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Elezioni Amministrative

Italia, elezioni anticipate: pro e contro

Troppo presto dire se l’Italia andrà ad elezioni anticipate, avviando una campagna elettorale sotto l’ombrellone. Le coneguenze della scelta, però, potrebbero pesare sull’economia   Elezioni anticipate sì o elezioni anticipate no. È questo il grande dilemma che divide analisti, politici ed economisti in questi giorni. Se arrivasse l’accordo sulla legge elettorale (il Belpaese potrebbe adottare…

Troppo presto dire se l’Italia andrà ad elezioni anticipate, avviando una campagna elettorale sotto l’ombrellone. Le coneguenze della scelta, però, potrebbero pesare sull’economia

 

Elezioni anticipate sì o elezioni anticipate no. È questo il grande dilemma che divide analisti, politici ed economisti in questi giorni. Se arrivasse l’accordo sulla legge elettorale (il Belpaese potrebbe adottare il sistema tedesco, adattandolo), si potrebbe già andare al voto a settembre. Forse la terza settimana, o forse prima del 15 come vuole il Movimento 5 Stelle.

C’è un piano di bilancio da passare, ma se l’accordo sulla legge elettorale tiene, penso che ci saranno elezioni anticipate in autunno”, ha detto a Reuters una fonte della presidenza della Repubblica. Dunque, potremo assistere ad una inedita campagna elettorale sotto l’ombrellone, ma i rischi di questa scelta non mancano. Approfondiamo insieme.

Elezioni anticipate “Sì”

Gentiloni elezioniSi parla di elezioni anticipate in Italia al 24 settembre oppure, al più tardi, il 22 ottobre. Il MoVimento 5 Stelle vorrebbe però che le elezioni si svolgessero entro il 15 settembre, possibilmente il 10, per evitare lo scatto dei vitalizi per 608 dei 945 parlamentari.

I pro di questa scelta sarebbero scontati per i cittadini, che finalmente dopo avrebbero un Governo legittimato dal volere della popolazione.

L’Italia ha assoluto bisogno di un governo con una forte legittimazione popolare, che possa prendere decisioni importanti sul modello di sviluppo, per uscire dalla crisi. Finora abbiamo visto tentativi di tamponare gli effetti della crisi, ma nessuna svolta, e il tempo sta scadendo”, avrebbe affermato alla Stampa Alessandro Rosina , docente di Economia alla Cattolica di Milano. Il voto in fase di approvazione della legge Bilancio porebbe solo delle controindicazioni, “ma nessuna di queste può produrre conseguenze ingestibili”.

Elezioni anticipate “No”

E’ proprio la legge Bilancio, invece, che frena economisti e analisti dal sostenere le lezioni anticipate. “Votare nel pieno della sessione di bilancio comporterebbe gravi rischi per l’Italia. Con un sistema elettorale proporzionale, il rischio è di restare per alcuni mesi senza governo e di essere nuovamente colpiti dalla speculazione internazionale sul nostro debito, in un momento in cui il QE della Bce potrebbe iniziare a ridursi” , avrebbe sostenuto alla Stampa Maurizio Ferrera, dell’ Università Statale di Milano.

Ma quali sono i motivi di preoccupazione? Proviamo a capirli insieme. Le date della chiamata al voto andrebbero ad incrociare le tappe fondamentali del cammino della Legge di Bilancio. Numerosi gli analisti che pensano che questo possa avere conseguenze devastanti sullo spread.

Il 27 settembre è prevista la scadenza per presentare la nota di aggiornamento al Def (Documento di economia e finanza); il 15 ottobre deve essere inviato a Bruxelles Il Draft Budgetary Plan, ovvero con uno schema completo e dettagliato della legge di Bilancio, è inviato a Bruxelles; il 20 ottobre, il Senato deve consegnare la legge di Bilancio al Parlamento. Le date, dunque, ruotano attorno a quelle delle elezioni. Ma a lavorare a tutto questo, se si andasse ad elezioni anticipate, non ci sarebbe nessuno.

Nemmeno il Premier attuale in carica Paolo Gentiloni. Sì, perchè per andare a voto anticipato, il Governo dovrebbe dare dimissioni tra i 70 e i 45 giorni prima, dunque tra non molto.

Anche votando nella prima data utile di settembre, il nuovo governo e le nuove Camere inizierebbero a lavorare solo a Novembre, saltando tout court le tappe della delle bilancio. Queto signifcherebbe optare per il cosiddetto esercizio provvisorio: resterebbe in in vigore la legislazione vigente, a partire dall’aumento dell’Iva per 17 miliardi, già innescato, che scatterebbe dal primo gennaio del 2018.

