Non una iniziativa mirata a colpire o al contrario favorire delle aziende in particolare, né tantomeno “una imposta anti-Stati Uniti” pensata in risposta alle tensioni commerciali con gli Usa. Piuttosto, un primo passo verso la creazione di “un fisco per l’economia del 21mo secolo”. Così il commissario per gli Affari economici, Pierre Moscovici, ha presentato la web tax temporanea che la Commissione Ue ha studiato come prima misure per iniziare a far sì che anche le aziende digitali siano tassate in modo equo e sulla quale l’esecutivo comunitario punta a raggiungere un accordo tra gli Stati membri “entro la fine di quest’anno”.
CHE COSA SUCCEDERA’
Per costringere i giganti del web a pagare le tasse laddove producono profitti, la Commissione Ue propone una soluzione “temporanea”, applicabile da subito: una tassa del 3% sui ricavi da vendita di spazi pubblicitari (come Google), cessione di dati (come Facebook) e attività di intermediazione tra utenti e business (come Uber), applicabile a società con un fatturato globale superiore a 750 milioni di euro ed uno europeo sopra i 50 milioni.
LA STIMA SUGLI INTROITI
Con una aliquota al 3%, e con una applicazione limitata alle imprese con ricavi annui a livello mondiale di 750 milioni di euro e nella Ue di 50 milioni, la misura potrebbe generare entrate per gli Stati membri dell’ordine di 5 miliardi di euro all’anno, interessando tra le 120 e le 150 aziende, per metà statunitensi e per un terzo circa europee.
LA POSIZIONE DI BRUXELLES
La tassa “assicura che le attività che oggi non vengono tassate comincino a generare introiti immediati per gli Stati membri”, spiega Bruxelles. E aiuta ad “evitare azioni unilaterali” che creerebbero un “patchwork di risposte nazionali che danneggerebbe il nostro mercato unico”.
CHE TASSA SARA’
La tassa è indiretta, si applica ad alcuni tipi di ricavi ed è una misura temporanea, cioè vale fino a che non ci sarà una riforma complessiva che risolva una volta per tutte il problema delle grandi aziende digitali che sfuggono al fisco. La Commissione propone quindi anche una strada per una soluzione a lungo termine, che consente agli Stati membri “di tassare i profitti dove sono generati, anche se le aziende non hanno una presenza fisica nel loro territorio”.
I 3 CRITERI
Bruxelles individua tre criteri per individuare una “presenza digitale tassabile”, sufficiente ad assoggettare le aziende digitali al fisco nazionale. Una società che opera su web diventa quindi equiparabile a una qualunque altra azienda old economy se supera i 7 milioni di euro di ricavi annuali in uno Stato membro, se ha più di 100.000 utenti registrati in uno Stato oppure se ha piu’ di 3000 contratti per servizi digitali ad utenti business. Questa soluzione, preferita dalla Commissione, potrà un giorno integrarsi alla proposta di creare una base imponibile consolidata comune (CCCTB), ferma da anni al Consiglio. La tassa temporanea sara’ “raccolta dagli Stati” e assicura che le start up o le piccole aziende non vengano toccate.
L’APPELLO DEI 5
“In mancanza di un consenso globale a livello di G20 e dell’Ocse, dobbiamo avanzare a livello Ue, e trovando un accordo su un approccio coordinato garantiremo l’integrità del mercato unico”: lo scrivono in un comunicato i ministri dell’economia dei Paesi del G5 (Francia, Germania, Italia, Spagna e Regno Unito) “accogliendo con favore” la proposta della Commissione Ue sulla web tax. Il G5 fa poi appello al Consiglio europeo perché discuta in modo costruttivo e “raggiunga un accordo il prima possibile”.