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Germania, ecco i fronti aperti del futuro Governo

Non è oro tutto quello che luccica, il sistema economico tedesco soffre in settori importanti: fibra ottica, industria 4.0, energia   Quello che secondo osservatori superficiali doveva essere un passaggio elettorale scontato e noioso, si è rivelato uno dei voti più importanti per la Germania dalla riunificazione a oggi. Probabilmente più significativo anche di quello…

Non è oro tutto quello che luccica, il sistema economico tedesco soffre in settori importanti: fibra ottica, industria 4.0, energia

 

Quello che secondo osservatori superficiali doveva essere un passaggio elettorale scontato e noioso, si è rivelato uno dei voti più importanti per la Germania dalla riunificazione a oggi. Probabilmente più significativo anche di quello che nel 1998 segnò la fine dell’era Kohl e lo sdoganamento dei Verdi come partito di governo, accanto all’Spd di Gerhard Schröder. In quel caso, gli ingredienti classici del panorama politico tedesco erano rimasti intatti, con un’alternativa politicamente omogenea in grado di succedere alla lunga stagione di Kohl.

Un voto “cesura”

_germaniaSecondo molti politologi il voto del 2017 può invece rappresentare “una cesura”, per l’ingresso nel Bundestag di un partito nazionalista a destra dell’Unione (Cdu e Csu), per la presenza di ben 6 partiti che hanno superato la soglia di sbarramento del 5% e per lo scompaginamento della possibilità di formare coalizioni di governo omogenee.

Alla ricerca di nuove alleanze

Già la riedizione per due volte in tre legislature della Grosse Koalition fra i due maggiori partiti teoricamente alternativi, Unione e Spd, era stato un segnale di sfilacciamento del quadro politico tradizionale, sottovalutato solo perché questa sorta di compromesso storico era stato in grado di garantire la stabilità politica. Ma ora i socialdemocratici si rifiutano di partecipare a una terza Grosse Koalition, almeno per il momento. E in attesa di altri colpi di scena ad Angela Merkel non resta che addentrarsi nel sentiero inedito di un’alleanza tra forze diverse, la cosiddetta coalizione Giamaica, dai colori delle tre forze politiche (nero per Cdu-Csu, giallo per i liberali dell’Fdp, e verde per gli ecologisti) che formano anche la bandiera del paese caraibico.

Non è detto che il sistema fatichi a reggere questa nuova sfida. Di ipotesi Giamaica si parla ormai da tempo e la coalizione è stata già sperimentata in alcuni Länder, a volte con buoni risultati. È stata alla guida della Saar e al momento governa nel Land più a nord, lo Schleswig-Holstein, mentre una maggioranza Verdi-Cdu a guida ecologista regge le sorti di Länder ricchi e industrializzati come Assia e Baden-Württemberg, le regioni di Francoforte e Stoccarda. La Germania dunque si predispone a trattative lunghe e complesse, peraltro non una novità nella politica tedesca. Le attese e le ansie dei cittadini sono tante e frastagliate, come ha dimostrato il voto inquieto e lo straordinario successo dei nazionalisti di Alternative für Deutschland, partito nato quattro anni fa sull’onda della crisi dell’euro e trasformatosi velocemente in una forza nazional-populista e sovranista, capace di colmare il vuoto del conservatorismo tradizionale lasciato libero dalla Cdu di Merkel, ma venato di accenti xenofobi e pulsioni di destra radicale.

Le sfide del nuovo Governo

Sul tavolo delle trattative si cumuleranno questioni forse anche troppo vaste per una maggioranza eterogenea, che spazieranno dalla sicurezza ai migranti, dalla giustizia sociale all’Europa, ai temi dell’economia: digitalizzazione delle imprese, innovazione, infrastrutture ed energia, tema quest’ultimo determinante dato il coinvolgimento dei Verdi. Soprattutto sull’innovazione il nuovo governo dovrà recuperare il ritardo accumulatosi nei quattro anni di Grosse Koalition che, nonostante il buon andamento dell’economia e del mercato del lavoro, molti economisti di scuole diverse considerano “quattro anni di occasioni perdute”.

