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Renault sfornerà droni da guerra in Francia?

Se ne iniziò a parlare quando Sébastien Lecornu sedeva al dicastero delle Forza armate e se ne torna a parlare ora che è diventato Primo ministro: Renault sarebbe tentata dall'offerta del governo d'Oltralpe di produrre droni in un periodo storico in cui il settore dell'auto annaspa. Ma a determinate condizioni: la Losanga vuole comunque continuare a sfornare vetture

Con l’Europa che torna ad armarsi i costruttori di automobili – peraltro tutti in forte crisi nell’attuale momento storico – potrebbero nuovamente riconvertire i propri impianti, proprio come era già accaduto cento anni fa. E Renault sarebbe solleticata dall’idea di produrre droni.

RENAULT PRENDE IL VOLO COI DRONI?

Se ne parla ormai da almeno nove mesi. A inizio anno, infatti, la casa automobilistica francese aveva ufficializzato le indiscrezioni secondo le quali sarebbe stata contattata dal Ministero delle Forze Armate che aveva avanzato una proposta strana: insediarsi in Ucraina per produrre droni per gli eserciti ucraino e francese. “Non è stata presa alcuna decisione, in attesa di chiarimenti su questo progetto da parte del Ministero”, aveva tagliato corto Renault all’Agence France-Presse.

France Info parallelamente aveva aggiunto che Renault con un pool di aziende e Pmi francesi del settore della difesa stavano valutando di aprire linee di produzione situate a poche decine o centinaia di chilometri dal fronte ucraino. Un bel paradosso per la Losanga: produrre droni per attaccare la Russia, Paese con il quale fino a tre anni fa intratteneva saldissimi rapporti commerciali attraverso AvtoVaz, espropriata e nazionalizzata da Mosca a seguito delle sanzioni occidentali.

SE NE PARLA ANCORA?

Sono passati nove mesi da allora e non è stato partorito alcunché. Almeno fino alle ultime ore, quando l’Afp è tornata a battere agenzie che insistono sulla possibilità che Renault inizi a produrre droni. Un dettaglio non di poco conto, che stranamente non viene sottolineato dalle testate d’Oltralpe, è il seguente: quando se ne parlò la prima volta al dicastero delle Forze Armate sedeva Sébastien Lecornu che i casi della vita e soprattutto la forte instabilità politica francese hanno portato oggi al vertice del governo.

Basterebbe insomma questo particolare politico per leggere l’indiscrezione sotto una luce del tutto nuova. Anche perché questa volta l’Agence France-Presse fa sapere che il piano valutato a Le Plessis-Robinson, dove ha sede la Losanga, sarebbe stato epurato dalla sua parte più balzana: costruire cioè droni sul fronte ucraino. Impossibile in piena guerra, peraltro la missione avrebbe di fatto reso gli operai di Renault un bersaglio dell’esercito russo.

I DRONI DI RENAULT SI FARANNO NEGLI IMPIANTI PARIGINI?

Renault dunque sarebbe tentata dal dire di sì al governo: ridarebbe fiato ai suoi stabilimenti che oggi devono vedersela con un mercato dell’auto refrattario all’acquisto e avrebbe in cambio sistemi di sicurezza informatici garantiti dall’esecutivo francese. Considerato ciò che è appena accaduto alla britannica (in mani indiane) Jaguar Land Rover, costretta a fermarsi per oltre tre settimane a seguito di un attacco hacker, non è certo una offerta da rifiutare a cuor leggero. Pare comunque che Renault non voglia adulterare la propria immagine e avrebbe posto come condizione quella di accettare a patto che il progetto le permetta di restare nell’automotive.

La Francia non ha stormi di droni realmente competitivi, almeno secondo quanto sostengono gli analisti militari e l’esigenza di correre ai ripari si sarebbe fatta di colpo più pressante a seguito delle ultime invasioni di campo di velivoli quasi certamente russi nei cieli afferenti lo spazio europeo. Il motivo lo ha spiegato efficacemente il segretario generale della Nato, Mark Rutte secondo cui per rispondere alle incursioni di velivoli senza piloti da poche migliaia di euro l’Alleanza atlantica alza jet che costano milioni e milioni e dovrebbe sparare missili dal medesimo valore. Sul lungo periodo, insomma, questa caccia al drone non sarebbe economicamente sostenibile. Servono perciò droni europei.

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