La cosa porterebbe l’Italia, secondo le agenzie di rating, quali Fitch, Dbrs e S&P, in una posizione alquanto scomoda sui mercati e anche lo spread ne risentirebbe.

Qual è il sistema di voto tedesco

Nella pratica, quello tedesco, è un sistema proporzionale, in cui la distribuzione del voto degli elettori si rispecchia con la distribuzione dei partiti in Parlamento. Dunque, se la forza politica ottiene il 40% dei voti nazionali, in Parlamento otterà il 40% dei seggi. Non solo: il sistema riprende anche alcune componenti del sistema maggioritario, in cui è previsto che i candidati, non i partiti, si affrontano direttamente nei collegi, passa chi riesce a ottenere voti in più.

Ci spieghiamo. Gli elettori tedeschi, infatti, dispone di due voti. Con il primo sceglie un singolo candidato all’interno del proprio collegio, in un sistema maggioritario, decidendo su chi dovrà essere eletto. Il secondo voto serve, invece, all’elettore per una lista o un partito. I candidati del colleggio scelti con il primo voto sono eletti in ogni caso, anche se sono in numero maggiore rispetto alla quota proporzionale che spetterebbe a un partito. In questo caso si aumenta il numero dei deputati aventi diritto ad elezione degli altri partiti, in modo da ottenere la proporzione decisa dal popolo. Il numero dei parlamentari non è dunque deciso a priori. Oggi, il Parlamento conta 630 membri. Nel 2009 erano composto da 622 membri.

I vantaggi del sistema elettorale tedesco

Facili da immaginare. Il sistema proporzionale non lascia spazio a distorsioni di vari tipo, secondo cui (come funziona nel sistema Britannico) basta avere la maggioranza per conquistare il 50% dei seggi.

Il sistema elettorale tedesco, poi, contribuisce a creare un rapporto diretto tra votanti e votati. Per farsi conoscere (e farsi votare) i candidati dei collegi uninominali, fanno campagna nel collegio poiché ottengono numerosi voti potranno essere eletti indipendentemente da come andrà il resto del partito nel “secondo voto”.

Come sarebbe il sistema tedesco – italiano?

Partiamo con il dire che in Italia non possiamo accogliere tout court il sistema elettorale tedesco, dal momento che, tra le altre cose, nella nostra Costituzione prevediamo un numero fisso di deputati. In Germania, a differenza che in Italia, c’è il federalismo e non c’è il bicameralismo perfetto.

Il sistema elettorale tedesco andrebbe quindi adattato alle nostre leggi. Fino ad oggi, si sa che i partiti principali sarebbero d’accordo sull’adozione di questo sistema, ma non c’è un testo definitivo che ci faccia comprendere come potrebbe essere.

Forse, proprio il fatto che debba esser adattato, procurerà non pochi problemi, portando i diversi partiti a ritirare il loro appoggio a questo sistema. Sicuramente, Partito Democratico, Movimento 5 Stelle, Forza Italia e Lega Nord dovranno decidere il da farsi se una lista elegge più candidati con il sistema maggioritario di quanti gliene spettino con quello proporzionale. Si tratta di cose da dover stabilire prima e a priori, dal momento che il numero dei deputati non è flessibile.

Cosa cambierebbe?

Il confronto arriva con il Mattarellum, ovvero il sistema utilizzato in Italia fino al 2006.

La legge elettorale italiana incentiva la coalizione dei diversi partiti, cosa che non avviene nel sistema proporzionale tedesco (ciascun partito ottiene quello i seggi in base ai voti, correndo da solo). In Italia, in passato, la coalizione serviva alle diverse forza politiche per per sostenere a vicenda i propri candidati nei collegi uninominali in cui si decidevano due terzi del Parlamento.

Questo si traduce nel fatto che per governare, serve un’allenza molto grande, che coinvolga più forze politiche. In pratica, in base ai sondaggi, oggi la sola alleanza tra PD e Forza Italia non basterebbe per governare. Considerando lo sbarramento (previsto dal sistema tedesco) dei partiti che hanno ottenuto solo il 5% e considerando che il M5S non intende siglare alleanze, l’unica maggioranza teoricamente possibile sarebbe composta da Partito Democratico, Forza Italia, Alleanza Popolare e Movimento Democratici e Progressisti.

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