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Vi racconto le tristi bizzarrie dell’Italia su de Guindos alla Bce

Il commento di Mario Seminerio, curatore del blog Phastidio.net Dopo che l’Eurogruppo, cioè il consesso dei ministri delle Finanze dell’Eurozona, ha designato l’attuale ministro dell’Economia spagnolo, Luis de Guindos, come prossimo vicepresidente della Banca centrale europea, parte non minoritaria della stampa italiana ha iniziato a battere il tamburo del vittimismo, secondo uno schema tanto collaudato…

Dopo che l’Eurogruppo, cioè il consesso dei ministri delle Finanze dell’Eurozona, ha designato l’attuale ministro dell’Economia spagnolo, Luis de Guindos, come prossimo vicepresidente della Banca centrale europea, parte non minoritaria della stampa italiana ha iniziato a battere il tamburo del vittimismo, secondo uno schema tanto collaudato quanto stucchevole. Il modo peggiore per proseguire sulla strada della irrilevanza europea, dopo le buffonate dei programmi elettorali.

De Guindos è dal 2011 ministro dell’Economia di Mariano Rajoy, ha gestito la ripulitura del disastrato sistema bancario spagnolo, con 41 miliardi di euro di fondi ESM, non è un banchiere centrale ma un banchiere, essendo tra le altre cose stato il Ceo per l’Iberia della sciagurata Lehman Brothers, nel periodo 2006-2008. La sua designazione ha suscitato perplessità e qualche polemica, soprattutto in seno al Parlamento europeo, trattandosi di figura di politico e non di “tecnico”.

Obiezione piuttosto singolare, vista la provenienza e visto che di solito ci si lamenta, con scarso fondamento, che le tecnocrazie europee rappresentano un vulnus per la democrazia. A dirla tutta, le riserve a Strasburgo nascono soprattutto per opera e bocca dell’italiano Roberto Gualtieri (presidente della Commissione affari economici e monetari del PE), e per motivi riferibili al fatto che lo spagnolo avrebbe la sponsorizzazione francese e soprattutto (gosh!) tedesca per l’incarico.

Si diceva del riflesso condizionato vittimistico della stampa italiana, che vede de Guindos come uomo di fiducia dei tedeschi, in una rappresentazione piuttosto rozza, e la cui nomina potrebbe mettere in moto un processo a catena che porterà il capo di Bundesbank, Jens Weidmann, al posto di Mario Draghi. Santo cielo, signora mia. Ora, qui bisogna capirsi, punto per punto.

Intanto, perché uno spagnolo? Perché la Spagna è fuori dal governing council della Bce dal lontano 2012. Se una cosa del genere fosse accaduta all’Italia, ci saremmo giustamente risentiti. La sostituzione del portoghese Vitor Constâncio (tecnico-politico già segretario del Partito socialista portoghese nel 1986-89, tu guarda i corsi e ricorsi storici) come numero 2 della Bce va ad un esponente dei paesi del Sud Europa ma con “affiliazione” al Partito Popolare e non ai socialisti, come invece era Constancio. Eccetera. Se proprio noi italiani riusciamo a risentirci per queste alchimie cencelliane, delle due l’una: o siamo tonti o siamo in malafede. Oppure non riusciamo ad imbastire alleanze ma non si direbbe, visto che tra i tecnocrati abbiamo appunto Draghi ed Andrea Enria alla guida della European Banking Authority e, a livello politico, Antonio Tajani al vertice del parlamento europeo.

Si dice che de Guindos è nomina anomala perché viene dalla politica e non è un “tecnico”. Vero, ma i tempi cambiano, e non solo in Europa. E comunque lo spagnolo resta un non-politico di professione, visto il suo curriculum. E ricordiamo anche che questa “contaminazione” dei santuari delle banche centrali con politici non economisti è iniziata con la nomina a vice governatore di Banque de France di Sylvie Goulard per opera di Emmanuel Macron.

L’Italia e la sua stampa, cassa di risonanza di una politica sempre più incolta ed asserragliata nel suo recinto domestico fatto di fango e fake news, hanno colto l’occasione di questa nomina per gridare al complotto. Ha iniziato giorni addietro Federico Fubini sul Corriere, nel suo ormai istituzionale ruolo di editorialista del sistema-Italia, parlando di “mediocrità” europea nella selezione della propria classe dirigente, con immancabile retroscena allarmato sul “grande pericolo” per il genere umano: il fatto che un tedesco divenga presidente della Bce: «[…] la fortissima diffidenza radicata fra gli elettori in Germania verso la Bce ora impone al governo di Berlino di fare di tutto per non lasciarne la guida ad altri ancora una volta. Per questo un favore tedesco a Madrid oggi può diventare un favore restituito da Madrid domani, inserendo un cuneo fra i Paesi del fianco Sud dell’area euro»

Ora, a parte il plastico “cuneo inserito fra i paesi del fianco Sud dell’area euro”, che pare riproporre il solito schematismo italiano su un’improbabile “solidarietà” mediterranea, è utile ricordare che il presidente della Bce non decide da solo, ma esiste un governing council. Altrimenti noi italiani finiamo a fare il verso ai giornali tedeschi che sbattono in copertina Mario Draghi in versione Mammasantissima mentre si fuma una banconota di grosso taglio in euro. Sarebbe poi utile ricordare anche che se la strada sta diventando quella della “contaminazione” politica della Bce, con de Guindos e in prospettiva con la Goulard, una Bce a guida Weidmann (o della sua collega e connazionale ancora più falco, Sabine Lautenschlaeger) troverebbe quindi ampi e robusti contrappesi “democratici”.

Ieri la Stampa titola su un’Italia che “subisce” la scelta di de Guindos, dopo che Piercarlo Padoan ha lasciato intendere di aver perplessità sulla nomina ma senza dettagliarle né trovando alleati in seno all’Eurogruppo. E quindi, via con le immancabili dietrologie italiane, sulla Spagna che “non ci ha aiutato” ad avere a Milano l’Agenzia europea del farmaco (EMA), oppure elucubrando sul tentativo di Atlantia di acquisire la spagnola Abertis. Dal pezzo del quotidiano torinese merita (si fa per dire) segnalare questo passaggio: “Persino ieri mattina, al suo arrivo a Bruxelles, Padoan si era mostrato molto tiepido («Stiamo ancora facendo le ultime valutazioni»): i rapporti con De Guindos, considerato “il cameriere di Berlino”, non sono eccellenti. Ma per non ritrovarsi isolata in una battaglia già persa, senza solidi alleati, l’Italia ha evitato di alzare le barricate”.

La domanda sorge spontanea: chi, esattamente, considera de Guindos “il cameriere di Berlino”? Il governo italiano? Padoan personalmente? Chi altri? Nel testo non è scritto, e questa è un’allusione che rappresenta un modo molto scadente di interloquire in Europa, anche a mezzo stampa, con la minuscola.

Ma l’unica cosa che politicamente rileva, in quel commento, è che l’Italia era isolata. Ecco, questo è il punto su cui riflettere, più che su falchi e camerieri. Ammesso di essere capaci di farlo, e non fermarsi a questa primordiale portineria nazionalista stracciona che sembra avviluppare questo disgraziato paese.

(estratto dal blog Phastidio.net)

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