Lunedì il Partito Repubblicano ha presentato la sua Piattaforma per il 2024 e dunque l’agenda per un’eventuale seconda presidenza Trump. Ma più che i toni insolitamente morbidi sul tema incandescente dell’aborto, ad attirare l’attenzione di Axios sono i provvedimenti annunciati su un dossier altrettanto rovente come il commercio con la Cina. Ecco cosà farà Trump se eletto – spoiler: dazi a go go – ma anche i costi che secondo alcuni economisti finiranno per il ricadere sull’intero sistema a stelle e strisce.
Dazi, dazi, dazi
La Piattaforma adottata lunedì dal partito dell’Elefantino, scrive Axios, abbraccia in pieno il protezionismo trumpiano annunciando in particolare l’intenzione di introdurre pesanti dazi su tutti i beni importati dall’estero e di limitare al massimo quelle stesse importazioni se arrivano da Pechino.
La testata digitale ricorda che il candidato repubblicano ha già svelato le sue carte, che consisteranno in un dazio del 10% su tutte le merci importate e del 60% su quelle cinesi.
Quelle aliquote, sottolinea Axios, non hanno riscontri né nella storia americana né in quella di altri Paesi, ma soprattutto costituiscono per la parte cinese un’escalation rispetto all’offensiva scagliata dal Trump 1 che impose dazi su specifiche liste di prodotti e fissati tra il 10 e il 15%.
La teoria
Chi conosce bene la storia del tycoon newyorkese e delle sue dottrine economiche sa che la sua ossessione e quella dei suoi principali consiglieri è quella della bilancia commerciale perennemente in rosso da decenni.
Per i trumpiani si tratta di risolvere una volta per tutte il cosiddetto “choc cinese” entrato in scena negli anni 2000 quando quella che allora veniva chiamata la fabbrica del mondo inondò il mercato americano di beni a basso costo.
Ma non tutti sono d’accordo nel definire negativa quella svolta, che se da un lato mise in moto il processo di declino della base manifatturiera Usa, dall’altro ebbe un effetto più che benefico sui prezzi pagati dai consumatori e sull’inflazione.
E se Trump vincesse?
Se dunque The Donald fosse rieletto e mantenesse le sue promesse elettorali le conseguenze, a detta degli esperti di commercio sentiti da Axios, il prezzo di moltissimi beni importati salirebbe significativamente senza però, si sottolinea, causare una automatica rinascita dell’industria Usa.
Facendo ricorso all’analisi del Peterson Institute for International Economics, Axios evidenzia che il costo dei dazi trumpiani sarebbe di ben 1.700 dollari per una famiglia a medio reddito.
Il monito di Goldman Sachs
Ci hanno pensato poi gli economisti di Goldman Sachs, riporta ancora Axios, a mettere tutti in guardia, calcolando il costo dei dazi di Trump in un aumento di 1,2 punti percentuali dell’inflazione.
Ma per Goldman Sachs non è tutto, perché i dazi avrebbero anche l’effetto di sottrarre mezzo punto di crescita del Pil.
Che succederebbe?
Se Trump dovesse farcela e lanciasse la sua offensiva commerciale, le aziende Usa che sono solite importare beni dal Dragone avrebbero ben poche opzioni a disposizione.
Per compensare quei dazi stellari dovrebbero alzare di molto i prezzi o tollerare minori ricavi, o magari una combinazione delle due soluzioni.
L’alternativa sarebbe cambiare rifornitori rivolgendosi ad altri Paesi che producono a basso costo come il Vietnam, la Tailandia o il Messico. Ma anche in questo caso non mancherebbero i problemi non solo perché anche su queste transazioni graverebbero dei dazi ma soprattutto perché le catene globali del valore non si modificano dall’oggi al domani.
In ogni caso secondo Axios se l’obiettivo di una seconda amministrazione Trump è di riportare le produzioni in America, questo processo non sarebbe né automatico né indolore: tra i problemi che le aziende dovrebbero affrontare ci sono quelli della creazione di nuovi stabilimenti produttivi, dell’inevitabile crescita del costo del lavoro e della difficoltà a reperire manodopera specializzata in un mercato del lavoro dove questa risorsa scarseggia.