Sono settimane che la tensione ai confine tra Russia e Ucraina cresce quasi ininterrottamente; e con essa, purtroppo, la possibilità che Mosca faccia scattare un’invasione via terra. Un’offensiva che potrebbe assumere diverse forme; da quella di portata più limitata a quella su vasta scala destinata alla “conquista” della stessa capitale Kiev. Il tutto corredato da attacchi cibernetici e da operazioni di “guerra ibrida”, volte ad aumentare il livello di confusione sul campo di battaglia.
Negli ultimi giorni tuttavia hanno destato impressione anche le complesse manovre navali della Marina russa —per ultimo l’annuncio del Cremlino di navi da sbarco russe in viaggio dal Mediterraneo verso il Mar Nero — ; non sfugge a nessuno che il consistente Gruppo navale formatosi nel Mediterraneo (6 navi anfibie più diverse altre unità di vario tipo) potrebbe facilmente e rapidamente diventare una pedina operativa importante in un eventuale attacco all’Ucraina.
Considerazione ulteriormente corroborata dal fatto che, in realtà, già oggi la Marina russa stessa può vantare un condizione di pressoché assoluto dominio sul Mar Nero. E questo per una semplice ragione; già poca cosa al momento della sua nascita avvenuta nel 1992 e poi ancora negli anni successivi legati alla spartizione con Mosca della flotta ex-Sovietica, la Marina ucraina subisce un altro durissimo colpo con l’occupazione della Crimea da parte russa. È il marzo del 2014 e nel giro di pochi giorni vengono “catturate” decine di navi, smantellati reparti di Fanteria di Marina, occupate basi di fondamentale importanza.
A Kiev restano così, letteralmente, le “briciole”. Poche piattaforme, quasi tutte prive di una valenza operativa (l’ammiraglia della flotta, per esempio è una vecchia fregata; la Hetman Sahaydachniy) e altrettanto poche infrastrutture adeguate; in più la crisi complessiva che colpisce l’Ucraina finisce con il riguardare anche i cantieri navali rimasti. Risultato finale, per la Marina di Kiev quelli appena passati sono anni davvero drammatici; sopratutto se posti a confronto con il rapido “build up” navale Russo nello stesso Mar Nero.
Tutto questo però sta per cambiare, perché grazie alla collaborazione in particolare con tre Paesi, i programmi di rinnovamento e potenziamento messi in campo sono ora numerosi; e anche significativi. Sforzi che comunque si aggiungono a quelli messi in campo a livello locale, i più importanti dei quali sono rappresentati dalle piccole moto-cannoniere Gyurza-M, dalle altrettanto piccole imbarcazioni di assalto Centaur-LK e, soprattutto, dalle batterie mobili costiere di missili antinave Neptune.
Come si diceva, sono tre i Paesi più coinvolti. Il primo è gli Stati Uniti che, nel corso degli ultimi anni, ha fornito 5 “cutters” della classe Island, prima appartenuti alla Guardia Costiera americana; è inoltre in corso un programma volto alla fornitura di fino a 16 “patrol boat” del tipo Mk VI (peraltro, tutte piattaforme di dimensioni e capacità operative modeste). Sempre Washington collabora però con l’Ucraina con attività di addestramento e di sviluppo di basi nonché infrastrutture varie.
Negli ultimi mesi si sono poi fatti sempre più intensi i rapporti con la Turchia; anche in ambito navale. Il primo tangibile segno è così rappresentato dagli UAV (o “droni”) armati TB-2; sistemi relativamente semplici ma efficaci/letali. L’altro, ancora più rilevante, è costituito dal programma di costruzione di 2 corvette del tipo ADA. Già in servizio con la Marina turca, per le loro dimensioni (intorno alle 2.400 tonnellate di dislocamento) e dotazioni (tra gli altri: pezzi di artiglieria di medio calibro, missili antinave e antiaerei), quando entreranno in servizio diventeranno le unità più importanti della Marina ucraina.
Alla fine però, il Paese che assicura il maggiore impegno a favore della Marina Militare di Kiev è il Regno Unito. È proprio di pochi giorni fa la notizia che il Parlamento ucraino ha ratificato un accordo siglato a suo tempo con Londra; un prestito cioè da 1,7 miliardi di sterline, destinato a finanziare un piano di ammodernamento comprendente la fornitura di 2 cacciamine della classe Sandown (quando saranno ritirati dalla Royal Navy), la consegna di non meglio precisati sistemi d’arma da installare su unità già in servizio, la fornitura di 8 moto-missilistiche (da costruire inizialmente nel Regno Unito e poi in Ucraina), la collaborazione per la costruzione di una fregata (probabilmente simile alle Type 31 che entreranno in servizio con la Marina Britannica) e, infine, un aiuto per la realizzazione delle relative di infrastrutture di supporto.
È dunque evidente che si tratta di un accordo ampio e articolato; al cui interno spiccano le 8 moto-missilistiche. Di queste ultime, ancora non si conoscono i dettagli; dalle indiscrezioni però trapelate, dovrebbero essere comunque unità dotate di un armamento piuttosto “robusto”; con, in particolare, pezzi di artiglieria di medio calibro e missili antinave.
Certo, a fronte di questa mole di programmi destinati a cambiare il volto della Marina ucraina, resta un problema di fondo: il tempo. O meglio, il “conflitto” tra il tempo necessario per completarli (ancora qualche anno) e quello che potrebbe rimanere a Kiev prima che la Russia decida (eventualmente) di passare alle “maniere forti”.