Israele prossimo al dominio dell’aria sull’Iran.
L’aeronautica militare israeliana ha ottenuto la libertà di operare nello spazio aereo di Teheran. È quanto hanno affermato sabato 14 giugno le Forze di Difesa Israeliane (Idf). Da venerdì sera l’Iran ha lanciato raffiche di missili balistici verso obiettivi intorno a Israele. L’Idf ha dichiarato che sono stati lanciati circa 200 missili, la maggior parte dei quali intercettati.
Stamani l’esercito israeliano ha dichiarato di aver raggiunto il “pieno controllo operativo aereo su Teheran” dopo giorni di attacchi aerei contro i sistemi di difesa aerea iraniani.
“Da mercoledì, commentatori e analisti geopolitici commentano l’attacco di Israele all’Iran in tutte le chiavi possibili, tranne quella più importante: l’uso del potere aereo per imporre la propria volontà a un avversario, al di là degli spazi e confini geografici” spiega a Startmag il professor Gregory Alegi, giornalista, saggista, docente di storia americana ed esperto di cose aeronautiche: “È su questo, più che sulla moralità od opportunità dell’attacco, che verte l’annuncio ufficiale israeliano essere prossima a raggiungere la superiorità aerea nei cieli dell’Iran”, sottolinea Alegi.
Tutti i dettagli.
LE FORZE AEREE DI TEL AVIV ABBATTONO TANKER IRANIANO
Sabato mattina, 70 caccia israeliani hanno percorso oltre 1450 chilometri, hanno trascorso più di due ore nello spazio aereo di Teheran e hanno attaccato decine di obiettivi nella capitale iraniana, ha dichiarato l’Idf.
Da qui, le Forze di Difesa Israeliane sono diventate sempre più sicure di aver raggiunto la completa superiorità aerea e la libertà d’azione tanto che hanno dichiarato di aver degradato le difese aeree e i sistemi missilistici iraniani al punto che gli aerei israeliani possono ora operare su Teheran senza affrontare gravi minacce.
“Molto eloquente l’esempio scelto” secondo il professor Alegi: “La distruzione di uno dei pochi aerei da rifornimento in volo iraniani, colpito al suolo a Mashdad, ben 2300 chilometri da Israele – pari a un’autonomia di volo di oltre 5.500 chilometri, se si contano anche le riserve standard di carburante. Poco importa che il colpo sia stato messo a segno da un caccia o da un drone di alta gamma: ciò che conta è che l’Iran non lo abbia visto arrivare, e se lo ha visto non l’abbia saputo fermare, e, non potendolo fermare, non abbia saputo evacuare il tanker”.
ISRAELE OTTIENE SUPERIORITÀ AEREA
Pertanto, precisa Alegi, “tutto questo corrisponde al conseguimento della superiorità aerea”. “Secondo la dottrina, questa è «Il grado di dominio nella battaglia aerea che permette ad un contendente di condurre le proprie operazioni su terra, mare e cielo in un dato luogo e posto senza interferenze proibitive da parte dell’avversario»”, chiosa.
ASSENZA DI PERDITE PER TEL AVIV
Nello specifico, “vista l’assenza di perdite aeree da parte israeliana – la foto del caccia F-35 rivendicato come abbattuto è un palese falso generato dall’AI, anche mal istruita – si potrebbe forse parlare di air dominance, nella quale si è liberi di operare ovunque (e non solo «in un dato luogo e posto») senza alcun tipo di interferenza”, osserva l’esperto precisando che “è su questa capacità che si basa il potere aereo, a sua volta definito come «la capacità di proiettare potenza o influenza attraverso l’uso dell’aria o dello spazio per conseguire obbiettivi strategici, operazionali o tattici»”.
“Né è particolarmente utile – prosegue Alegi – paragonare gli attacchi aerei mirati su comandi e leader di Teheran con missili lanciati in larga parte contro centri abitati. In primo luogo, gli attacchi mirati degradano la capacità avversaria di rispondere, tanto che le ultime bordate di missili iraniani sono assai meno numerose di quelle iniziali. In secondo luogo, le perdite non si valutano in assoluto ma in funzione dei risultati ottenuti. Terzo, gli attacchi missilistici contro obiettivi fermi e noti rafforzano la conclusione che Teheran abbia poche capacità di fermare ciò che vola sopra il proprio territorio, mentre Israele riesce comunque a fermare il 95% dei missili lanciati contro il proprio territorio. Quarto, non si ha notizia di un solo combattimento aereo”.
LE POSSIBILI CONSEGUENZE
Infine, secondo il professor Alegi “è presto per dire se ci troviamo di fronte a una nuova guerra dei Sei Giorni, ma val la pena di notare che la sproporzione numerica tra lo Stato ebraico e quello islamico è sempre molto forte, così come anche nel 1967 Israele accettò di subire perdite nei primi attacchi in vista del successo ultimo”.
“La storia non si ripete, ma dovrebbe indurre i geopolitici a valutare con molta più attenzione la storia militare e gli studi strategici. Di contro, la vittoria militare non equivale alla sostenibilità politica. La scomparsa dell’Iran o la sua trasformazione in un buco nero potrebbe avere conseguenze imprevedibili sull’assetto della ragione. Ma, appunto, la storia insegna che la difficoltà della vittoria militare è minore di quella del successo politico”, conclude il professor Alegi.