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Startup

Startup innovative: cambiano le regole per gli incubatori

Cambiano i parametri per l’iscrizione al registro degli incubatori di startup innovativi certificati: servono 100 metri quadri in più di superficie catastale   Gli incubatori di startup, con superfici sotto i 500 metri quadrati, non hanno diritto agli incentivi: lo ha deciso il Ministero dello Sviluppo economico, dopo un’indagine con le associazioni di categoria PniCube…

Cambiano i parametri per l’iscrizione al registro degli incubatori di startup innovativi certificati: servono 100 metri quadri in più di superficie catastale

 

Gli incubatori di startup, con superfici sotto i 500 metri quadrati, non hanno diritto agli incentivi: lo ha deciso il Ministero dello Sviluppo economico, dopo un’indagine con le associazioni di categoria PniCube e Apsti.

Proviamo a capire. Date le risorse limitate, l’accesso ai fondi è subordinato all’iscrizione delle startup e degli incubatori in un apposito registro, sulla base di alcuni requisiti fissati per legge. Tra questi, appunto, la superficie minima di spazio: passata da 400 a 500. Oggi gli incubatori certificati sono 36, ma non si sa quanti di questi potranno ancora godere dei benefici.

Obiettivo delle nuove norme ministeriali è quello di rendere più omogeneo ed organizzato il Panorama startup italiano. “Ad oggi la scena delle startup italiane è ancora molto frammentata e piena di feudi locali. Con questo provvedimento vorremmo coagulare quanto c’è di meglio in alcuni poli, evitando dispersioni territoriali”, ha spiegato Mattia Corbetta, membro della Direzione generale per la politica industriale del ministero.

Startup innovative e incubatori: i 100 metri quadri in più fanno discutere

startupLa nuova norma ha già fatto discutere. “È un peggioramento di una normativa già per sua natura sbagliata. Siamo l’unico paese avanzato ad essersi inventato una definizione burocratica di startup e di incubatore”, ha affermato Peter Kruger, 46 anni, ceo di Startupbootcamp, uno dei maggiori incubatori europei di aziende tecnologiche, sbarcato in Italia e dedicato alle aziende innovative del settore cibo.

“Mi pare che chi norma in materia, non abbia la più pallida idea di cosa si intenda per startup in un qualsiasi paese civile, figuriamoci un incubatore o, come nel mio caso, un acceleratore”, ha continuato Kruger. All’estero “si mettono in campo strumenti per tutti, lasciando che sia il mercato a selezionare i migliori”.

La norma non piace, tra gli altri, a Riccardo Roggeri, a capo dell’incubatore Innogrow di Milano, 400 metri quadri esatti.Proprio l’ultima cosa che serve a un’azienda informatica. Siamo piccolini ma ospitiamo 17 startup, con altre due in entrata”, spiega Roggeri, che adesso deve trovare una soluzione rapida per non perdere la certificazione e i soldi.

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