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Esselunga: anche i cinesi la vogliono

Diversi i gruppi internazionali interessati ad Esselunga, ma l’offerta dei cinesi soprende gli eredi di Esselunga, fondata da Bernardo Caprotti I cinesi di Yida Investment group vogliono acquistare Esselunga, mentre Marina Caprotti (terza figlia del fondatore Bernardo Caprotti), erede insieme alla madre Giuliana Albera, del 70% del gruppo e del 55% della società immobiliare che…

Diversi i gruppi internazionali interessati ad Esselunga, ma l’offerta dei cinesi soprende gli eredi di Esselunga, fondata da Bernardo Caprotti

I cinesi di Yida Investment group vogliono acquistare Esselunga, mentre Marina Caprotti (terza figlia del fondatore Bernardo Caprotti), erede insieme alla madre Giuliana Albera, del 70% del gruppo e del 55% della società immobiliare che raggruppa alcuni dei centri commerciali affittati alla stessa Esselunga, vuole provare a liquidare gli altri fratelli e prendere in mano il controllo dell’azienda. Proviamo a fare chiarezza.

Un successo italiano

Partiamo dall’inizio. Dal 27 novembre 1957, quando viene inaugurato, su volontà di Bernardo Caprotti, a Milano il primo supermercato in Italia, in viale Regina Giovanna, in un’ex officina in una zona semicentrale della città. Il primo nome era Supermarkets Italiani S.p.a., non c’erano posti auto ma era una straordinaria innovazione. Nel 1957 Max Huber, grafico di fama mondiale, realizza l’insegna con la grande “Esse”: da lì il nome Esselunga.

È nel 1961 che Esselunga inizia la sua conquista del Nord Italia, il 9 febbraio apre anche a Firenze, dove nasce il secondo Quartier Generale dell’Azienda. Nel 1964 aprono altri 16 negozi (dieci a Milano, cinque a Firenze e uno a Pistoia).

Negli anni l’azienda è cresciuta, si è ingradita, si è aggiornata. Nel 2001 nasce www.esselungaacasa.it, il servizio di spesa on line offerto da Esselunga che oggi copre 22 province su 5 regioni (Lombardia, Emilia Romagna, Toscana, Veneto e Piemonte).

Il 30 settembre 2016 Bernardo Caprotti muore. Il futuro dell’Esselunga verrà deciso dai figli.

Le volontà di Bernardo Caprotti

Nel testamento lasciato da Caprotti, oltre all’assegnazione dei suoi beni, troviamo anche i sui consigli sull’azienda. Il patron dell’Esselunga a bene quanto sia difficile fare l’imprenditore in Italia, sopravvivere alle leggi del mercato e all’innovazione. Ed è per questo che si raccomanda di vendere l’Esselunga a un gruppo industriale internazionale. “E’ troppo pesante condurla, pesantissimo possederla. Questo Paese cattolico non tollera il successo. Occorre trovarle, quando i pessimi tempi italiani fossero migliorati, una collocazione internazionale. Ahold sarebbe ideale. Mercadona no”, scriveva Caprotti nel testamento.

Non solo. Caprotti voleva dunque vendere, ma ad un gruppo internazionale. Il patron ha esplicitato ai suoi di non lasciare l’azienda nelle mani di una cordata italiana. “Attenzione: privata, italiana, soggetta ad attacchi, può diventare Coop. Questo non deve succedere”, scriveva Caprotti.

L’offerta dei Cinesi

Proprio la volontà di vendita di Caprotti ha spinto, nei mesi scorsi, gruppi americani ed inglesi a farsi avanti. Ma a stupire è l’offerta fatta dai cinesi di Yida Investment group, una conglomerata con interessi nell’immobiliare, nelle energie alternative, nella salute e nelle estrazioni minerarie.

esselungaL’azienda asiatica, attraverso i suoi legali, avrebbe fatto pervenire a tutti gli azionisti di Supermarkets Italiani e dell’immobiliare Villata, un’offerta di 7,5 miliardi di euro, il 25% in più del massimo della valutazione offerta lo scorso settembre dai fondi di private equity Blackstone e Cvc, che avevano valutato il gruppo, prima che venisse a mancare il fondatore Bernardo Caprotti, una cifra compresa tra 4 e 6 miliardi (4 miliardi senza le attività immobiliari).

Dunque i cinesi mettono sul piatto una cifra altissima. I motivi sono diversi: sbaragliare la concorrenza e provare a convincere gli ereditieri. Per il gruppo cinese, acquistare Esselunga significherebbe non solo espandere i propri affari, ma anche entrare in un settore promettente, quello della grande distribuzione, con un’azienda in salute (proprio lo scorso anno il fatturato è stato pari a 7,54 miliardi di euro.

Marina Caprotti non vuole vendere

Da mesi, intanto, gli eredi discutono sul da farsi. Marina Caprotti non sembra esser d’accordo con Giuseppe e Violetta, figli del primo matrimonio di Bernardo Caprotti e già in passato coinvolti dal padre nella gestione del gruppo. Marina Caprotti, invece, erede insieme alla madre Giuliana Albera, del 70% del gruppo e del 55% della società immobiliare, non è mai stata coinvolta negli affari.

Bernardo e Marina Caprotti
Bernardo e Marina Caprotti

Ora Marina è vicepresidente, ha coinvolto negli affari di famiglia anche il marito, e sembrerebbe intenzionata a guidare il gruppo, ma solo dopo aver liquidato i fratelli. Il piano di Marina Caprotti prevede l’cquisto delle quote azionarie in mano agli azionisti di minoranza del gruppo (i due fratelli, appunto) grazie al sostegno finanziario di un private equity, che metterebbe quindi fine alla contesa ancora in corso tra i due nuclei familiari.

La questione, però, non è semplice. Non solo è stata riscontrata nel testamento di Caprotti una violazione della quota di legittima, spettante per legge a Violetta e Giuseppe, ma c’ da dire che c’è anche un’importante differenza tra l’offerta economica dei suoi advisor (tra cui Citigroup che dovrebbe organizzare il finanziamento) e la richiesta dei fratelli per la propria partecipazione del 30% in Esselunga e del 45% in Villata.

Quale futuro?

Difficile dire quello che ne sarà di Esselunga. Ma una cosa è certa, i rumors sulle offerte altissime che stanno arrivando per l’acquisto di Esselunga, stanno alzando sempre più in alto l’asticella per chiudere la contesa familiare.

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