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I programmi di Centrodestra, M5S e Pd sul fisco a confronto. L’analisi di Salerno Aletta

L’articolo dell’editorialista Guido Salerno Aletta Tempo di elezioni, tempo di promesse. Il taglio delle tasse è un classico, a cui praticamente nessun partito si è sottratto. E’ un gioco delle parti, cui i burocrati di Bruxelles non sono abituati: si preoccupano facilmente, forse inutilmente. Gli elettori italiani sono smaliziati: fanno subito la tara, applicando il…

Tempo di elezioni, tempo di promesse. Il taglio delle tasse è un classico, a cui praticamente nessun partito si è sottratto. E’ un gioco delle parti, cui i burocrati di Bruxelles non sono abituati: si preoccupano facilmente, forse inutilmente. Gli elettori italiani sono smaliziati: fanno subito la tara, applicando il detto siciliano secondo cui dei soldi promessi e della santità vantata bisogna crederci un quarto della metà. Bene che vada, si arriva al 12,5%.

La prima proposta fiscale è stata lanciata il 7 gennaio scorso dal Presidente del Senato Pietro Grasso, candidato premier, all’Assemblea nazionale di LeU: vanno abolite le tasse universitarie, una misura che costerebbe 1,6 miliardi di euro, appena il dieci per cento dei sussidi “dannosi” erogati nel settore ambientale.

Dieci giorni dopo è stata la volta della compagine di centrodestra, Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia e Noi con l’Italia, che ha presentato un programma elettorale concordato a Palazzo Grazioli. Già al primo punto si promettono “meno tasse”: la misura più innovativa è rappresentata dall’introduzione di un’unica aliquota fiscale (Flat tax) per famiglie e imprese, con la previsione di una no tax area e di deduzioni, a esenzione totale dei redditi bassi e a garanzia della progressività dell’imposta. La piena copertura si rinviene nel taglio degli sconti fiscali, il corposo groviglio di detrazioni e deduzioni. Nell’arco della legislatura, l’aliquota unica potrebbe essere portata attorno al 23%, secondo la precisazione che ne ha fatto Renato Brunetta che ha rimarcando la esclusione dalla tassazione dei primi 12 mila euro di reddito. Questa proposta, che costerebbe 15 miliardi di euro l’anno, è accompagnata da altre misure: mentre si conferma il no all’imposta sulle donazioni, a quella sulle successioni, ed alla tassa sulla prima casa, si aggiunge la esenzione del bollo sulla prima auto e la abolizione delle tasse sui risparmi. I rapporti tributari andrebbero completamente rivoluzionati: si parte dalla “pace fiscale” per tutti i piccoli contribuenti che si trovano in condizioni di difficoltà economica, con la chiusura di tutto il contenzioso e delle pendenze tributarie, contestuale alla riforma del sistema sanzionatorio tributario. Non sarebbe un condono in senso tecnico, ma una rottamazione di tutto il contenzioso esistente, circa 20 milioni di procedure, così come si è fatto nel 2017 con le cartelle esattoriali: anche qui, un saldo e stralcio che farebbe incassare 40 miliardi di euro in quattro anni.

Il Movimento 5 Stelle è stato il più ambizioso dal punto di vista finanziario, con un programma diffuso il 26 gennaio che si articola in “20 punti per la qualità della vita degli italiani”. L’obiettivo fiscale è sintetizzato nello slogan “Meno tasse, più qualità della vita”, che si declina così: riduzione delle aliquote Irpef, che verrebbero portate a tre; niente tasse per redditi fino a 10mila euro; manovra choc per le piccole e medie imprese, con la riduzione del cuneo fiscale e riduzione drastica dell’Irap, portandone il prelievo dagli attuali 21 miliardi di euro complessivi ad 11-12 miliardi. Le coperture, a regime, derivano dall’utilizzo di tre “serbatoi” di risorse: circa 30 miliardi annui dalla spending review in senso stretto, compreso 1 miliardo di tagli ai costi della politica; 40 miliardi l’anno dallo sfoltimento delle tax expenditures, che varrebbero complessivamente oltre 300 miliardi di euro annui. Spostando risorse verso finalità ad alto moltiplicatore di crescita; si ipotizza un maggior deficit annuo tra i 10 ed i 15 miliardi di euro (meno di un punto di pil), rispetto all’1,6% già programmato dal governo per il 2018. Ci sarebbero tagli per 70 miliardi di euro annui a regime, e 50 miliardi di investimenti aggiuntivi nel quinquennio, che consentirebbero di ridurre del 40% il rapporto debito/pil in 10 anni, ad un ritmo quindi ancor più veloce di quello previsto dal Fiscal Compact.

