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I migranti non aumentano la forza lavoro. Ecco come la Bce ha cambiato idea

Migranti, pensioni, inflazione e non solo. Che cosa si legge nel Bollettino mensile della Bce nell’articolo di Fernando Soto che contraddice un altro Bollettino di alcuni mesi fa Aumentano i flussi di immigrazione verso Germania, Italia e Austria, ma “l’impatto sulla forza lavoro finora è rimasto limitato”, si legge nel Bollettino economico della Bce diramato…

Aumentano i flussi di immigrazione verso Germania, Italia e Austria, ma “l’impatto sulla forza lavoro finora è rimasto limitato”, si legge nel Bollettino economico della Bce diramato oggi. Nei maggiori Paesi dell’Eurozona, scrivono i ricercatori dell’Istituto centrale con sede a Francoforte, “gli immigrati hanno un’età media inferiore e un livello di istruzione medio lievemente inferiore rispetto ai cittadini dei paesi ospiti”. La quota di stranieri in età lavorativa (15-64 anni) è più ampia di quella dei cittadini dei Paesi stessi. Questo suggerisce “che l’aumento del numero di lavoratori più anziani all’interno della popolazione in età lavorativa sarebbe stato ancor più pronunciato senza i recenti flussi migratori”. Ma non di solo migranti si sono occupati gli esperti dell’Eurotower nel bollettino economico mensile pubblicato dall’Istituto presieduto da Mario Draghi.

LE DIFFERENZE

Diverse le parole e le analisi datate settembre dello scorso anno. Ecco che cosa si leggeva nel Bollettino della Bce cinque mesi ma: “Nell’area dell’euro durante la ripresa l’immigrazione ha dato un ampio contributo positivo alla popolazione in età lavorativa, riflettendo soprattutto l’afflusso di lavoratori dai nuovi stati membri dell’Unione europea”. “A sua volta, ciò ha verosimilmente avuto un effetto considerevole sulla forza lavoro, in particolare in Germania e Italia, ma anche in altre economie minori dell’area”, spiegava ancora l’istituzione con sede a Francoforte.

LAVORO E PENSIONI

Cresce in maniera “molto significativa” il tasso di partecipazione nel mercato del lavoro della popolazione di età superiore ai 55 anni, scrive la Bce nel bollettino, spiegando che tale tendenza non è più solo dovuta all’allungamento dell’aspettativa di vita, ma anche alle riforme pensionistiche attuate in Paesi come Germania, Francia, Italia e Spagna, che hanno “innalzato l’età pensionabile o hanno reso difficile il prepensionamento, con una conseguente spinta al rialzo sui tassi di partecipazione della popolazione in età avanzata”.

COME VA L’ECONOMIA UE

L’economia dell’area – dicono i ricercatori della Bce – si espande a ritmo sostenuto e questo fa aumentare la fiducia per una convergenza dell’inflazione verso l’obiettivo prossimo ma inferiore al 2%, posto che comunque un elevato grado di accomodamento monetario rimane necessario. In sintesi, il primo bollettino economico del 2018 diffuso dalla Bce conferma in modo sostanziale quanto già illustrato al termine degli ultimi meeting di politica monetaria dal presidente Mario Draghi. “I rischi per le prospettive di crescita nell’area euro sono sostanzialmente bilanciati”, conferma da un lato il documento, mentre dall’altra rileva che “la recente volatilità del tasso di cambio rappresenta una fonte di incertezza da tenere sotto osservazione per le sue possibili implicazioni sulle prospettive a medio termine della stabilità dei prezzi”.

COSA HA DETTO PRAET

Se questa è la linea ufficiale, non è arduo osservare come all’interno del Consiglio direttivo della Banca centrale europea le posizioni non sono per nulla convergenti. “Tutti sosteniamo il nostro fermo impegno per raggiungere il nostro obiettivo di inflazione. Le discussioni attuali sono più sulle tattiche”, ha assicurato proprio oggi Peter Praet, membro anche del Comitato esecutivo, rispondendo nel corso di una sessione di domande e risposte via Twitter a chi gli chiedeva se nell’istituto ci fosse un equilibrio tra falchi e colombe.

IL TOSTO WEIDMANN

Sempre in mattinata, a confermarsi tra i fautori della “linea dura” è stato ancora una volta Jens Weidmann, governatore della Deutsche Bundesbank, che ha ribadito la propria posizione in merito al cosiddetto “tapering”, cioè la progressiva riduzione del programma di quantitative easing, che dovrebbe procedere in forma ridotta almeno fino a fine settembre. “Per farla breve: se l’espansione procede come da attuali attese, acquisti sostanziali di titoli oltre all’ammontare annunciato non sembrano necessari”, ha affermato nel corso di una conferenza tenuta a Francoforte il banchiere centrale tedesco, gettando subito dopo acqua sul fuoco riguardo al tema dell’euro forte. “Sembra improbabile che il recente apprezzamento dell’euro possa mettere a rischio l’espansione” economica, ha spiegato, aggiungendo che il super-euro “è in realtà, almeno in parte, una reazione alle prospettive più brillanti di crescita dell’eurozona”.

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