skip to Main Content

Siria

Gli Usa attaccano la Siria. E Ora? Gli scenari possibili

Quello di Trump alla Siria potrebbe essere un attacco isolato o essere la scintilla che faccia scattare una escalation della tensione difficile da controllare. Scenari possibili   Donald Trump ha fatto la sua mossa in Siria. Gli Usa hanno bombardato con 59 missili cruise la base aerea siriana da cui si presume sia partito l’attacco…

Quello di Trump alla Siria potrebbe essere un attacco isolato o essere la scintilla che faccia scattare una escalation della tensione difficile da controllare. Scenari possibili

 

Donald Trump ha fatto la sua mossa in Siria. Gli Usa hanno bombardato con 59 missili cruise la base aerea siriana da cui si presume sia partito l’attacco con armi chimiche nella provincia di Idlib. Si tratta di missili ‘Tomahawk’, lanciati da due navi americane di stanza nel Mediterraneo.

Si tratta del primo attacco diretto Usa alla Siria dall’insediamento del presidente Donald Trump. Obiettivo formarle era quello di ridurre la capacità del governo siriano di utilizzare armi chimiche. In realtà, Donal Trump ha voluto lanciare un monito al mondo intero, ribadendo la supremazia degli Stati Uniti. Insomma, più che mossa militare (che ptrebbe rimanere isolata) in risposta all’attacco chimico sui civili, quello di Trump è stato un atto politico. Ma prima di addentrarci in questi giochi di potere, facciamo un passo indietro e proviamo ad analizzare la situazione in Siria.

Cosa sta succedendo in Siria

Sono oramai sei anni che la Siria è teatro di guerra e atrocità. Difficile (impossibile, direi) trovare un accordo di pace, tanti sono gli interessi in gioco. Meglio, tanti sono gli attori del conflitto siriano.

A darsi battaglia sono le milizie filo governative del presidente Bashar al Assad, che vuole continuare a controllare il paese, contro un esercito di ribelli, un piccolo esercito prima raccolto sotto la sigla ‘Fsa’, Free Sirian Army, ma che oggi è variegato e poco organizzato. Obiettivo dei ribelli è quello di rovesciare il Presidente, Assad appunto. Non solo: ad entrare in gioco in questo difficile conflitto ci sono anche i curdi-siriani, che operano al confine con la Turchia e che chiedono la nascita di un loro stato autonomo.

Ci sono, poi, i gruppi jihadisti, ovvero i fondamentalisti islamici: il gruppo al-Nusra, attivo in Siria dal 2012 con l’obiettivo della creazione di uno Stato islamico, e l’Isis, che nasce dalle ceneri di Al-Qaeda in Iraq e che il 29 giugno 2014, ha proclamato la creazione di un Califfato, cioè di un suo ‘stato’ dove regna la legge islamica, che ha la sua base nella città siriana di Raqqa, in Siria.

I primi segnali di una guerra civili arrivarono il 26 gennaio 2011, quando alcuni gruppi di manifestanti con intenzioni pacifiche vennero bloccati a Damasco dal regime di Assad. Le manifestazioni si moltiplicarono e con loro anche le repressioni da parte del governo Siriano. In una di queste repressioni, però, perse la vita Hamza Ali al Khateeb, un ragazzo di soli 13 anni. Era stato torturato e mutilato dai militari siriani.

Nonostante il regime di Assad si diceva estraneo all’accaduto (con l’intento di tenere buoni anche i diversi fronti internazionali, America per prima), i ribelli continuarono a manifestare. Continuavano anche le violenze. E le morti.

Assad sosteneva che tutto questo era causato non dall’esercito di regime, ma dai jihadisti di al Qaeda. La guerra interna, però, mieteva ancora vittime: si trattava di una guerra civile tra i ribelli e le forze del presidente.

SiriaIl clima teso della guerra civile favorisce la crescita e il consolidarsi dell’Isis, che porterà nuovo orrore in Siria. Prima dell’apparizione del califfato a combattere contro Assad era anche il gruppo jihadista al-Nusra, affiliato ad al-Qaeda.

