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Come la guerra in Ucraina modella le scelte dei Paesi europei. Le batterie missilistiche costiere antinave

L'approfondimento di Giovanni Martinelli

13 aprile 2022, verso sera diverse fonti Ucraine rilanciano una notizia importante; l’incrociatore lanciamissili Moskva, la nave ammiraglia della Flotta Russa del Mar Nero, è stata colpito da 2 missili antinave R-360 Neptune di fabbricazione Ucraina lanciati da una batteria costiera. Il Moskva non affonda subito ma i gravi danni subiti e l’incendio che si sviluppa a bordo porteranno alla perdita della nave; che infatti avviene nelle prime ore del giorno successivo, il 14 aprile.

Nonostante i tentativi della Russia stessa di minimizzare l’accaduto, l’impatto è enorme. Anche perché un paio di mesi dopo circa, il 17 giugno, un’altra unità Russa e cioè il rimorchiatore d’altura Spasatel Vasily Bekh viene colpito sempre da 2 missili antinave; nel dettaglio, 2 Harpoon facenti parte dei primi aiuti militari forniti dall’Occidente all’Ucraina. Questa volta la nave affonda immediatamente e sebbene essa debba essere considerata di importanza inferiore rispetto al Moskva, il dato finale è ormai chiaro.

La Flotta Russa del Mar Nero sotto minaccia dei missili antinave Ucraini basati a terra, di fatto non può più esercitare quel minimo di supremazia navale su questo specchio d’acqua che aveva acquisito dall’inizio dell’invasione. E sebbene il teatro marittimo sia stato sempre comunque secondario rispetto al quadro complessivo del conflitto iniziato nel febbraio 2022, di fatto l’impossibilità delle forze navali di svolgere operazioni di carattere più ampio (magari anche in chiave operazioni anfibie), ha finito con il limitare comunque l’operatività del dispositivo militare Russo nel suo complesso.

IL RITORNO DELLE BATTERIE MISSILISTICHE COSTIERE ANTINAVE

Quello che emerge dunque è un insegnamento di rilievo: la strategia A2/AD (Anti-Access/Area Denial) ampiamente teorizzata da tempo ha una sua valenza. Altrimenti detto, la capacità di impedire l’accesso a un avversario in una determinata area di operazioni (Anti Access) o di limitarne comunque l’operatività (Area Denial) costituiscono un elemento chiave per proteggere assetti vitali (in particolare, porti e altre infrastrutture strategiche poste sul mare), per difendere/ controllare linee di comunicazioni marittime e, infine, in chiave di deterrenza contro possibili azioni nemiche.

E in questo quadro, un ruolo determinante lo vanno a svolgere proprio le batterie missilistiche costiere; capaci di lanciare attacchi a grande distanza contro navi nemiche, sostanzialmente autonome (di norma, ogni batteria è dotata del proprio centro di Comando e Controllo, radar/sensori di scoperta e tracciamento, lanciatori di missili e assetti di supporto) e altamente mobili al fine di aumentarne la sopravvivenza (dato che quanto appena descritto viene montato su appositi veicoli).

Non a caso, proprio a seguito degli insegnamenti provenienti dal conflitto in Ucraina la tendenza che si sta registrando è quella di un crescente interesse verso questo assetto operativo; a livello mondiale ma soprattutto, dato che ci riguarda più da vicino, a livello Europeo.

Qui c’è da fare una precisazione; già negli anni della Guerra Fredda infatti alcuni Paesi del “Vecchio Continente” disponevano di batterie missilistiche costiere, poi in molti casi dismesse per effetto dei tagli ai bilanci della Difesa. Così come altri Paesi avevano già, soprattutto per effetto della loro particolare collocazione geografica, avviato comunque processi di loro acquisizione ancor prima del conflitto. Ora però l’accelerazione è evidente.

COME SI MUOVONO I PAESI EUROPEI

Prima di entrare nel merito delle decisioni operate dai singoli, una rapida premessa. Il mercato oggi offre una discreta quantità di sistemi diversi; anche se, alla fine, ce n’è uno che si sta affermando con una certa prevalenza. Nello specifico, il Naval Strike Missile Coastal Defense System (NSM CDS) basato proprio sul missile NSM; di concezione Norvegese (più precisamente, dell’azienda Kognsberg), esso ha poi visto un suo ulteriore sviluppo e maggiore diffusione a seguito del coinvolgimento del gruppo Americano RTX Corporation. I numeri parlano chiaro; nelle sue varie versioni, l’NSM è stato adottato da almeno 16 Paesi. Le caratteristiche avanzate, la capacità di evolversi (la sua ultima versione Block 1A, per esempio, è ora accreditata di una gittata di oltre 300 Km; ben superiore a quella iniziale) nonché di adattarsi a esigenze diverse ne stanno decretando il successo a livello mondiale.

