parti hanno aperto i negoziati su solo 16 dei 35 settori (tra cui diritti umani, libertà di movimento dei lavoratori, energia) in cui il governo turco deve dimostrare di essersi adeguato alla legislazione e ai principi europei. Solo uno di quei capitoli è stato chiuso.

Oggi la Turchia non è lo stesso paese del 1963, quando aveva espresso interesse iniziale per unirsi a quella che poi è stata chiamata Comunità economica europea. Né è rimasta la stessa di quando è divenuto un paese candidato. La popolazione si è quasi triplicata, mentre il PIL è cresciuto. Ma tante ancora sono le cose che all’Europa non gradiscono, come il  progressivo accentramento di poteri compiuto da Erdogan. La Turchia di Erdogan imprigiona gli oppositori, censura la libera stampa e i social, soffoca il libero dibattito, stravolge la costituzione in senso autoritario.

Un primo spiraglio verso un possibile accordo tra le parti arrivò nel 2016, quando l’Europa chiese ad Ankara aiuto per bloccare il flusso di emigranti, soprattutto siriani, che attraverso i Balcani cercavano un rifugio in Europa.

Questo, però, non è bastato ad aprire le porte dell’Ue ad Erdogan. Solo pochi mesi dopo, infatti, ad essersi schierata in modo ufficiale all’ingresso della Turchia in Europa è stata la Germania. La cancelliera tedesca, nel corso della sua campagna elettorale, in un dibattito televisivo con Martin Schulz, ha dichiarato che “la Turchia non dovrebbe diventare un membro dell’Unione Europea”. Frase a cui è seguita, prima, una reazione immediata del Presidente turco, in cui chiedeva chiarezza e azioni coerenti con quanto dichiarato: i leader europei, sosteneva Erdogan, devono fare “quello che ritengano necessario” se davvero non intendono continuare ad avere rapporti con il suo Paese.

Ad ottobre del 2017, poi, lo stesso Erdogan, in un discorso al Parlamento, ha affermato: “a dire il vero, non abbiamo più bisogno di entrare nell’Unione Europea”. Difficile stabilire ora quello che succederà, certo che la questione non è di facile risoluzione.

Quali i rapporti con l’Italia?

Italia e Turchia, invece, ci riprovano. Risale a febbraio 2017, infatti, il primo tentativo di rilanciare una cooperazione economia dopo quattro anni di stallo. Il 2 febbraio si è tenuta ad Istanbul la prima riunione della commissione mista Jetco (Joint economic and trade commission) in occasione della visita del ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, con la firma del protocollo Jetco, siglato per la Turchia dal ministro dell’Economia Nihat Zeybekci.

Un nuovo inizio che sembra soddisfare il presidente turco, non solo a livello commerciale. “Con l’Italia i nostri rapporti sono eccellenti” ha commentato il presidente turco, Recep Tayyp Erdogan prima di partire per l’Italia. Con Roma, ha spiegato, “lavoriamo insieme per la pace e stabilità del Mediterraneo e siamo alleati in ambito Nato. Aggiungo che il volume di scambi commerciali tra i nostri due Paesi ha toccato i 30 miliardi di dollari”.

Erdogan, il presidente anti-social

socialIl modo di fare politica di Erdogan si esprime anche nella censura. Più volte, infatti, la Turchia ha bloccato l’accesso ai social come Facebook e Twitter. Restrizioni di internet si sono avute in occasione del fallito colpo di Stato, nel mese di Luglio 2016. Il 16 luglio, mentre i militari provavano a prendere il controllo del Paese, contemporaneamente i social network -Facebook, Twitter e Youtube- venivano oscurati mentre il presidente turco Recep Tayyip Erdogan sfruttava proprio FaceTime per collegarsi all’emittente privata CNN Turk (occupata dai ribelli subito dopo il collegamento) e parlare in diretta ai suoi cittadini, rassicurandoli. Il profilo ufficiale della presidenza turca, su Twitter lanciava messaggi di supporto ad Erdogan.

Ad aprile 2015, Facebook, Twitter e Youtube furono bloccati per aver pubblicato le foto del pm Mehemet Selim Kiraz, ucciso nel tentativo di essere liberato dalle teste di cuoio (il pm era stato rapito da due brigatisti del Dhkp-C). Nel 2014, invece il Governo decise di bloccare i social network alla vigilia delle elezioni amministrative, a causa delle notizie sulla corruzione che giravano sulle piattaforme e che avevano come principale accusato l’allora primo ministro Erdogan, nel frattempo eletto Presidente.

Una nuova stretta è arrivata a dicembre 2016, quando il Governo ha deciso di  bloccare anche Tor, un sistema di comunicazione che permette agli utenti di viaggiare i forma anonima e sicura.  Nel mirino di Ankara, infatti, sembrano essere finite anche le cosiddette Vpn (virtual private network), reti private virtuali in grado di mettere in piedi connessioni cifrate e sicure, spesso utilizzate in ambito aziendale ma anche da chi voglia nascondere il proprio indirizzo IP appoggiandosi a server allocati altrove e dunque bypassando i blocchi locali.

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