L’Isis in Siria, nasce invece dalle ceneri di al-Qaeda in Iraq, quando Abu Bakr al-Baghdadi, leader di al-Qaeda in Iraq, manda Muhammad al Julani in Siria per organizzare le cellule jihadiste esistenti (il fronte al-Nusra). Nasce un esercito che aveva armi e denaro e che realmente avrebbe potuto dar filo da torcere al governo di Damasco.

Baghdadi, però, non si accontenta di organizzare e finanziare il gruppo jihadista. Vuole di più: vuol esser riconosciuto come capo supremo dei movimenti jihadisti. Ne nasce una lotta interna che porta alla nascita, a giugno 2014, di un nuovo Califatto (l’Isis). I piani di Baghdadi, nonostante le guerre interne (violenti) con il fronte al-Nusra, non cambiavano: costruire uno stato islamico e mandare via Assad.

L’attacco chimico sui civili

Gli atti della guerra civile in corso in Siria sono davvero numerosi. L‘ultima atrocità di questa grande e confusa guerra interna è l’attacco chimico del 4 Aprile 2017 contro Khan Sheikhun, città nella provincia nord-occidentale di Idlib, sotto il controllo dei ribelli. L’atroce attacco, secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, ha fatto almeno 72 morti, tra i quali almeno venti bambini e diciassette donne.

“C’è ancora da chiarire a chi spettano le colpe dell’attacco, ma se fosse stato Assad potrebbe esserci, dietro, la pressione dell’Iran, meglio dell’area più intransigente di Teheran che punta a mandare all’aria il Trattato sul nucleare fatto con Obama. L’attacco chimico sarebbe dunque una provocazione. Ricordiamo anche che a Teheran sono iniziati i comizi elettorali, e il fronte dei conservatori che vogliono la rottura del trattato è molto avanti”, ha affermato a Start Magazine il professor Giulio Sapelli, Storico ed Economista Italiano.

L’attacco di Donald Trump alla Siria

TrumpIl presidente Usa, Donald Trump ha la via dell’azione, mettendo in pratica le sue minacce di attaccare la Siria dopo la strage col gas del 4 aprile scorso. Nella notte, gli Stati Uniti hanno lanciato 59 missili Tomahawk contro una base aerea di Damasco a Shayrat, nel centro del Paese. Sarebbe la stessa base da cui secondo fonti di intelligence sarebbero partiti i jet che martedì hanno scaricato agenti chimici sulla provincia di Idlib, fatali per oltre 70 persone tra cui almeno 30 bambini. Secondo il governatore di Homs, l’attacco americano ha ucciso tre soldati e due civili. Altre sette persone sono rimaste ferite.

Perchè Donald Trump ha ordinato l’attacco della Siria?

L’attacco trova motivazione nell’attacco chimico sferrato dal regime siriano di Assad (anche se non ci sono prove evidenti che ricoducono ad Assad) sui ribelli . Il presidente avrebbe deciso di intervenire perchè  ‘nessun bambino dovrebbe soffrire’.

Grazie a questa mossa l’America punta a ridurre la capacità siriana di utilizzare armi chimiche.

Le questioni politiche

Diciamoci la verità. Più che azione militare, quella di Donald Trump sembra essere una mossa politica, su più fronti.

L’azione Americana è stata, prima di tutto, una prova di forza e una dimostrazione che quello che Trump minaccia poi fa. “E’ di vitale importanza per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti prevenire e scoraggiare la diffusione e l’utilizzo di armi chimiche mortali”,aveva detto il tycoon, che proprio a tal fine ha agito.

USaNon solo. L’attacco alla Siria è anche l’ennesima dimostrazione della rottura con l’amministrazione Obama, che è sembrata sempre restia ad intervenire, cosa che i Repubblicani non hanno mai perdonato all’ex presidente.

Il Tycoon ha già raccolto il plauso dai senatori repubblicani John McCain e Lindsey Graham: “Diversamente dalla precedente amministrazione, il presidente ha affrontato un momento cruciale in patria ed ha agito. Per questa ragione merita il sostegno del popolo americano”.

La decisione di non intervento di Obama gli è costata l’accusa di aver indebolito la leadership degli Stati Uniti. Ed è per questo che, nella stessa situazione, Trump ha agito in maniera opposta.