Il 2 febbraio è stata la volta del PD, che ha presentato la sua piattaforma, dal titolo “Più forte, più giusta. L’Italia”. La premessa è duplice: in primo luogo, il lavoro è ancora troppo costoso per le imprese, che devono sobbarcarsi l’onere di contributi che raggiungono il 33% della retribuzione, percentuale che disincentiva ad assumere a tempo indeterminato e che va ridotta al 29% con una fiscalizzazione volta a salvaguardare le pensioni future. D’altra parte, ci sono troppi lavori malpagati: si propone quindi un salario minimo universale, obbligatorio in tutti i casi in cui non vi sia un contratto collettivo. Dal punto di vista strettamente fiscale, oltre ad una detrazione fiscale di 150 euro mensili per agevolare il pagamento dell’affitto di casa da parte dei giovani sino a 30 anni, si promette “una rivoluzione fiscale per il sostegno alle famiglie con figli”: una misura unica, in grado di raggiungere anche gli incapienti sotto forma di assegno, che consiste in 240 euro di detrazione Irpef mensile per ogni figlio a carico fino a 18 anni ed in 80 euro per i figli fino a 26 anni. Questa provvidenza, che ricorda i vecchi assegni familiari aboliti per finanziare la riforma pensionistica Dini, varrebbe per tutti i tipi di lavoro e per tutte le fasce di reddito, da zero fino a 100 mila euro all’anno, con un costo di 9 miliardi annui. In più, viene ipotizzato un contributo di 400 euro al mese per ogni figlio fino ai 3 anni e età, da spendere per la retta dell’asilo nido o per il rimborso delle spese di baby sitter. Per quanto riguarda la tassazione delle imprese, si prevede di ridurre ulteriormente la pressione fiscale, portando l’aliquota Ires al 22% (già portata dal governo Renzi dal 27,5% al 24%) ed assicurando alle anche imprese individuali un’uguale tassazione attraverso l’introduzione dell’Iri con aliquota al 22%.

La questione fiscale, al di là della fattibilità concreta delle singole promesse, viene rappresentata in modo completamente diverso dalle diverse forze politiche. Il centrodestra la affronta in termini di maggiore libertà dallo Stato, visto che alla ipotizzata Flat tax sui redditi si perverrebbe eliminando il coacervo di detrazioni e deduzioni che si sono affastellate in anni, frutto di istanze corporative e di interessi micro-settoriali. Dopo tanti anni al governo senza ricambi alla guida, manca però la credibilità politica necessaria per sostenere una così profonda riforma fiscale: sembra il solito refrain di “meno tasse per tutti”

Il programma fiscale del M5S, che avrebbe potuto essere il più rivoluzionario di tutti visto che si era presentato alle scorse elezioni promettendo che avrebbe aperto il Parlamento come una scatola di tonno, ha un approccio assai conservativo, sia in termini di riduzione delle aliquote, sia considerando che lo sfoltimento delle tax expenditure andrebbe comunque ad appesantire il carico fiscale. E’ ancor più sbrigativo sui tagli alle spese e sulla eliminazione dei cosiddetti sprechi, con semplici richiami alle conclusioni formulate dai Commissari alla spending rewiew, cui i governi passati non si sono colpevolmente uniformati. Un atteggiamento dunque più censorio che rivoluzionario, animato da una sorta di giustizialismo contabile.
Il programma fiscale del Pd, che si muove in continuità rispetto a quanto fatto in questi anni, è ora decisamente focalizzato sul sostegno alle famiglie con figli ed ai giovani. Ma queste proposte, diluite nel dibattito più generale sulla crescita e sui risultati conseguiti al governo, hanno perso tutta la loro carica emotiva: nessuno le ricorda.
La politica è comunicazione, soprattutto in campagna elettorale: servono pochi messaggi, e ben chiari. Sui temi fiscali bisogna rimediare in fretta, perché purtroppo c’è ancora troppa confusione e poca convinzione.

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