L’Europa, si diceva. Ebbene, qui va detto che il primo Paese ad aver compreso le grandi potenzialità di questi sistemi è stata la Polonia che nel (lontano) 2008 ha ordinato le prime 2 batterie NSM CDS complete, altre 2 sono state ordinate nel 2014 e infine nel 2023 un ulteriore ordine per ulteriori 4 batterie. Sempre con un certo anticipo, nel 2020 si registra anche la scelta della Romania di acquistare a propria volta l’NSM CDS; concretizzata poi tra la fine del 2022 e l’inizio del 2023 con un ordine per un numero imprecisato di batterie (si ipotizza che siano 2).

Ben più recenti sono invece le decisioni di Lettonia e Bulgaria; il sistema scelto, di nuovo è quello basato sull’NSM e mentre Riga opta per esso nel 2023, la decisione di Sofia è arrivata appena poche settimane fa. Per entrambi i Paesi si ipotizza l’acquisizione di una batteria ciascuno. Infine, nei mesi scorsi è anche arrivata la decisione della Danimarca di ricostituire a propria volta simili capacità (si ricorda infatti che i sistemi Harpoon protagonisti dell’affondamento dello Spasatel Vasily Bekh erano stati donati proprio da Copenaghen, in quanto da tempo ritirati dal servizio); per quanto non sia stata ancora formalizzata, tutto lascia intendere che la scelta cadrà ancora sull’NMS CDS.

Un altro missile antinave che gode di una discreta diffusione è l’RBS-15 della Svedese Saab, declinato anch’esso in una versione per la difesa costiera adottata da Svezia e Finlandia; Paesi cioè che hanno una importante tradizione con sistemi del genere. Ma il dato interessante è un altro; e cioè che da una parte c’è la recente decisione di Stoccolma di aggiornare quelli a propria disposizione adottando in particolare l’ultima versione del missile (l’RBS-15 MK. III, che tra le varie innovazioni introdotte presenta anche una gittata aumentata a oltre 200 Km). Dall’altra quella di Helsinki di integrare i propri sistemi (basati sulla versione meno recente dell’RBS-15 stesso) con quelli adottati dall’Estonia.

E qui entra in gioco quella che appare la scelta più originale finora effettuata: nel 2021 infatti Tallinn ha annunciato l’acquisto del sistema Blue Spear, prodotto dalla joint venture Proteus Advanced Systems, che unisce Israel Aerospace Industries (IAI) e la ST Engineering Land Systems di Singapore. Molte sue caratteristiche in realtà non sono ancora conosciute; se non che il missile impiegato rappresenta un’evoluzione della famiglia Gabriel, prodotta da decenni dalla stessa IAI. Dato di spicco comunque noto, una gittata stimata di 290 Km.

E L’ITALIA?

I lettori più attenti si saranno accorti di un particolare importante: sostanzialmente, tutti i Paesi elencati si affacciano su bacini d’acqua più o meno ristretti, Mar Baltico e Mar Nero. Dunque, si potrebbe essere portati a pensare che in presenza di superfici/dimensioni maggiori, come nel caso del Mar Mediterraneo e dell’Italia, questi sistemi missilistici antinave possano avere una minore valenza operativa. Ebbene, in realtà non è così.

Sia perché, in generale, negli ultimi anni questi stessi sistemi si sono evoluti diventando più performanti in modo da superare certi loro limiti precedenti (quali, per esempio, la gittata relativamente ridotta). Sia perché, più nello specifico, la nostra peculiare posizione geografica nel Mar Mediterraneo stesso appare coerente con lo schieramento di simili batterie.

Non a caso, verso la fine del 2021 emersero indiscrezioni circa valutazioni dello Stato Maggiore della Difesa sull’acquisto e rischieramento sulle isole di Lampedusa e Pantelleria di un certo numero di batterie missilistiche antinave. Da allora non se ne è saputo nulla ma, effettivamente, va osservato che la loro eventuale presenza su quelle isole poste proprio al centro dello Stretto di Sicilia le trasformerebbe in una sorta di “guardiano” piuttosto robusto in un braccio di mare strategicamente importante.

Con un’ultima nota conclusiva, la potenziale disponibilità di un sistema a forte impronta nazionale: il Marte Coastal Defence System (MCDS) del colosso Europeo della missilistica MBDA, a sua volta incentrato su quel missile Marte ER (Extended Range) già in dotazione alla Marina Militare per l’impiego dai propri elicotteri. Un aspetto che, di fatto, rappresenta un altro “punto” a favore di una potenziale (e, a parere di chi scrive, auspicabile) adozione di tale sistema da parte del nostro Paese.

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