I clienti internazionali dei lanci di SpaceX, la società aerospaziale di Elon Musk, sollecitano una riduzione dei dazi imposti dagli Stati Uniti.
Mentre Washington e Pechino hanno concordato di sospendere parte dei dazi per 90 giorni, i dazi rimangono complessivamente a livelli più alti di quelli previsti all’inizio del mandato di Trump. Il presidente Usa ha imposto infatti un dazio del 10% sulla maggior parte delle importazioni in entrata negli Stati Uniti il 2 aprile, calcolato in base al valore dichiarato delle merci. Alcuni paesi devono affrontare dazi ancora più elevati o ulteriori restrizioni commerciali.
E se Elon Musk è uno stretto alleato di Trump e ha guidato gli sforzi della Casa Bianca per ridurre le spesa del governo federale con il Dipartimento per l’Efficienza Governativa (Doge), ora è alle prese con le lamentele dei clienti esteri di SpaceX.
Secondo Spacenews, le startup che intendono affidarsi ai servizi di lancio di SpaceX devono far fronte a costi improvvisi con l’entrata in vigore delle nuove politiche commerciali statunitensi.
I dazi rappresentano infatti un ulteriore ostacolo per le startup che non dispongono delle risorse finanziarie per assorbire costi imprevisti, aggravando l’incertezza che i nuovi arrivati già affrontano nel tentativo di affermarsi nel settore spaziale, commenta la testata specializzata.
Tutti i dettagli.
IL COSTO DEI LANCI PER I SATELLITI STRANIERI
Prima degli ultimi dazi di Trump, i satelliti importati negli Stati Uniti per il lancio erano generalmente esenti da dazi ai sensi della Tabella Tariffaria Armonizzata degli Stati Uniti (HTSUS), ricorda Spacenews. Ma lo scorso 2 aprile l’inquilino della Casa Bianca ha introdotto un dazio del 10% sulla maggior parte delle importazioni, calcolato sul valore dichiarato delle merci.
E questi nuovi dazi – precisa Spacenews – si applicano anche ai satelliti stranieri lanciati dal suolo statunitense non solo da SpaceX, ma anche da United Launch Alliance, la joint-venture tra Lockheed Martin e Boeing, dalla società aerospaziale di Jeff Bezos Blue Origin e altri ancora.
Non si applicano invece ai lanci della californiana Rocket Lab dalla Nuova Zelanda, nonostante l’azienda abbia sede negli Stati Uniti, purché il satellite non transiti attraverso il suolo americano. I dazi si applicherebbero nel caso il cui la società lanciasse il satellite dalla sede statunitense di Rocket Lab a Wallops Island, in Virginia.
I DAZI SUI CLIENTI NON AMERICANI
Ed ecco che i player del settore, soprattutto le startup, stanno lamentando costi elevati.
Il fornitore tedesco di servizi di lancio Exolaunch sta collaborando con i clienti non statunitensi per recuperare la maggior parte dei dazi che devono pagare per il dispiegamento dei loro satelliti tramite SpaceX, riporta Spacenews.
Arad Gharagozli, ceo della startup satellitare canadese Galaxia, ha dichiarato che un dazio del 25% ha colpito la sua azienda per spedire il suo primo veicolo spaziale in California, con un lancio previsto per giugno nell’ambito di una missione di condivisione di SpaceX. Ai microfoni di Spacenews, il ceo di Galaxia ha dichiarato di aver preso in considerazione l’annullamento della missione mentre cercava un fornitore di lancio alternativo, senza successo. “Dato il breve preavviso e le significative implicazioni del ritiro, abbiamo deciso di assorbire i costi e procedere con il lancio”, ha aggiunto Gharagozli.
COSA PREVEDE LA US CUSTOM AND BORDER PROTECTION
In realtà, come evidenzia la testata americana, la U.S. Customs and Border Protection (CBP), l’agenzia federale degli Stati Uniti responsabile del controllo e della sicurezza delle frontiere e della dogana, offre un programma di rimborso dei dazi doganali. Quest’ultimo consente agli operatori di recuperare fino al 99% dei dazi pagati sulle merci esportate o riesportate, compresi i satelliti consegnati per il lancio.
Jeanne Allarie, responsabile marketing di Exolaunch, ha affermato a Spacenews che l’azienda sta gestendo questo processo per conto di Galaxia e di altri clienti utilizzando il suo distributore di lancio per la prossima missione Transporter-14 di SpaceX.
“Non è un processo rapido né semplice, ma visti gli importi di cui stiamo parlando, ne vale sicuramente la pena per i nostri clienti”, ha dichiarato Allarie.
Le informazioni su come funziona il processo di rimborso dei dazi sono limitate, secondo Gharagozli, che ha affermato che l’impresa ha dovuto affrettarsi a pagare il 25% del valore del satellite. “È un onere enorme per qualsiasi azienda, figuriamoci per le startup”, ha ammesso ceo Galaxia.
IL COMMENTO DEGLI ESPERTI
Pertanto, i dazi stanno colpendo i clienti esteri di SpaceX, anche se in modo indiretto, a seconda di come sono strutturati.
I servizi di lancio della società aerospaziale di Elon Musk non sono tassati direttamente, ma se un cliente straniero invia un satellite da lanciare, potrebbe dover pagare un dazio sul valore dichiarato del carico al momento dell’ingresso negli Stati Uniti. Questo aumenta il costo complessivo per i clienti esteri che scelgono di lanciare con SpaceX dal suolo americano, rendendo meno competitiva l’offerta rispetto, per esempio, a lanciatori europei o asiatici dove non ci sono dazi simili.
“I dazi stanno introducendo sfide in vari aspetti delle attività di SpaceX, inclusi i costi della catena di approvvigionamento, i contratti internazionali e il contesto normativo”, afferma Maxime Puteaux, consulente principale della società di consulenza spaziale Novaspace, ripreso da Forbes. “Le aziende spaziali sono già sottoposte a un’enorme pressione a causa dell’aumento dei tassi di interesse, dell’inflazione persistente e delle tendenze di mercato post-Covid. I dazi non faranno che aggravare il colpo e intensificare la pressione”.