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Banche e startup Fintech collaborano. In nome del Business

Le Banche cedono e collaborano con le starup del Fintech: la finanza è sempre più tecnologica Il futuro della finanza è tecnologico. Non ci sono più dubbi, ora che la collaborazione fra gli istituti di credito e le compagnie fintech è un dato di fatto e un trend in crescita. A dirlo sono i numeri che emergono dal World…

Le Banche cedono e collaborano con le starup del Fintech: la finanza è sempre più tecnologica

Il futuro della finanza è tecnologico. Non ci sono più dubbi, ora che la collaborazione fra gli istituti di credito e le compagnie fintech è un dato di fatto e un trend in crescita. A dirlo sono i numeri che emergono dal World Retail Banking Report 2017, elaborato da Capgemini e Efma, ma anche la nascita di  SuperNovae Labs, acceleratore fintech per banche e assicurazioni. Andiamo per gradi.

Banche e compagnie Fintech collaborano

fintechSe non puoi annientare il nemico, conviene fartelo amico. É questo quello che sta accadendo al settore della Finanza. Gli istituti di Credito, anche quelli più grandi e importanti si stanno avvicinando al mondo del Fintech, lo scoprono e ci collaborano. La notizie emerge dal World Retail Banking Report 2017, elaborato da Capgemini e Efma ed incentrano sui rischi che le banche corrono dinanzi alla crescente disintermediazione.

Secondo quanto si legge nel report, sarà proprio la collaborazione tra due mondi diversi e (prime) nemici a portare all’evoluzione verso nuovi servizi innovativi e personalizzati, in grado di generare nuovi flussi di ricavi e maggiore valore. La maggioranza delle società innovativa (53,8%) e degli istituti di credito (43,5%) è convinta di un futuro basato sulla collaborazione, per costruire piattaforme che includano più settori, con servizi complementari e collegati fra di loro, in grado di offrire benefici ai clienti.

Se il Fintech sarà un mezzo di distribuzione

Uno dei possibili scenari del futuro della Finanza è quello che vede le banche continuare ad offrire prodotti e servizi, e le aziende del Fintech adepte alla distribuzione di tali servizi. Il report so ai giganti tecnologici o ad altre nuove piattaforme aperte.

E se è vero che una soluzione di questo tipo potrebbe portare a una riduzione dei costi di acquisizione dei clienti, è anche vero che tutto questo potrebbe generare potenziali problemi in merito alla disintermediazione del brand e alla proprietà dei clienti. A credere a questo scenario, però è quasi la metà (47,8%) delle Fintech e “solo” il 28,8% delle banche.

Fintech“Le fintech stanno guadagnando terreno sul fronte della customer experience rispetto alle banche tradizionali, che stanno apertamente cercando di collaborare. L’open banking offre alle banche l’opportunità di mantenere e sviluppare la loro base clienti permettendo di inserire svariati servizi sviluppati da terze parti, maggiormente personalizzati sui loro bisogni. Per le banche che non hanno questa visione strategica e che non si ritagliano un ruolo nell’open banking c’è il rischio di disintermediazione da parte dei loro clienti”, ha commentato Monia Ferrari, head of Banking di Capgemini Italia. “E’ fondamentale che le banche prendano subito in considerazione nuovi approcci per la trasformazione del business, in modo da poter stabilire e consolidare nel lungo termine le loro fondamenta nell’open banking”.

Sempre meno sportelli?

trading onlineMentre il Fintech avanza, gli strumenti classici del mondo finanziario ne pagano le conseguenze: secondo le ultime statistiche pubblicate dalla Banca d’Italia (qui il documento completo), nel 2016 gli sportelli in Italia sono scesi di circa mille unità, a quota 29.000 contro i 30.259 del 2015. Erano 30.723 nel 2014, 31 mila nel 2012 e  33.000 nel 2010. Diminuisce anche il numero delle banche, passate dalle 644 del 2015 alle 604 dello scorso anno. Certo, un peso lo hanno avuto anche le ultime fusioni in corso nel mondo del credito cooperativo e l’assorbimento delle 4 banche fallite a novembre 2015 nel gruppo Ubi. Ma che ci sia lo zampino della tecnologia è innegabile.

Basta guardare al dato relativo alle operazioni effettuate dall’home banking, ovvero dal proprio pc di casa o ufficio: 36 milioni di operazioni da parte delle famiglie solo nel 2016, 33 milioni nel 2015, 30 milioni nel 2014 e 26 milioni nel 2013. Stesso trend per le imprese, 3,2 milioni lo scorso anno, 3 milioni l’anno prima, 2,7 milioni nel 2014. In tutto, le operazioni svolte a casa o in ufficio lo scorso anno, sono state 45 milioni, contro i 42 milioni del 2015.

Ma sportelli e filiali non spariranno (del tutto)

Eppure, a dispetto degli inequivocabili dati di Bankitalia, c’è chi pensa che alla fine sportelli e filiali non si estingueranno. Roberto Ferrari, direttore generale di CheBanca!, è convinto che  il digital banking finirà col cambiare profondamente il mondo bancario. ma che gli sportelli non spariscano del tutto. A dispetto della vulgata digitale, il concetto di filiale bancaria non sparirà dal vocabolario. “Gli sportelli”, afferma Ferrari, “continueranno a esistere, ma sotto un’altra veste. E’ vero che oggi bonifici, giroconti e pagamenti possono fare esclusivamente online. Ma per la consulenza finanziaria, per esempio, sui mutui e prestiti, serve ancora il front office. Alla fine, ci sarà una drastica riduzione delle filiali, anche nel breve termine, ma non spariranno del tutto. Ma quelle che resteranno, cambieranno modo di operare. Più veloci, sicuramente”. D’altronde “sulla consulenza e sui mutui è ancora importante avere un rapporto diretto. Occorre quindi seguire la clientela in modalità multicanale, anche potenziando il canale dei consulenti”.

fintechLa posta in gioco è comunque molto alta. Vale infatti 200 miliardi, secondo un report di Citigroup, l’intero fatturato generato dai front-office delle banche americane ed europee. Se, come emerge dalle rilevazioni della Banca d’Italia, lo sportello si avvia alla pensione, allora per l’industria del Fintech potrebbe arrivare una vera e propria svolta. Gli istituti di credito tradizionali stanno però reagendo, ma ancora troppo lentamente, soprattutto in Italia, che è al 23esimo posto in Europa nell’utilizzo dell’ebanking, come ha sottolineato tempo fa il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, invitando i banchieri italiani a rendersi conto che o sfruttano le nuove tecnologie per tagliare i costi e rendere più efficienti i servizi, o saranno scavalcati dagli operatori alternativi più intraprendenti.

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