TRUMP SU CASE AUTO CINESI
Al di là delle difficoltà nell’applicazione dei dazi sull’importazione di veicoli, molti sono stati sorpresi dall’uscita di Trump sulla buona accoglienza che riserverebbe agli investimenti cinesi in fabbriche per produrre auto negli USA.
Le sue affermazioni non sono nuove (vedi questo discorso dello scorso marzo in Ohio, dal minuto 30:30 al minuto 34:00) ed hanno un razionale.
I VANTAGGI
L’apertura di fabbriche d’auto cinesi in territorio americano porta tre vantaggi: crea lavoro per gli operai americani, porta profitti per le banche USA che presteranno ai cinesi per gli investimenti e, in condizioni standard (impianti greenfield, no dumping salariale e auto che si vendono) fa crescere il PIL americano.
QUESTIONE DEBITO
Ma, come sappiamo, gli investimenti diretti all’estero (IDE, o FDI) sono di fatto un debito per il paese oggetto di afflusso di capitali. Per cui, i profitti da quegli IDE entrerebbero con segno meno nella bilancia dei pagamenti USA, appesantendo il saldo negativo.
IL CALCOLO DI TRUMP
Dunque il calcolo di Trump (o più probabilmente di Robert Lighthizer, regista delle politiche economiche di Trump) deve essere il seguente: oggi gli USA hanno un saldo pesantemente negativo della bilancia commerciale con la Cina (ed anche con il Messico: ben 152 miliardi nel 2023!), poiché importano più di quanto esportino. Tanto vale, allora, che la componente auto diventi una voce della bilancia dei pagamenti nel conto dei redditi da capitale, anziché pesare a valore pieno sulla bilancia commerciale dei beni e servizi.
In questo modo, deve essere il ragionamento di Lighthizer, qualche americano in più lavora (e qualche cinese in meno lavora), il PIL americano cresce, le entrate fiscali americane anche e il disavanzo commerciale degli USA si riduce.
Per ottenere questo, Trump minaccia di innalzare i dazi sino al 200% per le importazioni di veicoli dal Messico e dalla Cina. È una operazione complessa, ma non sembra un’impresa impossibile.