TedxLUISSMaggiori investimenti vengono auspicati all’unisono da Clement Fuest, presidente dell’istituto bavarese Ifo di orientamento liberal-conservatore e Marcel Fratzscher, che guida il Diw di Berlino, il centro economico più vicino ai socialdemocratici.

Un governo Giamaica “sarebbe la risposta appropriata al risultato elettorale”, ha detto Fuest al quotidiano economico Handelsblatt, auspicando che l’eventuale nuovo governo “metta al centro formazione e ricerca, digitalizzazione e globalizzazione dell’economia, politica energetica e per il clima assieme all’integrazione europea”. E su quest’ultimo punto, il probabile trasferimento di Wolfgang Schäuble dal ministero delle Finanze alla presidenza del Bundestag lascia scoperta la casella di governo più sensibile nel rapporto con l’Ue e i paesi ad alto debito pubblico. Non sarà facile per Merkel trovare l’equilibrio tra le posizioni rigoriste di Fdp e Csu e quelle più tolleranti dei Verdi. Ma se vi riuscirà, non è detto che il nuovo ministro delle Finanze sia necessariamente un liberale.

Marcel Fratzscher, che da anni insiste “sull’inadeguatezza del sistema tedesco ad affrontare le sfide del futuro”, ha invece rinnovato dalle colonne del berlinese Tagesspiegel l’appello per “maggiori investimenti per il futuro”, ad esempio nell’istruzione per formare lavoratori qualificati e nelle infrastrutture per modernizzare il Paese: “La sfida del nuovo governo deve essere di assicurare anche a lungo termine la competitività e l’attuale livello di benessere della Germania”, ha detto il presidente del Diw.

Industria 4.0: la Germania è in forte ritardo

Lo sviluppo dell’industria 4.0, obiettivo sul quale per ammissione della stessa Cancelliera l’industria tedesca è in forte ritardo, va accompagnato con un grande piano di investimento per l’ammodernamento dell’infrastruttura digitale. La Germania occupa un posto intermedio nella scala dei paesi industrializzati per quanto riguarda gli accessi alla banda larga, ma scivola in posizioni di coda (superata da paesi come Turchia e Messico) quando si passa allo sviluppo delle reti in fibra ottica. “Il problema di Merkel è che il boom dell’economia tedesca sa tanto di Ventesimo secolo”, titolava una settimana fa Bloomberg. Secondo dati comparati forniti dall’Ufficio tedesco di statistica e rielaborati dalla Welt, la Germania investe il 2,8% del proprio Pil in ricerca e sviluppo, contro il 4,3 della Corea del Sud, il 4,1 di Israele, il 3,5 di Giappone e Finlandia e l’oltre 3% di Svezia, Danimarca, Austria e Svizzera. E uno spazio non piccolo dovrà trovarlo il grande tema della trasformazione del settore automobilistico, il pilastro dell’industria tedesca, specie dopo lo scandalo del Dieselgate.

Energia: verso  l’addio al carbone, grazie ai Verdi

Altro tema sensibile sarà quello dell’energia. Lo sviluppo delle fonti energetiche alternative e per la difesa dai cambiamenti climatici è il Dna dei Verdi e su questo punto è difficile immaginare concessioni. Nelle trattative di governo gli ecologisti porteranno la proposta di un’uscita entro il 2030 dal carbone con tanto di road-map e con la chiusura immediata delle 20 centrali più inquinanti. È da attendersi invece un nuovo impulso alla velocizzazione del programma di fuoriuscita dal nucleare, soprattutto per quel che riguarda la realizzazione delle cosiddette autostrade energetiche, le reti che porteranno l’energia rinnovabile dalle aree di produzione del nord verso le regioni del sud, dove si trova la gran parte delle industrie ad alto consumo energetico. Un piano andato molto a rilento negli ultimi quattro anni di Grosse Koalition.

 

Pierluigi Mennitti

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