“Obama, nonostante già nel 2013 Assad ha utilizzato le armi chimiche, non ha avuto i numeri, la forza e il coraggio di intervenire. Trump ha avuto un approcio diverso, decidendo di agire anche per una questione di credibilità degli Stati Uniti”, ha dichiarato a Start Magazine Stefano Torelli, ricercatore Ispi per l’area mediorientale. “Non intervenire avrebbe significato lasciare impunita l’azione di Assad, che si sarebbe sentito libero di agire come più gli faceva comodo”.

I rapporti Usa – Russia

Dietro l’attacco c’è anche la questione Usa-Russia. Partiamo con il dire che l’attacco è stato fortemente condannato dal presidente russo Vladimir Putin, che ha sostenuto che si tratta di “un atto di aggressione contro uno Stato sovrano” che “arreca un danno notevole ai rapporti russo-americani” e “crea un ostacolo serio alla creazione di una coalizione internazionale per lottare contro il terrorismo”.

Russia PutinL’attacco precede il viaggio dello statunitense Rex Wayne Tillerson in Russia. Secondo alcuni analisti, la decisione di velocizzare l’intervento vuole essere anche un modo per dare un maggior peso politico all’incontro che si terrà con il ministro degli esteri, Serghey Lavrov.

Credo che Trump tema che l’alleanza russo-sciiti faccia pagare un prezzo troppo alto. I Russi, intuendo che gli Usa stessero cambiando le loro alleanze, ricordiamo che Trump ha ricevuto il presidente Egiziano al-Sisi e Tillerson che si è recato ad Ankara, incontrando Erdogan, e conoscendo l’odio che Egitto e Turchia hanno verso il regime di Assad, si sono affrettati a fare una dichiarazione riconoscendo Gerusalemme Est come capitale dello Stato d’Israele, ma a poco è bastato. Trump non ha alcuna intenzione di lasciare spazio alla Russia in Medio Oriente, che punta ancora su Assad è molto rischioso per gli Usa. I russi hanno acquistato tanto potere nella zona”, ha detto il professor Sapelli.

Il cambio di idea

La decisione d attaccare la Siria ha spiazzato non poco l’opinione pubblica. Sì, perchè proprio il tycoon, il 5 settembre 2013, si schierava apertamente contro l’azione militare in Siria. Definendo, su Twitter, una follia” colpire il regime di Damasco. “Di nuovo, ai nostri molto folli leader, non attaccate la Siria. Se lo fate molte cose brutte succederanno e da questa guerra gli Usa non riceveranno nulla!”.

Ora cosa succederà?

L’attacco militare dovrebbe rimanere un caso isolato, ma gli scenari possibili possono essere diversi. “Per il momento sembra si tratti di un attacco di rappresaglia, contro questa linea rossa (uso delle armi chimiche) superata da Assad, senza alcuna conseguenza vera e proprio sulla guerra civile in Siria, che continuerà come è stato fino ad oggi”, ha continuato Stefano Torello. “Non possiamo certo escludere una eventuale escaletion della tensione. In uno scenario possibile, la Russia potrebbe rispondere ai bombardamenti Usa in Siria colpendo obiettivi americani o interessi vicini all’America. Potrebbe anche accadere che Assad scelga di ricorrere all’uso di armi non convenzionali, armi chimiche. In questi casi gli Stati Uniti risponderanno agli attacchi, generando una escalation difficile da controllare”:

Quel che è certo è che “dietro questo attacco non c’è alcuna idea di progetto di Siria post Assad. Questo fa pensare ad intervento isolato”, ha continuato Torelli “la debolezza più grande degli Stati Uniti, ora, ma anche sotto Obama, è quello di non aver alcun progetto reale per una eventuale destituzione di Assad”.

La reazione dei mercati ai bombardamenti Usa

Il bombardamento della Siria da parte degli Americani ha avuto anche conseguenze sui mercati. Le Borse europee, questa mattina, hanno aperto in calo. Piazza Affari perde lo 0,32%, Londra è sotto la parità, Francoforte arretra dello 0,52%, Parigi lo 0,25%.

Anche il petrolio ne ha risentito dell’intervento militare americano in Siria. Si teme che una eventuale escalation della tensione dell’area potrebbe portare a un difficile approvvigionamento del greggio. Il Brent ha raggiunto quota 56,08 dollari al barile, il Wti si è spinto fino a 52,94 dollari.

Back To Top