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Difesa, perché il Regno Unito fa la guerra al Safe Ue

Londra dice no a Bruxelles: il Regno Unito rifiuta la quota da 6,75 miliardi per entrare nel fondo europeo per la difesa Safe. Fatti, numeri e approfondimenti

Il Regno Unito risponde no a Bruxelles sul Safe (Security Action For Europe), il nuovo fondo Ue per gli armamenti.

La Commissione Europea proponeva a Londra una partecipazione da oltre 6 miliardi di euro al programma da 150 miliardi per la sicurezza europea. Ma il governo Starmer giudica “irragionevoli” le condizioni, rivela Bloomberg.

Da una parte Downing Street vede nell’iniziativa un potenziale vantaggio per le proprie aziende, che potrebbero beneficiare dei finanziamenti europei in settori come elettronica, spazio, intelligenza artificiale e sistemi autonomi. Tuttavia, il prezzo richiesto da Bruxelles è giudicato sproporzionato rispetto ai benefici diretti, considerando che lo strumento Safe privilegia le imprese con catene di fornitura europee.

Sullo sfondo, il difficile equilibrio post-Brexit e il riarmo europeo dopo l’Ucraina.

Tutti i dettagli.

IL RIFUTO DI LONDRA AD ADERIRE AL SAFE

Il Regno Unito ha respinto la richiesta della Commissione europea di contribuire con 6,75 miliardi di euro per aderire al programma Safe, il nuovo fondo per la difesa da 150 miliardi di euro con cui Bruxelles punta a rafforzare la base industriale e la prontezza militare del continente.

COME FUNZIONA LO STRUMENTO UE

Lo scorso 27 maggio il Consiglio dell’Unione europea ha adottato ufficialmente il regolamento che istituisce lo strumento “Azione per la sicurezza in Europa” (Safe), all’interno del piano di riarmo europeo ReArm Europe/Readiness 2030 presentato lo scorso marzo dalla commissione europea.

Dunque i fondi saranno raccolti sui mercati dei capitali ed erogati agli Stati membri interessati su richiesta, sulla base dei loro piani di investimento per l’industria europea della difesa. Il programma consentirà quindi ai paesi membri di contrarre prestiti dall’Ue per l’acquisto di equipaggiamento militare,  i cui rimborsi possono essere spalmati in 45 anni anni.

L’OBIETTIVO

L’obiettivo è fornire agli Stati membri la possibilità di accedere a prestiti agevolati per investimenti in capacità militari strategiche – dai droni alla difesa cibernetica, dai missili allo scudo aereo europeo – a condizione che i sistemi acquistati siano prodotti principalmente all’interno dell’Ue, in Ucraina o nei Paesi SEE-EFTA.

Le prossime settimane saranno decisive: gli Stati membri hanno tempo fino al 30 novembre per presentare i primi progetti da finanziare attraverso Safe.

IL NODO DEI COSTI

La mossa di Downing Street rischia di aprire un nuovo fronte di tensione tra Londra e Bruxelles, proprio mentre l’Europa cerca di accelerare il riarmo comune in risposta alla guerra in Ucraina, osserva Bloomberg.

Secondo indiscrezioni riportate da Bloomberg, la Commissione avrebbe proposto che la Gran Bretagna contribuisse con una quota compresa tra 4 e 6,5 miliardi di euro, oltre a una commissione amministrativa aggiuntiva tra 150 e 250 milioni di euro.

Un alto funzionario britannico ha definito la richiesta “irragionevole” e superiore a quanto Londra si aspettasse di pagare. “Concorderemo solo accordi che apportino valore al Regno Unito e all’industria britannica”, ha dichiarato il governo in una nota ufficiale.

IL VANTAGGIO PER LE AZIENDE DELLA DIFESA UK

Le aziende britanniche trarrebbero vantaggio se il Regno Unito riuscisse a negoziare l’accesso a un programma da 150 miliardi di euro che consente agli Stati membri di prendere in prestito denaro per investire in capacità di difesa, con spese ammesse per equipaggiamenti i cui componenti provengono principalmente dall’UE, dall’Ucraina e dai paesi SEE-EFTA, spiega ancora Bloomberg.

LA COOPERAZIONE POST BREXIT SUL FRONTE DIFESA

Il rifiuto segna una battuta d’arresto nei tentativi del premier Keir Starmer di riallacciare relazioni pragmatiche con Bruxelles dopo gli anni turbolenti della Brexit. Tuttavia, per Downing Street la prerogativa resta dunque la competitività dell’industria nazionale della difesa, con particolare attenzione ai grandi programmi congiunti come il Gcap (Global Combat Air Programme) con Italia e Giappone per un sistema di combattimento aereo di sesta generazione che dovrà essere operativo nel 2035, rivale del programma parallelo franco-tedesco-spagnolo Fcas.

Il Gcap è coordinato da una organizzazione governativa (Gigo) comune ai tre Paesi, che agisce come regista e committente, e, sotto il profilo industriale, è basato sulla joint venture paritetica (Edgewing) tra gruppi capofila: Leonardo per l’Italia, Bae Systems per il Regno Unito e Japan Aircraft Industrial Enhancement per il Giappone.

E se il programma Fcas è in stallo, il Gcap procede spedito con i negoziati in corso tra la Gigo ed Edgewing per il primo contratto a livello internazionale.

Intanto, la mancata adesione a Safe segnala quanto sia ancora fragile la cooperazione industriale e politica tra Londra e Bruxelles.

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