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Perché c’è guerra in Germania tra le aziende della difesa

Nonostante l'aumento record della spesa militare tedesca, le piccole e medie imprese del settore faticano a tenere il passo con i grandi gruppi. Tra burocrazia, carenza di personale e difficoltà di finanziamento, il futuro della difesa tedesca passa da una riforma profonda del modello industriale.

Le piccole e medie imprese tedesche nel settore della difesa faticano a reggere il passo con i grandi gruppi industriali, sia nazionali che internazionali, in particolare americani, nonostante l’impennata della spesa militare promossa dal governo federale. Il programma di potenziamento della Bundeswehr, che prevede investimenti superiori ai 100 miliardi di euro l’anno, si scontra con una realtà produttiva frammentata, frenata da burocrazia, difficoltà di accesso al credito, carenza di personale e incertezze nei tempi di approvvigionamento. Eppure, scrive l’Handelsblatt che al tema dedica un’inchiesta, senza queste aziende nessun carro armato tedesco potrebbe mai uscire dalla fabbrica.

UN MOSAICO PRODUTTIVO ALLA BASE DELLA BUNDESWEHR

Gli analisti stimano tra 2.000 e 3.000 le piccole e medie imprese che formano l’ossatura nascosta dell’industria bellica tedesca. IMAR Navigation & Control è una di esse, situata nel cuore del piccolo Stato federale del Saarland, al confine con la Francia. Il suo caso è, secondo l’Handelsblatt, emblematico. L’azienda fornisce da anni sistemi di stabilizzazione e controllo per mezzi militari. La recente vittoria di una gara d’appalto per il progetto di radio digitale TaWAN impone ora un aumento rapido della produzione. Ma trovare spazi adatti ha richiesto mesi e il reperimento di personale qualificato è altrettanto complicato.

Secondo le stime di McKinsey, ogni carro armato tedesco coinvolge almeno 150 fornitori medio-piccoli. La produttività media per addetto si aggira intorno ai 90.000 euro annui e il valore aggiunto complessivo del comparto potrebbe toccare i 30 miliardi di euro. Il problema è che queste aziende devono riconvertire in tempi brevissimi i propri cicli produttivi per adattarsi alla richiesta industriale di massa. Una sfida logistica e organizzativa che richiede molto più di uno sforzo individuale.

OSTRUZIONI STRUTTURALI E DIFFICOLTÀ DI ACCESSO AL CREDITO

Nonostante la promessa di fondi ingenti, le PMI denunciano ostacoli che vanno ben oltre il solo lato finanziario. I processi di aggiudicazione dei contratti sono lunghi, le specifiche tecniche spesso nebulose e le banche locali sono restie a concedere crediti a imprese attive nel settore bellico, per timori legati alla sostenibilità ambientale e sociale.

La fonderia Schmees di Langenfeld, ad esempio, che produce componenti in acciaio inossidabile, ha impiegato un anno e mezzo e investito un quarto di milione di euro per ottenere le certificazioni necessarie a collaborare con l’esercito. Oggi, il 15% del suo fatturato deriva da commesse militari, ma la lentezza nell’approvazione dei progetti continua a rappresentare un freno allo sviluppo.

LA NECESSITÀ DI UNA RIFORMA DEL MODELLO INDUSTRIALE

Per assicurare la tenuta del comparto, molti esperti indicano la necessità di un cambio di paradigma. Le PMI da sole difficilmente riusciranno a stare al passo con le richieste della Bundeswehr, mentre i grandi gruppi, come Rheinmetall o KNDS, godono di rapporti consolidati con Berlino e una capacità di adattamento superiore. Da qui la proposta, sostenuta da voci come quella di Susanne Wiegand, ex CEO di Renk, di promuovere accorpamenti e alleanze strategiche per rafforzare la competitività.

Tutti gli esperti interpellati dall’Handelsblatt concordano con l’idea di spingere verso una riforma del modello e della strategia industriale, su più piani. Il consulente McKinsey Björn Hagemann suggerisce commesse a lungo termine e prefinanziamenti come strumenti chiave per facilitare l’espansione produttiva. E Hans Christoph Atzpodien della Federazione dell’industria tedesca della sicurezza e della difesa (BDSV) insiste sull’urgenza di comunicazioni più trasparenti da parte delle autorità militari e di una drastica riduzione della burocrazia.

IL FATTORE UMANO COME ANELLO DEBOLE

Un’altra emergenza strutturale è la mancanza di manodopera qualificata. Vale un po’ per tutta l’industria in Germania, ma per questo specifico settore ad alto contenuto tecnologico tale carenza è ancor più penalizzante. Le aziende devono ormai cercare personale ovunque, accogliendo lavoratori stranieri e assumendo figure da formare internamente. Ma nonostante l’alta tecnologia impiegata e l’interesse crescente per il settore, le zone industriali tedesche fuori dai grandi centri faticano ad attrarre giovani ingegneri.

E resta infine la grande incognita dell’indipendenza: molte imprese familiari potrebbero non reggere alla pressione della trasformazione e optare per la cessione a gruppi più solidi. In una fase in cui la Germania punta a diventare – secondo i propositi dello stesso cancelliere Friedrich Merz – la principale potenza militare convenzionale d’Europa, il rischio è che l’anello più debole della filiera si spezzi proprio nel momento in cui è chiamato a sostenere il peso più grande.

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