Come impone la liturgia laica del partito comunista cinese, c’era stata persino una suntuosa e, ovviamente esagerata, cerimonia che aveva visto il governo da un lato e sedici Case tra cui Tesla dall’altro (non proprio convintissime, tutte portate in loco praticamente di peso) sedersi allo stesso tavolo per festeggiare la fine della guerra dei prezzi nel mercato interno. O meglio, impegnarsi a farla finire, dato appunto che in quell’occasione al China Auto Forum di Shanghai i principali marchi dell’automotive hanno dovuto sottoscrivere le regole dettate dal Ministero dell’Industria e dell’Information Technology. Ma andiamo con ordine.
TESLA, LA CINA E LA GUERRA DEI PREZZI
La guerra dei prezzi è scoppiata sei mesi fa in Cina e Tesla la ha ampiamente cavalcata per tentare un ardito sorpasso sulle rivali. Qualche osservatore divertito ha persino commentato che per una volta un occidentale “ha dimostrato ai cinesi cosa vuol dire fare i cinesi”. E questo Tesla lo ha potuto fare dall’alto della sua incredibile capitalizzazione e dal basso del costo della manodopera dei suoi impianti in Cina.
La guerra dei prezzi era in realtà attesa, perché come abbiamo ampiamente documentato Pechino ha di fatto scollegato la spina all’auto elettrica, chiudendo gli incentivi pubblici. La prima a reagire per evitare crolli nelle vendite e provare a distanziare le rivali, appunto, proprio Tesla, che contestualmente alla fine dei bonus ha deciso di aggredire il mercato con un incentivo all’acquisto di 10.000 yuan (circa 1.400 euro) e ha contestualmente tagliato i prezzi di listino elle auto dal 6% al 13,5%.
La mossa di Tesla ha dato vita alla ben nota guerra dei prezzi, durata sei mesi. Seres aveva ribattuto con una riduzione di almeno 30 mila yuan (4.200 euro) per tutti i suoi modelli ed era stata seguita a ruota da Xpeng che aveva ridotto il prezzo base della berlina P7 a 209.900 yuan (circa 28.660 euro), il 12,5% in meno rispetto a prima. Secondo Reuters, sono state ribassate tutte le versioni della P5 e della sportiva G3, con tagli che vanno dal 10% al 13%. E non è finita, perché l’effetto domino ha coinvolto sempre più marchi e vetture.
LA TREGUA IMPOSTA DA PECHINO
Una situazione che ha fatto infuriare Pechino, che ha dunque imposto ai marchi di sottoscrivere un accordo in quattro punti che più o meno suonano così: obbligo di “mantenere una concorrenza leale e di non interrompere tale concorrenza leale con prezzi anomali”; “non esagerare e non utilizzare false pubblicità solo per attirare l’attenzione o acquisire nuovi clienti”; “porre la qualità al primo posto” e poi naturalmente “promuovere i valori fondamentali del socialismo, adempiere attivamente alle responsabilità sociali e assumersi la pesante responsabilità di mantenere una crescita costante, rafforzare la fiducia e prevenire i rischi”.
Insomma, niente libero mercato, siam cinesi. E se fai la guerra al tuo vicino, ti porti il conflitto in casa e crei una situazione che sfavorisce tutti. Non occorre essere liberisti convinti per comprendere come, in realtà, della guerra dei prezzi scatenata da Tesla stessero beneficiando soprattutto i cinesi che sono corsi nei concessionari (molto meno i marchi, che hanno visto assottigliare sempre più i margini di guadagno, in molti casi si sospetta siano persino andati sotto).
Ma è pure innegabile che il protrarsi del gioco a ribasso ha fatto infuriare pure chi una Tesla l’aveva presa a prezzo pieno o comunque con i primi sconti superati poi da tagli sempre più invitanti. Insomma, Musk in un colpo solo ha fatto infuriare Pechino, le rivali e persino gli utenti.
FINE DELLA TREGUA
Se la guerra dei prezzi scatenata da Tesla è durata appena sei mesi, la tregua voluta da Pechino ha avuto una longevità se possibile inferiore. Il giorno dopo la firma dell’accordo, scrivono su Quattroruote, “Musk e soci hanno varato un nuovo programma promozionale, offrendo sconti da 3.500 yuan (poco meno di 440 euro al cambio attuale) ai potenziali acquirenti delle Model Y e 3. Anche questa volta, la mossa della Tesla ha scatenato reazioni immediate, con le joint venture della Volkswagen con Saic e Faw che hanno varato nuovi tagli per le elettriche della famiglia ID”. Che l’insolenza di Musk insegni una volta per tutte ai dirigenti del partito cinese cos’è il libero mercato?