La vecchia finanza non può permettersi di snobbare il Fintech. Che a sua volta ha bisogno della prima per reperire risorse. Il futuro è nella partnership. Parola di Roberto Lorini (Pwc)
C’è poco da fare, il futuro dell’economia è nelle aggregazioni. Perchè, inutile girarci attorno, la tecnologia corre più forte dell’economia e chi vuole sopravvivere deve necessariamente fare i conti con tale regola. Dunque abbracciare la rivoluzione del Fintech, senza compromessi. Banche, assicurazioni, finanziarie. Poco importa. L’importante è dotarsi di una struttura in grado garantire un costante aggiornamento tecnologico al proprio business. Ne sono convinti anche in Pwc, major mondiale della consulenza, che nei giorni scorsi ha diffuso un report sullo stato dell’arte del Fintech nel mondo (qui il documento). E la parola d’ordine, nemmeno a dirlo, è una sola: aggregazione.
Il rapporto Pwc

Uniti nel nome del Fintech
Il messaggio finale è dunque chiaro. Uniti si vince. Per Pwc emerge dunque un’intesa reciproca tra le parti, una sorta di patto. “Da una parte le start-up Fintech richiedono l’accesso ai capitali e ai clienti forniti dai protagonisti attuali e allo stesso tempo le grandi società finanziarie stanno iniziando a capire come le aziende Fintech potrebbero essere la chiave per superare finalmente le problematiche in termini di legacy tecnologica e comunicazione con il cliente”. Tecnologia in cambio di risorse per espandersi e crescere sul mercato.
Tre scenari per una rivoluzione

Il compromesso che vince
Alla fine però Lorini ha pochi dubbi. La soluzione prediletta sarà quella che accontenta tutti e che soprattutto conviene a tuti. “Quello che emerge dalla nostra ricerca è che si stanno ponendo le basi proprio per un modello di cooperazione fra banche e società finanziarie tradizionali e Fintech. È chiaro che questo processo necessita di grandi cambiamenti nei player tradizionali che passano attraverso un’evoluzione culturale e tecnologica. Ne sono testimonianza le aree di innovazione ed investimento prioritarie che includono la banca aperta, l’intelligenza artificiale e la capacità di raccogliere ed utilizzare le informazioni del cliente per migliorare la customer experience e poter rispondere alle esigenze di sempre maggiore personalizzazione della relazione e dei servizi”. Secondo l’esperto “le sfide sono molte, gli scenari di evoluzione sono ancora aperti, ma la fotografia che emerge dalla ricerca appena conclusa ci fa essere abbastanza confidenti che il sistema si stia avviando verso una evoluzione positiva cogliendo le opportunità che il mondo delle Fintech sta portando sul mercato”.
Il caso americano

E l’Italia?
Tornando allo studio di Pwc, l’analisi ha coinvolto anche venti aziende finanziarie italiane. Dal sondaggio è emerso che anche nel Belpaese l’80% delle banche è preoccupato dagli sviluppi del Fintech e pensa di aumentare le partnership con le società di questo settore nei prossimi 3-5 anni. I ritorni previsti da queste collaborazioni sono tuttavia inferiori rispetto alle attese degli operatori esteri (10% contro 20%) e solo il 36% degli interpellati (il 56% a livello globale) sono propensi a investire in risorse interne per l’innovazione. Gli investimenti in tecnologie che possono aiutare a ridurre il gap vengono invece abbracciate in Italia in misura anche superiore rispetto al contesto mondiale. In conclusione la ricerca evidenzia che il mercato Fintech in Italia è mediamente meno sviluppato rispetto ad altri Paesi, ma l’evoluzione mostra che sia le realtà finanziarie tradizionali che Fintech hanno avviato un percorso di collaborazione comune che potrà portare vantaggi al mercato nel suo complesso.







