Il grido d’allarme risuona dalla capitale tedesca, dall’incontro organizzato a Berlino dalla Conferenza di Monaco che – in forma straordinaria – si tiene questa volta a porte aperte. Il segretario generale della Nato, Mark Rutte, ha in serbo un discorso dai toni drammatici che non lascia spazio a interpretazioni ottimistiche: il Vecchio Continente rischia di trovarsi nel mirino delle ambizioni aggressive del Cremlino. È anzi, il prossimo obiettivo e il confronto con la Russia può tracimare in una terza guerra mondiale.
Durante il suo intervento nella metropoli tedesca, il leader dell’organizzazione difensiva transatlantica ha dipinto uno scenario inquietante, parlando di un ritorno delle forze che minacciano la libertà e avvertendo che l’Europa potrebbe diventare il bersaglio successivo dell’espansionismo moscovita. Un quadro preoccupante che evoca i conflitti che hanno segnato le generazioni passate.
Rutte ha evidenziato come il Cremlino stia dimostrando una determinazione senza precedenti nel perseguire le proprie mire espansionistiche. Vladimir Putin non esita a sacrificare risorse economiche e vite umane sull’altare delle proprie ambizioni territoriali. Secondo le valutazioni presentate, mantenendo il ritmo attuale di potenziamento militare, entro un lustro Mosca potrebbe disporre delle capacità necessarie per lanciare un’offensiva contro i territori della Nato. Restano cinque anni di tempo per impedirlo.
Di fronte a questo scenario, Rutte ha denunciato una pericolosa sottovalutazione della minaccia incombente, affermando che la preparazione necessaria dovrebbe eguagliare quella richiesta dai conflitti devastanti vissuti dalle generazioni precedenti.
TENSIONI TRANSATLANTICHE E PRIORITÀ DIVERGENTI
Nonostante l’urgenza dell’allarme, l’Alleanza Atlantica attraversa una fase critica, forse la più delicata dalla sua costituzione. Le relazioni tra le due sponde dell’oceano mostrano crepe profonde, con Washington e le capitali europee che sembrano procedere su binari paralleli piuttosto che convergenti. Il recente documento strategico pubblicato dall’amministrazione americana ha sollevato interrogativi sulla considerazione riservata ai partner europei, contenendo valutazioni critiche riguardo alla gestione delle libertà civili e delle politiche migratorie nel Vecchio Continente.
Inoltre, gli interessi strategici statunitensi hanno subito una ridefinizione sostanziale. L’attenzione di Washington si sta rivolgendo verso altre aree geografiche: da un lato l’America Latina, dall’altro la regione asiatico-pacifica dove si concentra il confronto con Pechino.
Questa riallocazione delle priorità comporta uno spostamento delle risorse militari verso l’emisfero occidentale e l’area indo-pacifica e lascia scoperta l’Europa. Un processo di lungo periodo, che Trump sta però accelerando sullo sfondo di una nuova base ideologica. Dal punto di vista americano, un impegno bellico sul suolo europeo rappresenterebbe un vincolo di mezzi che potrebbero essere impiegati più efficacemente altrove.
Fonti giornalistiche internazionali, rivela la Neue Zürcher Zeitung, riferiscono che Washington starebbe sollecitando l’Europa ad assumere la responsabilità principale della difesa tradizionale entro il 2027.
CONTRADDIZIONI SUL FUTURO DELL’ALLEANZA
Nonostante le crescenti frizioni nelle relazioni atlantiche, il segretario generale ha espresso fiducia nella tenuta dell’impegno americano verso l’Alleanza. La protezione garantita dall’organizzazione si estende oltre il fronte orientale, abbracciando anche le regioni artiche e atlantiche, aree di rilevanza strategica per gli Stati Uniti, ma in parte anche queste motivo di frizione con l’Europa, come dimostra il caso della Groenlandia. Ma almeno questa considerazione di Rutte lascerebbe intendere un interesse duraturo di Washington nel mantenimento della struttura difensiva comune.
Anche Friedrich Merz ha minimizzato l’impatto del nuovo orientamento strategico americano sull’architettura di sicurezza atlantica. Durante una conferenza stampa congiunta, il cancelliere ha assicurato l’assenza di segnali che indichino un abbandono degli impegni reciproci di difesa. Tuttavia, ha sottolineato con forza la necessità per il continente europeo di sviluppare un’autonomia difensiva più robusta. Gli Stati europei hanno incrementato i budget destinati agli armamenti, rispondendo alle sollecitazioni della Casa Bianca, ma restano profondamente divisi su questioni fondamentali per la sicurezza continentale.
DIVISIONI EUROPEE SUL SOSTEGNO A KIEV
Il quadro europeo presenta lacerazioni significative su temi cruciali. Il finanziamento futuro della resistenza ucraina rimane un nodo irrisolto. Il cancelliere tedesco propone l’utilizzo degli asset russi bloccati nelle istituzioni finanziarie europee: una somma considerevole che potrebbe sostenere Kiev nel breve termine. Tuttavia, il Belgio, dove sono depositati gran parte di questi fondi, teme rappresaglie moscovite e con il suo esecutivo si oppone all’iniziativa. A poco sembrano essere serviti i colloqui diretti dello stesso Merz con il premier belga Bart De Wever alla fine della scorsa settimana.
Le difficoltà di coordinamento emergono anche nei programmi di riarmo condivisi. Progetti ambiziosi come il sistema aereo da combattimento franco-tedesco registrano rallentamenti preoccupanti e sono sempre sul filo del fallimento. Divergenze profonde riguardano le garanzie di sicurezza che il continente dovrebbe fornire all’Ucraina. Mentre Parigi e Londra valutano l’ipotesi di dispiegare contingenti militari per garantire una eventuale tregua, Berlino mantiene un atteggiamento cauto. E Roma non è mai apparsa convinta dell’iniziativa dei volenterosi. Inoltre, il sostegno economico e militare a Kiev risulta distribuito in modo squilibrato tra gli Stati membri, con particolare riserva da parte delle nazioni meridionali. Per non parlare del boicottaggio di paesi dell’Europa centrale come Ungheria e Slovacchia, prossimamente forse anche della Repubblica Ceca.
Queste divisioni indeboliscono la posizione europea in uno scenario dove ormai prevalgono solo rapporti di forza militari ed economici. Merz ha prospettato un incontro sulla crisi ucraina nella capitale tedesca, ma permane l’incertezza sulla partecipazione americana. Gli europei avrebbero elaborato una nuova proposta sulla configurazione territoriale futura dell’Ucraina, ma l’esito resta legato ai negoziati del fine settimana. In questa fase critica, al Vecchio Continente non resta che evidenziare la gravità della situazione e sperare nella tenuta della solidarietà atlantica.






